Salve, psicologi, ho per voi un caso, di cui gradirei la risposta:
Vorrei avere un chiarimento in merito al comportamento di una ragazzina (13 anni, 12 nella storia), figlia di un'amico..
Vi spiego, questa ragazza ha genitori separati ed aveva un'amica del cuore che l'ha molto aiutata durante questo periodo. Nel corso delle medie però, sono entrambe state soggette a bullismo fortissimo, e lei ha reagito contro il bullo, picchiandolo sonoramente, e rischiando l'espulsione per questo (lei ha chiesto aiuto ai genitori, ma non le hanno creduto).. Tornata a scuola, il gruppo di bulli le propone di unirsi a loro, cancellano le foto imbarazzanti che le hanno fatto, e lei diviene loro amica..
Inizia a tormentare i coetanei, amica compresa, e quando usciva col gruppetto di bulli rubavano, picchiavano, etc.. Lei da timida era diventata arrogante e diretta (Jeckill e Hyde), nonché la capa indiscussa dei bulli..
Diceva che stava bene.. Spesso pestava la sua amica, ed ogni volta era furiosa con tutti (amica, forse se stessa e i bulli suoi nuovi amici)..
Ad una certa, lei aggredisce l'amica e le spezza il naso, e solo allora i suoi genitori comprendono la situazione, la mandano da uno psichiatra, la barricano in casa e le proibiscono di continuare a frequentate i bulli..
Poi, calmatasi grazie penso ad aiuto psichiatrico, la prima cosa fatta è stata chiedere perdono all'amica, quale le ha risposto che va bene..
Perciò la mia domanda è:
Mentre pestava la sua migliore amica, che a detta di lei al momento della sua pazzia non la considerava tale, inconsciamente la amava ancora?
Inoltre, che pensieri aveva quando pestava a sangue i più deboli?
Terzo, verso il gruppetto di bulli che prima la tormentava, e con cui ha fatto poi comunella, si può parlare di sindrome di Stoccolma?
Adesso spiega che si vergogna profondamente di ciò che ha fatto, che sono cose assurde, ed è spaventata schifata dal fatto che ha picchiato la sua amica fino a romperle il naso..