Nel corso dei secoli il rapporto mente-corpo ha sempre occupato un posto di rilievo tra filosofia, medicina e psicologia. Dal punto di vista storico, tale rapporto ha vissuto nel tempo una notevole evoluzione e forti cambiamenti. Basti pensare a come si è passati, nel corso degli anni, dal rigido dualismo cartesiano alla visione di corpo e mente non come due mondi separati, ma come le parti di un tutt'uno, in continua influenza reciproca (Balestrieri A., 1998).
L’evoluzione delle discipline biologiche, di quelle psicologiche e l’esperienza clinica della psicoterapia, ha condotto a proporre dei modelli di lettura che non omologano né separano mente e corpo, ma li vedono piuttosto come vertici di osservazione, ciascuno dei quali può e a volte deve essere privilegiato (Giannone, Lo Verso, 1996).
La massima latina “mens sana in corpore sano” di Giovenale rivela come fin dall’antichità fosse nota la stretta relazione esistente tra mente e corpo. Chi si occupa del corpo non può prescindere dal tenere in considerazione l’influenza che la mente esercita su di esso. Il corpo è vivo, proprio in virtù dell’essere abitato da una mente o meglio da una psiche, anima, spirito, sostanza immateriale e densa di energia, forza e vitalità (Galimberti U., 1987).
Il termine corpo, nel linguaggio come lo usiamo oggi in occidente, porta con sé inevitabilmente l’idea di un corpo “solo biologico”, che in realtà esiste solo nel cadavere o forse in una persona sotto anestesia; una macchina con dei pezzi da riparare o da cambiare, una res extensa priva di senso, funzioni e intenzionalità (Moccia, Solano, 2009). La separazione tra corporeo e psichico ha portato dunque a concepire l’uomo come un insieme di organi e di funzioni, facendo perdere il senso della sua unicità. È come se il dualismo fosse un orizzonte imprescindibile del nostro modo di pensare.
«La maggior parte degli psicologi considera la mente come se fosse scissa dal corpo, un fenomeno che ha scarsi rapporti con il corpo fisico, ammesso che ne abbia. E viceversa i medici trattano il corpo come se non avesse alcun legame con la mente e le emozioni. Eppure il corpo e la mente non sono separati, e non possiamo curare l’uno senza l’altra. Le mie ricerche hanno dimostrato che il corpo può e deve essere guarito attraverso la mente, così come la mente può e deve essere guarita attraverso il corpo» (Pert, 1997, pp. 328-329).
Il dibattito clinico ed epistemologico si accentra, ormai da molti anni, sulla necessità di superare la classica dicotomia mente-corpo, necessità ampiamente motivata da considerazioni cliniche, empiriche e teoriche (Lo Coco, Lo Verso, 2006). Un’epistemologia non riduzionista e circolare ci consente di non essere miopi circa la forte presenza nel corpo del mentale e della loro reciproca relazione e, dall’altra parte, chi si occupa del mentale non può che rilevare le profonde tracce del corpo in tutto ciò che attiene al suo oggetto specifico di studio.
Il superamento della classica dicotomia mente-corpo ci porta a considerare tutte le malattie come psicosomatiche ed a vedere la medicina come arte che cura, non una parte del nostro corpo o un suo sistema (cardiovascolare, respiratorio, osteoarticolare), ma un insieme unitario che attraverso la malattia segnala uno squilibrio la cui origine può essere rintracciabile sia sul piano corporeo che su sul piano mentale (Porcelli, 2009). Proprio la condizione di malattia è rivelatrice di un’unità psicosomatica che richiede un approccio multidimensionale, cui le varie specializzazioni, con le loro conoscenze frammentate, non sembrano ancora preparate (Balestrieri A., 1998).
Assumere una prospettiva psicosomatica significa occuparsi di mente e di corpo, nello sforzo di comprendere l’individuo all’interno della sua complessità biopsicosociale, in modo tale da considerare non solo la malattia, ma il malato nella sua globalità ponendolo al centro di un sistema influenzato da fattori biologici, psicologici, sociali, interpersonali e ambientali (Porcelli P., 2009).
Se pensiamo al nostro organismo, non come la somma delle parti (organi, sintomi, idee, comportamenti ecc.) ma come l’integrazione complessa di tutto quello che noi siamo, sentiamo e pensiamo, senza distinzione tra ciò che avviene sul piano mentale e quello corporeo, potremmo riuscire a vedere, in ogni manifestazione del nostro essere un modo per esprimerci.
Non esiste un benessere psichico accompagnato da malessere corporeo, come non può esistere il contrario. Da questa affermazione nasce il principio fondamentale del discorso psicosomatico, secondo cui la vera salute nasce dall’equilibrio tra la rappresentazione che abbiamo di noi come corpo e quella di noi come mente (Biondi M.,1991).
Il presupposto fondamentale della medicina psicosomatica è che l'uomo non sia considerato come una macchina, ma come un tutto unitario, dove la malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio. Inoltre, come sostenuto dal noto filosofo e psicoterapeuta Umberto Galimberti (1987), la psicosomatica presta attenzione non solo alla manifestazione fisiologica della malattia, ma anche all'aspetto emotivo che l'accompagna. La malattia esprime, con linguaggio analogico e metaforico, ciò che l’individuo nel profondo sta vivendo, spesso al di fuori della propria coscienza. Il legame fra psiche e soma deve al concetto di sincronicità (e quindi alla simultaneità e al senso) il superamento delle vecchie antinomie: mente-corpo, struttura-funzione, individuo-società, salute-malattia. In realtà non si tratta di termini che si escludono l’uno con l’altro, ma di termini che si completano, rivelandosi aspetti diversi e complementari che si riferiscono alla complessità delle esperienze umane (Baldoni, 2010).
L’approccio psicosomatico è un tentativo di vedere le persone nella loro interezza e, soprattutto, di comprendere che cosa loro succede. In generale possiamo dire che la psicosomatica è lo studio dei rapporti intercorrenti tra mente e corpo. Essa parte dalle premesse che ogni malessere di natura psicologica abbia una ripercussione a livello somatico, e che viceversa una malattia organica comporti una alterazione della sfera psicologica (Baldoni F., 2010). In realtà non esiste una malattia psicosomatica come tale, perché tutte le malattie lo sono nella misura in cui consideriamo l’individuo nella sua interezza psicofisica. Le malattie psicosomatiche sono sempre esistite perché l’espressione dello stress, o di problemi psicologici, attraverso sintomi fisici è uno fra i meccanismi basilari della natura nella mobilitazione del corpo a far fronte allo stress mentale. Non basta analizzare il sintomo del paziente psicosomatico ma bisogna anche essere capaci di vedere «il valore positivo del disturbo somatico nella sua opera di neutralizzazione di una “seduzione” della psiche da parte della mente» (Winnicott, 1975, p.303). Le malattie psicosomatiche realizzano uno dei meccanismi difensivi più arcaici con cui si attua una espressione diretta del disagio psichico attraverso il corpo. In queste malattie l’ansia, la sofferenza, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel soma (Biondi M.,1991). I sintomi psicosomatici sono il risultato di situazioni di forte stress, marcato disagio, paura, angoscia, sofferenza, ansia.
La somatizzazione è un fenomeno umano ubiquitario e può essere considerata come una modalità di risposta alle sollecitazioni ed agli stress della vita o, addirittura, come un modo di vivere. Esprimere, quindi, sintomi somatici non è di per sé patologico, lo diventa nel momento in cui si raggiungano determinati livelli di intensità, di frequenza, di compromissione funzionale e di eccessivo ricorso all’assistenza sanitaria (McWilliams N., 2012). È sicuramente un modo nuovo di concepire l’uomo malato, una modalità che non considera solo l’organo malato da curare, ma la globalità psichica, sociale e culturale dell’essere umano, per cui l’organo rappresenta solo l’espressione ultima di un disturbo (Trombini G., Baldoni F., 2001).
Dott.ssa Lucia Filetti – Psicologa
luciafiletti90@gmail.com
Baldoni F. (2010), La prospettiva psicosomatica. Il Mulino
Balestrieri A. (1998), Gli istinti nell'uomo. Etologia, psicologia e psicopatologia. Edizioni La Garangola
Biondi M. (1991), La psicosomatica nella pratica clinica. Il pensiero scientifico
Galimberti U. (1987), Il corpo. Feltrinelli
Lo Coco G., Lo Verso G. (2006), La cura relazionale. Raffaello Cortina Editore
McWilliams N. (2012), La diagnosi psicoanalitica. Casa Editrice Astrolabio
Moccia G., Solano L. (2009), Psicoanalisi e Neuroscienze. FrancoAngeli
Pert, C. (1997). Molecules of emotion. New York: Scribner (trad. it. Molecole di emozioni, Corbaccio, Milano, 2000).
Porcelli P. (2009), Medicina psicosomatica e psicologia clinica. Raffaello Cortina Editore
Trombini G., Baldoni F. (2001), Disturbi psicosomatici. Il Mulino
Winnicott D. (1975), Dalla pediatria alla psicoanalisi. Giunti Editore
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