Tu sai citare i classici a memoria
Ma non distingui il ramo da una foglia
Il ramo da una foglia.
Pigro!
"Una mente fertile" dici " è alla base"
Ma la tua scienza ha creato l'ignoranza
Ha creato l'ignoranza.
Pigro!
E poi le parolacce che ti lasci scappare
Che servono a condire il tuo discorso d'autore
Come bava di lumaca
Stanno li a dimostrare che è vero,
È vero non si può migliorare col tuo schifo d'educazione
Col tuo schifo di educazione.
Pigro!
La capra per il latte, la donna per le voglie
Ma non ti accorgi della noia che ha tua moglie?
Della noia che ha tua moglie.
Tu castighi i figli in maniera esemplare
Poi dici "Siamo liberi, nessuno deve giudicare.
Nessuno deve giudicare"
Pigro!
E poi le parolacce che ti lasci scappare
Che servono a condire il tuo discorso d'autore
Come bava di lumaca
Stanno li a dimostrare che è vero,
Testo trovato su http://www.testitradotti.it
È vero non si può migliorare
Col tuo schifo d'educazione col tuo schifo di educazione.
Pigro!
Forse l’avrete riconosciuta, è una celebre canzone dello straordinario Ivan Graziani “Pigro”.
In poche parole ha dipinto un quadro complesso e chiaro. Ha dipinto un uomo definito pigro, ma che in verità potremmo definire rigido, ambiguo, contraddittorio, materialista, mediocre, fatuo e tante altre cose.
Un uomo che si chiude dietro tanti paraventi, tante giustificazioni, dei limiti imposti dall’esterno, che creano la giustificazione per non andare oltre.
Ce n’è per tutti, inizia citando una memoria esemplare, una mente fervida come valori ineccepibili, meriti di cui andare fieri, ma … mostra la limitatezza, la rigidità di tutto ciò, perché risulta un esercizio meramente intellettuale, fine a sé stesso, ego centrato, utile solo al vanto di sé e delle proprie capacità. Tanto intelletto non serve a distinguere un ramo da una foglia, a sapersi guardare intorno, ad avere buon senso, ad andare alla radice, a non fermarsi alle parti aeree e volatili.
Certe affermazioni possono sembrare dure, sorpassate, ma in verità non lo sono, è il caso di: “La capra per il latte, la donna per le voglie”. Si può pensare che sono affermazioni di altri tempi, altre realtà, altre culture, ma se guardiamo solo la TV, i modelli di femminile che ci propinano i mezzi mediatici, la moda, i giornalini per adolescenti e bambini, i fumetti, i libri di testo e via dicendo, allora vediamo che non è così. La donna ancora appare come un oggetto, volto ad elicitare un bisogno ed un desiderio oggettuale, di scatenare pulsioni che poi devono essere soddisfatte.
Come?
Nei più svariati, dipende dalla persona, dal contesto, dalla famiglia. Si va dal voler acquistare un certo tipo di oggetto (cellulare, smartphone, tablet, accessori, auto di prestigio, ecc,), abiti griffati, un corpo modellato chirurgicamente, atteggiamenti, habitus. Per poi arrivare a voler acquistare materialmente gli altri e noi stessi, pensando che il denaro acquista veramente tutto e molto facilmente.
Graziani non risparmia certo l’aspetto educativo, l’incapacità di ottenere rispetto con l’autorevolezza e non con l’autorità, con la fiducia e l’esempio costruttivo, piuttosto che con l’imposizione e la violenza.
Con le parole si predicano bei principi liberali ed evolutivi, ma poi la punizione, determina dei confini stretti ed un rapporto fatto di forza e prepotenza, la stessa che si evidenzia in un pensiero ristretto e rigido, in una visione delle relazioni molto limitata, di puro soddisfacimento immediato.
Ma non voglio fermarmi anche io ad un puro esercizio intellettuale, ad una visione rigida e giudicante, voglio pensare che si può andare oltre e sicuramente si deve riflettere sul processo alla base di tale limitazione, sulla via d’uscita, sul cambiamento.
Forse i mezzi di informazione non mancano, le comunicazioni, i libri che leggiamo, le opportunità educative, ma alla fine nessuno ci accompagna realmente nella vita, nessuno ci accompagna ad essere esseri olistici in una vita in evoluzione e cambiamento continui. Da bambini ci sostengono nel fisico, nella salute, ci mandano a scuola per un istruzione, nelle palestre per fortificare il corpo e lo spirito, ma di fatto chi si sofferma a parlare, a riflettere su cosa viviamo?
Chi parla ai bambini? Chi chiede loro come stanno?
Chi parla ai genitori? Chi chiede loro come stanno?
Chi parla agli educatori, chiedendo loro come stanno? Come procede il loro lavoro, quanto sono soddisfatti e convinti della sua utilità?
Alla fine, tutti presi dal fare, dagli obblighi, dalle contingenze, dalle richieste, ci accontentiamo della prestazione come di un elemento esplicativo e risolutivo.
Alla fine la paura risiede in tutti noi, che viviamo sotto la luce delle aspettative, delle prestazioni, dell’efficienza ed efficacia e perdiamo di vista il senso ed il sentire di quanto pratichiamo.
Le routine, gli schemi fissi, le rigidità diventano strumenti per sopravvivere, per non sentire l’insoddisfazione, la frustrazione, la paura, che altrimenti ci imporrebbe una riflessione.
La stessa parola “Pigro” è un bel paravento, una scusante, un limite rassicurante. Io non conosco la pigrizia, non credo che esista, credo che dietro la pigrizia, l’indolenza, l’egoismo, la limitatezza, l’avarizia, vi sia paura.
Paura di non essere capaci, paura di mostrarsi incapaci, paura di dire no, di dire basta, paura delle aspettative, paure di limiti, paure dell’ignoto, di doversi mettere in gioco, di mettersi a confronto con il proprio giudizio, paure ….. di ogni tipo, per ogni età, condizione, situazione, per ogni vita! “
“E poi le parolacce che ti lasci scappare, Che servono a condire il tuo discorso d'autore Come bava di lumaca” .
Come esprime sapientemente Graziani, le parolacce, che non necessariamente sono bestemmie volgari, possono essere bestemmie intellettuali, discorsi senza senso, discorsi che sminuiscono, parole defraudate del loro senso, impiegate come stiletti. Le parolacce dunque sono brutte parole, o parole dette male o con male intenzioni. Parole che colorano e arricchiscono il proprio discorso, volte a convincere, a portare dalla propria parte, in modo viscido come bava di lumaca, incollata e pressante “Non c’è nulla da fare …”
Impariamo ad usare meno parole, ad usarle bene, a comprenderne la portata ed il valore, a stare nel proprio sentire, a sentire la paura, la mancanza, a permetterci il discorso che cambia!
Definiamoci spaventanti e non pigri!
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