L'esperienza quotidiana ci dimostra che le persone non sono ugualmente capaci di coltivare buone relazioni con gli altri esseri umani. Doti naturali, caratteristiche personali, risorse, cognizioni e capacità di comprendere le emozioni si intrecciano in maniera complessa per costituire le abilità sociali di ciascun individuo, cioè quelle abilità che consentono di instaurare e mantenere i rapporti con gli altri.
Un contributo fondamentale alla definizione attuale di questa abilità ci è stato dato dallo psicologo californiano Daniel Goleman, secondo il quale l'abilità sociale sarebbe da considerare come una forma di intelligenza autonoma, che troverebbe le proprie basi, non nelle facoltà razionali del cervello, ma nell'intelligenza emotiva, intesa come la capacità di essere coscienti dei propri sentimenti ed emozioni e di assumere comportamenti coerenti con essi.
L'intelligenza sociale può essere perciò definita come la capacità di agire in maniera appropriata in situazioni che implichino degli scambi relazionali tra le persone; comprendere cosa provi l'altro ed agire di conseguenza. Questo processo è più rapido del pensiero razionale e, nella maggior parte dei casi, avviene al di fuori della consapevolezza di chi lo mette in atto. Aspetti fondamentali dell'intelligenza sociale sono l'empatia e l'abilità di comunicazione.
Altri studiosi, quali Thomas Hatch e Howard Garder, sostengono invece che l'intelligenza sociale si trovi su di un piano più conoscitivo e meno emotivo: gli individui socialmente abili sono in grado di monitorare la propria espressione delle emozioni e sono abili a sintonizzarsi sulle reazioni degli altri, in modo da adattare la propria performance sociale.
Secondo questi studiosi, l'intelligenza interpersonale è caratterizzata da quattro abilità che, prese insieme, costituirebbero gli ingredienti del successo sociale:
- Capacità di comprendere la situazione sociale, cioè di riconoscere e comprendere i sentimenti, le motivazioni e le preoccupazioni altrui;
- Capacità di stabilire legami personali;
- Capacità di prevenire i conflitti o risolvere quelli già in atto, cioè di negoziare soluzioni;
- Capacità di organizzare gruppi e di coordinare una rete di persone.
Se il termine "intelligenza" fa pensare a qualcosa di innato, in realtà, è ormai opinione comune tra gli studiosi che le varie forme di intelligenza siano il risultato dell'interazione tra talenti naturali e stimoli al loro sviluppo, da ciò l'importanza dell'ambiente in cui si cresce e dell'educazione.
Infanzia ed adolescenza sono i momenti in cui l'intelligenza sociale ha il maggior potenziale di sviluppo ma, anche in seguito, c'è sempre la possibilità di migliorarla purchè si sia disposti a rimettersi in discussione per modificare atteggiamenti ed abitudini acquisite.
Un piccolo esercizio per iniziare a coltivare la propria intelligenza sociale può essere quello di provare a mettere in pratica alcuni accorgimenti quando ci si relaziona con gli altri:
- Ascoltare l'interlocutore senza interrompere o cercare di essere il centro dell'attenzione;
- Tenere presente che le relazioni richiedono tempo, energie, cura ed attenzione, perciò non essere concentrati solo su se stessi ma occuparsi anche degli altri;
- Capire che ogni individuo è portatore di un proprio pensiero e di proprie convinzioni: comprendere queste differenze senza giudicare o voler dimostrare ad ogni costo l'esattezza del proprio punto di vista;
- Mantenere un atteggiamento tranquillo senza alzare la voce, rivolgendosi alle persone in maniera appropriata anche quando si è coinvolti in una discussione;
- Parlare con qualsiasi persona con rispetto dei suoi sentimenti e convinzioni, non criticare e mantenere un atteggiamento orientato alla comprensione e alla ricerca degli aspetti positivi degli altri;
- Prendere l'iniziativa nelle relazioni ed entrare in contatto anzichè aspettare che siano gli altri a farlo per primi.
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Buonasera dottoressa,
È sempre giusto prendere l' iniziativa nelle relazioni anche se si hanno pochissimi riscontri dall' altra parte? Io credo che in qualsiasi rapporto ognuno debba contribuire. Non può fare tutto un individuo.
Grazie e saluti
Leonardo
Leonardo il 08/11/2020
la Dott.ssa Monia Biondi ha risposto al tuo commento:
Gentile Leonardo,
prendere l'iniziativa nelle relazioni, ci è utile a capire quali sono le intenzioni, le credenze ed i pensieri sottostanti alle azioni degli altri, a mettersi nei loro panni e ad agire di conseguenza.
Questo ci ci evita di cadere in errori molto frequenti nelle relazioni quali, ad es., la cosiddetta "lettura del pensiero", che consiste nell'attribuire ad un'altra persona pensieri, motivazioni, credenze, sentimenti, ecc... che, in realtà, sono frutto di nostre inferenze e non di una reale conoscenza dell'altro.
Questi atteggiamenti, assieme ai non detti, possono portare col tempo a conflittualità e spaccature nelle relazioni che diventano poi sempre più difficili da risanare.
Prendere l'iniziativa nelle relazioni, chiedendo all'altro cosa sta pensando, come mai si è comportato in un certo modo o manifestando un nostro pensiero o un nostro sentimento, è un modo per porre le basi per costruire relazioni più solide e durature, basate sul dialogo, il confronto e lo scambio reciproco.
Ha ragione nel dire che, in questo processo, deve esserci una medesima volontà anche da parte dell'interlocutore e saranno i feedback comunicativi e relazionali che riceveremo dagli altri ad orientare i nostri comportamenti successivi: se continuare quella relazione oppure decidere che è meglio lasciar perdere!
E' una spiegazione un po' sommaria di un processo molto più complesso, ma spero comunque di aver risposto alla sua domanda e di aver chiarito i suoi dubbi.
Un saluto.
Monia Biondi
Mi interessa sapere se ci sono corsi on line su come rafforzare l'intelligenza sociale in vista dei cambiamenti che si prospettano post-pandemia? Grazie
Daniel il 30/03/2021
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