Prodotti della civiltà dell'immagine
Il momento storico che stiamo vivendo in Italia è senza dubbio fortemente condizionato da una cultura o, meglio, da una sottocultura, dell'immagine, secondo cui apparire è più importante che essere; “popolare diventa chiunque, basta apparire”, affermava un noto personaggio del jet-set televisivo. L'importante è essere popolari, dunque, e per farlo occorre apparire, magari avendo una bella forma, anche se con poca sostanza, questo è il messaggio.
Questa cultura, veicolata dai media, in primo luogo dalla TV, è stata trasposta in molti altri ambiti della vita e dell'economia, diffondendo l'idea che in ogni messaggio comunicativo, servizio, prestazione, non importa quanto validi e consolidati o profondi siano, la cosa essenziale è che siano attraenti, credibili e, soprattutto, abbiano una buona immagine. Dietro a questa cultura si scorge la fretta di chi vuole assicurarsi la vendita di un prodotto, non importa che il prodotto sia utile, che porti un beneficio reale o un cambiamento a chi lo utilizza, l'essenziale è venderlo, a più acquirenti possibili e, soprattutto, che sia venduto velocemente. Espressioni estreme di questo consumismo basato sull'immagine sono le pubblicità ingannevoli, volte a incantare il compratore facendo leva su argomenti di tipo psicologico, su fragilità emotive, presenti in tutti in maggiore o minore misura, sui sensi di colpa o sulla scarsa autostima, inducendo bisogni superflui e alimentando la domanda. L'utilità dei beni prodotti passa in secondo piano. Ciò che invece viene alla luce è la necessità di soddisfare l'avidità di pochi, sfruttando i bisogni carenziali di molti.
La civiltà dell'immagine crea modelli ideali, di bellezza, di intelligenza, di capacità professionali e di potere, e fa sì che i più si conformino ad essi e aspirino al loro raggiungimento; in tal modo, lavora per diminuire sempre di più l'autostima e la fiducia in sé stessi, accentuando sempre più i bisogni carenziali: affetto, stima, appartenenza, sicurezza. Il modello è il seguente: creare dei modelli ideali; fare sì, attraverso la pubblicità, e in generale attraverso tutti i media, che i fruitori del messaggio ambiscano al raggiungimento di essi. Poiché la maggior parte delle persone non è all'altezza di tali ideali, incolpa sé stessa, indebolendosi nell'autostima e diventando sempre più insoddisfatta nei propri bisogni, stavolta indotti, e, di conseguenza, più debole psicologicamente. Con questo modello fioriscono speculatori, incantatori, menzogneri e profeti del nulla. Molto del lavoro svolto oggi è dedicato a queste forme di attività parassitaria, opportunamente travestite da professioni e mestieri.
Distruzione dell'amore
Attraverso i media, soprattutto in Italia e negli ultimi 20 anni, è stato creato un mondo parallelo, una realtà basata sulla finzione, che sta uccidendo i valori, creando effetti devastanti in termini di fallimento nelle relazioni interpersonali, un oblio del passato e della tradizione, una svalorizzazione delle culture letterarie in favore di quelle tecniche, queste ultime spesso sradicate dal loro vero senso e finalità, in una vera e propria azione demoniaca di separazione dal senso vero della vita e dai suoi valori più autentici. In particolare, si può dire che la civiltà dell'immagine ha dato avvio a un'opera lenta di distruzione dell'amore. Essa dipinge l'amore come una favola, equipara la bellezza a quella di corpi perfetti, magari rifatti, sempre giovani, esprime la felicità con ghigni e sorrisi stampati, sostituisce la verità con mezze verità o addirittura con menzogne, confonde la bontà con un buonismo o con la spettacolarità dell'altruismo, come accade in alcuni programmi televisivi. In breve, ciò che è verità, bellezza e felicità interiore viene sostituito da modelli fittizi e stereotipati e rivenduto ai fruitori dei messaggi televisivi e pubblicitari come amore. Pian piano, nel corso degli anni, questa finzione collettiva si è sostituita in molti casi alla realtà della vita quotidiana, costruendo anche una diversa percezione dei rapporti interpersonali e con la vita stessa, con il lavoro, magari prendendo a esempio qualche personaggio “popolare”.
Importanza dell'educazione
Sono devastanti le conseguenze che tutto questo avrà, soprattutto sulle giovani generazioni, quelle nate sotto l'influsso dell'attuale “civiltà”, che non hanno nozione di un passato diverso, se non dai racconti delle generazioni precedenti, con le quali però spesso c'è una scarsa comunicazione. L'unica cosa che può salvarci dalla distruzione di una vita senza valori è l'educazione, ovviamente ad opera di persone, non tantissime, consapevoli dell'attuale situazione. Ma che dire delle agenzie educative, le quali dovrebbero svolgere questa delicata funzione, fin dai primissimi anni di vita? Cioè, la scuola, innanzitutto?
Si investono poche risorse sul contatto diretto, paziente e di lunga durata tra insegnanti e discenti, non si investe in progetti educativi, e tanto meno psico-educativi, di integrazione, di accettazione della diversità e delle minoranze, sull'uso consapevole e sapiente delle risorse, sull'uso critico dei media e su mille altre cose che contribuiscono alla preparazione di una vita armoniosa e di successo, alla promozione della persona umana e dei suoi valori più alti, tra i quali primeggia l'amore. Di fronte ad una famiglia sempre più disgregata, ad una scuola sempre più squalificata, alla precarietà del lavoro e dell'economia, ci si chiede da dove trarranno energia le giovani generazioni di ora e quelle future per costruire una salda identità psicologica. A tutto questo è veramente difficile ora, anche come psicologi, dare risposta concreta.
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