Lo stato di vigilanza
Restare svegli è un obiettivo di primaria importanza, soprattutto vivendo in un mondo confuso, come lo è il nostro. Lo stato di vigilanza è considerato in ogni tradizione meditativa come la porta verso la Realizzazione. Anche il Vangelo si esprime in modo chiaro sull’importanza della vigilanza: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà...”. Lo stato di vigilanza è un indicatore importante di salute mentale, sia secondo la psicologia clinica che secondo la psichiatria, tanto che la sua alterazione o la sua assenza sono segni sicuri di psicopatologia.
Al di là di connotati psicopatologici, la vigilanza, intesa come consapevolezza di sé stessi, dà adito allo sviluppo di una maggiore presenza a sé stessi, oltre che al proprio esterno, e questa si riverbera nella qualità della propria vita.
Distrazioni, dipendenze e dimenticanza di sé
Abbiamo veramente tanti motivi per addormentarci, abbiamo tante scuse per non restare svegli; in particolare, sono le distrazioni ad addormentarci e a tenerci lontani dalle nostre vere motivazioni, dai nostri problemi e conflitti.
Quando diciamo “ho bisogno di staccare la spina”, questo indica spesso non tanto un sano bisogno di riposo, ma un antidoto al nostro stato abituale alienato, per cui ci auguriamo che un temporaneo allontanamento dalle attività della vita quotidiana ci doni un po’ di sollievo (anch’esso inevitabilmente temporaneo) o, ancora meglio, che ci allontani per sempre da quello stato. Di solito, il beneficio dura pochissimo e dopo qualche giorno ci ritroviamo immersi nel nostro stato abituale.
Uno degli inganni che viviamo deriva dal pensare che, in definitiva, siccome oggi abbiamo più stimoli rispetto all’uomo di cent’anni fa, per questo stesso motivo siamo più svegli. Ma non lo siamo affatto, purtroppo; gioventù e modernità non sono sinonimi di vigilanza e presenza; basta osservare quante difficoltà hanno oggi i bambini a mantenere l’attenzione su compiti che richiedono concentrazione, mentre riescono a farlo meglio con altri compiti, come ad esempio interagire con un videogioco.
Le varie distrazioni di cui oggi disponiamo in maniera spropositata, che facilmente diventano dipendenze, non sono altro che tentativi maldestri di trovare la soddisfazione che non riusciamo ad attingere dentro di noi.
L’insoddisfazione, in definitiva, deriva dalla mancanza di contatto con noi stessi e con le ricchezze profonde del nostro essere. Mancando questo contatto, ci costringiamo a vivere al di sotto delle nostre possibilità e non riusciamo a mettere in campo tutto il nostro potenziale.
Così, mentre restiamo ammirati dalle prodezze di qualcuno che eccelle in un campo, non riusciamo affatto a stupirci di quello che abbiamo dentro, innanzitutto perché non lo conosciamo.
Anche cercare il successo per essere riconosciuti può essere una distrazione, lo stare sotto i riflettori ci dà una conferma di quanto siamo importanti, e ne abbiamo tanto bisogno solo perché non abbiamo compreso quanto siamo già importanti, per il solo fatto di esserci.
Per provarlo non servono di certo i riflettori e quanti più spettatori possibili. Però, purtroppo, siamo fatti così; una parte di noi ha bisogno anche di questo.
Comprensione di sé e risveglio
Capire come e di cosa siamo fatti è allora un imperativo fondamentale per chiunque di noi voglia risvegliarsi e rimanere sveglio, per vivere pienamente la vita, con la consapevolezza delle nostre potenzialità.
La conoscenza di sé è dunque un presupposto per restare svegli e, d’altra parte, potremmo dire che restare svegli è un presupposto per conoscere sé stessi; conoscenza di sé e presenza a sé sono sinonimi, e indicano un atteggiamento da mantenere costantemente nella vita, per crescere sani, sicuri e consapevoli.
Tutti gli approcci della psicologia e della psicoterapia mirano a questo, anche se si indirizzano ad ambiti e in modi differenti. Il loro presupposto è sempre e comunque la cura e la salute e, in definitiva, la conoscenza di sé, che è sinonimo di salute.
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