Empatia, un termine che ultimamente è diventato quasi di moda, comunemente viene associato alla capacità di mettersi nei panni dell’altro. Ritenendo la semplice capacità di mettersi nei panni altrui verrebbe così banalizzata e diverrebbe sinonimo di simpatia nella quale si è coinvolti personalmente nell’altro.
L’empatia è una capacità innata e maturabile, infatti nasciamo predisposti ad essa. Dal punto di vista evoluzionistico Darwin ci insegna che per essere diventati esseri sociali abbiamo delle capacità innate che permettono di condividere emozioni utili alla sopravvivenza. Ultimamente anche le neuroscienze parlano di “neuroni specchio”, appunto dei neuroni speciali che captano azioni altrui attraverso gli organi di senso e riproducono tale azione all’interno di noi stessi: “come se..” fossimo noi stessi a compiere quella stessa azione. La scoperta dei neuroni specchio ha aperto moltissimi campi di ricerca in quanto rende spiegabile la grande capacità di apprendimento che l’uomo possiede e apre nuovi orizzonti alla scoperta della magia che si cela dietro la comprensione della psiche umana.
La funzione dei neuroni specchio si estende su molti campi diversi, l’empatia è uno di essi; questa capacità che ci permette di metterci nei panni dell’altro senza però perdere i propri. Un noto psicoanalista H.Kohut la riteneva un’abilità materna fondante, senza la quale il bambino non avrebbe sviluppato un senso di se maturo. In particolare una madre dovrebbe instaurare con il proprio figlio un legame empatico permettendo a quest’ultimo di instaurare un rapporto costruttivo con il mondo che lo circonda. Infatti sapere quando il proprio bambino ha una reale necessità o meno, permette a chi se ne prende cura di esercitare la propria assertività, non assecondando quindi costantemente i desideri onnipotenti del proprio figlio.
La capacità empatica quindi è una capacità importantissima che si rivela indispensabile sin dalle prime fasi di vita e non solo, infatti è una delle principali basi che costituiscono la società stessa. Alcuni mestieri come medicina e in particolare psicologia e psicoterapia ne fanno uno degli strumenti d’elezione. Riuscire a comprendere l’altro “sentendo” ciò che prova, le sue intenzioni, credenze, desideri è fondamentale in un rapporto terapeutico così anche in un qualsiasi rapporto nel quale si vuole aiutare il prossimo. E’ importante sottolineare che essere empatici riguarda la capacità di non giudicare ed esclude quindi ogni attitudine affettiva personale (simpatia o antipatia).
Se riusciamo ad essere empatici, possiamo percorrere per qualche istante, insieme alla persona che ci sta accanto, una strada comune creando un clima di fiducia tale da poter diventare una guida per l’altro. Una guida ha un compito molto importante, cioè quello di condurre fino alla meta la persona che vi si è affidata, ed è proprio questa fiducia che permette alla guida di donare la propria esperienza e la propria visione del mondo a chi la segue.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità ed io aggiungerei grandi rischi; infatti una grande capacità empatica è si un dono che richiede impegno e determinazione ma soprattutto bisogna capire quando è il caso di avvalersene. Non si può certamente diventare dei “crocerossini”, pena vivere i sogni degli altri. E’ facile diventare preda di noi stessi esasperando l’altruismo come baluardo di giustizia. Presto ci accorgeremo di essere costretti in una gabbia che ci siamo forgiati con le nostre stesse mani. Oltretutto nel rapporto con l’altro e nell’immedesimazione il rischio è quello di farsi “colonizzare” dall’altro, cioè di assorbire talmente tanto le emozioni dell’altro da diventarne preda lasciando che il fiume emozionale dell’altro ci anneghi. In molte professioni sociali, in primis psicologi e psicoterapeuti , ciò avviene frequentemente e spesso si rischia il famoso “bourn out”. Anche al di fuori del setting terapeutico ciò avviene in amicizia nei rapporti di lavoro fra colleghi o anche in famiglia.
Avere una vita ricca e piena sapendo alternare una altruismo sano ad un egoismo sano sono gli ingredienti fondamentali che fanno parte del sapersi prendere cura di sé. L’annegare nelle emozioni altrui spesso ci fa capire i nostri limiti e ci fa vedere quanto è distante ancora il nostro cammino esistenziale. In uno dei libri più letti e diffusi al mondo, la bibbia è scritto “ama il prossimo tuo come te stesso”; in queste saggie parole è racchiusa una grande conoscenza archetipica che ci porta davanti al sillogismo opposto che concerne “l’amare se stessi”. Certo per capire in che quantità amare gli altri come se stessi, dobbiamo certamente sperimentare in tutte le sue forme… l’amare se stessi.
Dott. Fabio Gardelli
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