Prigionieri di sogni ad occhi aperti: l’impatto del maladaptive daydreaming sulla vita reale

Negli ultimi due decenni, il Maladaptive Daydreaming (MD) anche noto in italiano come “fantasia compulsiva” o “sognare a occhi aperti maladattivo”, potrebbe essere più accuratamente tradotto come “fantasia maladattiva”, è stato oggetto di crescente interesse da parte della comunità scientifica, anche se il fenomeno è ancora relativamente poco conosciuto. Questo termine riflette in modo più preciso la natura di questo fenomeno, evidenziandone il carattere disfunzionale e l’impatto sulla vita quotidiana. Nonostante la sua crescente diffusione non è ancora ufficialmente riconosciuto come disturbo nei principali manuali diagnostici, ma suscita sempre maggiore interesse nella ricerca e nella pratica clinica.

Lidea di definire il MD come una condizione psicologica distinta è stata introdotta dallo psicologo Eli Somer nel 2002, che ha osservato come alcune persone sviluppino fantasie elaborate e immersive al punto da interferire significativamente con la loro vita quotidiana. Grazie a questi input, diverse ricerche hanno cercato di comprendere meglio le caratteristiche e le cause, nonché il suo impatto sulla salute mentale.

Un contributo fondamentale è stato lo sviluppo della Maladaptive Daydreaming Scale (MDS), una scala validata progettata per misurare la gravità e limpatto del fenomeno. Questo strumento ha permesso ai ricercatori di quantificare aspetti come la frequenza, la durata e l’intensità delle fantasie, oltre a valutare il loro effetto su lavoro, studio e relazioni sociali. Attraverso l’uso della scala di misurazione dei livelli di MD è emerso che spesso si manifesta come una strategia di coping in risposta a esperienze traumatiche, isolamento sociale o difficoltà emotive.

Un aspetto rilevante del problema è la sua stretta associazione con altre condizioni psicologiche. La letteratura scientifica ha evidenziato significative comorbilità con disturbi dansia, depressione e dissociazione. In particolare, molti individui affetti dal problema descrivono questa condizione come una strategia mentale di coping, utilizzata per gestire emozioni negative o situazioni stressanti. Tale correlazione suggerisce che il MD potrebbe inizialmente svolgere una funzione protettiva, facilitando lelaborazione del disagio emotivo; tuttavia, quando il comportamento diventa cronico e predominante, evolve in una modalità disadattiva che compromette il funzionamento quotidiano e il benessere generale.

Metodologie per affrontare il maladaptive daydreaming

Nonostante lassenza di trattamenti specifici e standardizzati per il Maladaptive Daydreaming diverse strategie terapeutiche hanno dimostrato una certa efficacia nell’aiutare i pazienti a gestire questa condizione. Gli approcci terapeutici attualmente più diffusi si focalizzano principalmente sulla regolazione emotiva e sulla modificazione dei comportamenti disfunzionali.

Uno degli interventi maggiormente promettenti è la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), che si propone di aiutare i pazienti a identificare e comprendere i pensieri e i comportamenti che lo alimentano. Attraverso tecniche come il monitoraggio delle fantasie e la ristrutturazione cognitiva, la CBT favorisce una maggiore consapevolezza del momento in cui il paziente si immerge nelle fantasie, fornendo strumenti per sostituire tali comportamenti con attività più funzionali e adattive.

Un ulteriore approccio efficace è rappresentato dalla mindfulness (in assenza di franchi episodi psicotici), una pratica volta a promuovere la consapevolezza del momento presente e a ridurre la tendenza allevasione mentale. Attraverso esercizi di meditazione e tecniche di respirazione consapevole, i pazienti apprendono a tollerare le emozioni difficili senza evitarle, sviluppando al contempo una connessione più profonda con la realtà quotidiana.

In presenza di un legame tra il MD e esperienze traumatiche pregresse, la psicoterapia focalizzata sul trauma può rivelarsi particolarmente utile. Questo approccio mira a elaborare le ferite emotive sottostanti che possono incentivare il bisogno di evasione, favorendo una maggiore integrazione emotiva e una riduzione della dipendenza dalle fantasie.

Accanto a questi interventi, strumenti pratici come la strutturazione della giornata, l’utilizzo di timer per limitare il tempo trascorso in fantasie e la definizione di obiettivi realistici possono supportare il paziente nella gestione quotidiana del problema. Inoltre, i gruppi di supporto, sia online che in presenza, rappresentano una risorsa preziosa per la condivisione di esperienze e per l’identificazione di strategie di gestione condivise.

In definitiva, il trattamento del Maladaptive Daydreaming richiede un approccio individualizzato, in quanto la manifestazione di questa condizione varia notevolmente da persona a persona. Rivolgersi a un professionista della salute mentale rappresenta un passaggio cruciale per esplorare le strategie terapeutiche più adeguate e per promuovere un equilibrio sostenibile tra il mondo immaginativo e la realtà concreta.

Il fenomeno del MD solleva questioni psicologiche, cliniche e sociali di grande rilevanza, che meritano un approfondimento sia dal punto di vista scientifico che pratico.

MD è una strategia di coping disadattiva?

Questa tipologia di elaborazione può essere interpretata come una risposta a bisogni psicologici insoddisfatti, tra cui la regolazione emotiva e la necessità di evadere da una realtà percepita come insostenibile. Se da un lato offre un sollievo temporaneo, dall’altro perpetua un ciclo di evitamento che può esacerbare il disagio emotivo e sociale. Questa dualità suggerisce che il MD rappresenta una strategia di coping inizialmente funzionale che, in assenza di una gestione appropriata, evolve in un comportamento disadattivo.

È sempre esistito come punto liminale tra creatività e disfunzione creativa?

Il MD si colloca in un’area grigia tra creatività e patologia. Le persone che vivono questa condizione spesso descrivono fantasie complesse e narrative ricche, che potrebbero essere interpretate come un’espressione di una mente altamente creativa. Tuttavia, quando queste attività immaginative interferiscono con la vita quotidiana, emerge un conflitto tra il potenziale creativo e il loro impatto disfunzionale. Questo confine sfumato rende il fenomeno difficile da classificare e potrebbe spiegare in parte la sua esclusione dai manuali diagnostici.

L’esposizione alla tecnologia e la vita digitale contribuiscono?

L’esposizione alla tecnologia e la crescente digitalizzazione della vita quotidiana potrebbero giocare un ruolo significativo nell’alimentare il fenomeno. Sebbene la relazione tra MD e tecnologia non sia ancora stata indagata in maniera approfondita, alcune dinamiche suggeriscono che l’utilizzo prolungato dei dispositivi digitali possa contribuire a intensificare il problema.

Certamente il Maladaptive Daydreaming è un fenomeno complesso che richiede maggiore attenzione clinica e scientifica. La sua natura interdisciplinare, che tocca ambiti come la psicologia, la neurobiologia e la sociologia, offre un terreno fertile per la ricerca e l’innovazione terapeutica.

 

Articoli:

Soffer-Dudek, N., & Somer, E. (2018). Trapped in a daydream: Daily elevations in maladaptive daydreaming are associated with daily psychopathological symptoms.

Bigelsen, J., Lehrfeld, J. M., Jopp, D. S., & Somer, E. (2016). Maladaptive daydreaming: Evidence for an under-researched mental health disorder.

Soffer-Dudek, N., & Theodor-Katz, N. (2022). Maladaptive daydreaming: Epidemiological data on a newly identified syndrome.

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