Dopo due mesi di lockdown in casa per l’emergenza coronavirus adesso nella fase 2 si stanno gradatamente riprendendo le varie attività quotidiane esterne.
Molti di noi nella fase 1 hanno vissuto la propria abitazione come un rifugio da un fuori vissuto come pericoloso per il contagio, non sentendosi così limitati e abituandosi alla nuova condizione di vita. Una certezza sotto il proprio controllo rispetto ad un mondo confuso e con comunicazioni poco chiare e a volte contrastanti rispetto alla pandemia di Covid-19 e alle misure da adottare.
Ora che possiamo riprendere gradualmente i nostri impegni, si può far fatica a tornare indietro, ad uscire, ci preoccupa il rischio di ammalarci e contagiare i nostri cari, in particolare i genitori anziani e i figli. Lasciare la sicurezza del nido domestico per l’esterno, anche con tutte le cautele raccomandate, ci manda in crisi e ci destabilizza. La paura del ritorno alla normalità ha anche un nome: sindrome della capanna o del prigioniero. Si caratterizza per il timore di tornare ai ritmi precedenti e di non adattarsi ai nuovi, ne fanno parte ansia, insonnia, irritabilità.
La paura è un’emozione protettiva dai pericoli, che ci orienta a non esporci a rischi inutili, attivando la prudenza, e ci fa mettere al riparo da situazioni dannose: esempio la fuga da un incendio incontrollabile. Se diventa sproporzionata, continuativa e non gestibile, ci provoca disagio, sofferenza, ci porta ad evitare le situazioni che ci spaventano, fino ad arrivare al ritiro e all’isolamento nella nostra comfort zone.
Siamo stati sottoposti a cambiamenti radicali negli ultimi due mesi, pertanto per riadattarci ad uno stile di vita bilanciato tra dentro e fuori casa occorre:
- riprendere lentamente gli impegni quotidiani, riprogrammando la nostra vita con calma
- mantenere alcune nuove buone abitudini acquisite: esempio la colazione in famiglia tutti insieme o il leggere la sera un libro prima del riposo notturno
- portare all’esterno gli hobby domestici coltivati come la ginnastica da camera che diviene attività fisica nei parchi
- porsi nuovi obiettivi e propositi dopo lo stravolgimento delle nostre pianificazioni
- ascoltare ed accettare le nostre emozioni del momento con la consapevolezza che sono mutevoli e che quindi è più utile lasciarle fluire e non contrastarle come le onde, che vanno cavalcate come fanno i surfisti, arrivano e passano
- prepararsi e predisporsi al mutamento nelle relazioni sociali anche dal vivo, con il mantenimento delle distanze: il computer e lo smartphone possono essere utilizzati come canale di comunicazione e incontro per coltivare i rapporti a distanza con persone con cui prima della chiusura ci si frequentava, condividere i vissuti del momento con gli altri, ci fa scoprire che sono comuni e legati alla condizione attuale di vita, per evitare forme di l’alienazione.
Se questo non è sufficiente?
Si può chiedere aiuto ad uno psicologo psicoterapeuta che effettui consulenze online e/o in studio se:
- la paura ci paralizza, impedendoci o rendendoci difficoltoso vivere le attività ordinarie esterne, se stiamo continuamente in allarme
- ’l’ansia, l’insonnia, i pensieri negativi, l’irritabilità persistono nel tempo
- compaiono attacchi di panico
- subentrino preoccupazioni per il proprio stato di salute fisica, che il medico di base e/o le persone a noi vicine definiscono eccessive o di tipo ipocondriaco
- i nostri pensieri sono dominati dalla paura di contaminarci e/o ci laviamo le mani eccessivamente rispetto alle raccomandazioni dell’autorità sanitaria.
Più di una paura di covid 19 ho avuto paura come sa già lorena ferrero della mia operazione .
Dario il 13/05/2020
la Dott.ssa Lorena Ferrero ha risposto al tuo commento:
In questa situazione di pandemia i naturali timori per un intervento chirurgico vengono ancora di più aumentati