Come abbiamo più volte ripetuto dalle pagine di questa rubrica, il benessere è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano.
Non parliamo più, quindi, di semplice assenza di patologia ma di uno stato di buona salute che possa declinarsi nei vari e diversi ambiti della nostra quotidianità. Questa visione è punto cardine di molte discipline orientali e correnti di pensiero filosofico, con recenti conferme in campo medico- scientifico.
Comunemente il benessere viene percepito come una condizione di armonia tra uomo e ambiente, risultato di un processo di adattamento a molteplici fattori che incidono sullo stile di vita.
Ci avviciniamo, quindi, ad un concetto di salute, di benessere che ci parla di “qualità della vita”, in una visione che potremmo definire “olistica”, quindi globale, che integra e tiene in considerazione i vari livelli, le diverse realtà del nostro vivere.
Con l’introduzione del modello bio-psico-sociale (Engel, 1977) abbiamo assistito a un cambiamento generale di prospettiva nello studio della persona.
Tale modello considera gli aspetti biologici in continua interazione con i possibili fattori psicologici e sociali sottostanti.
Contemporaneamente, grazie allo sviluppo della Psicologia della Salute, si comincia a parlare dell’importanza di adottare “comportamenti di salute” (sia in termini di ciò che faccio, cioè comportamenti sani, che in termini di ciò che mi astengo dal fare, cioè evitamento di comportamenti insani e dannosi) e stili di vita sani.
Si inizia a considerare il ruolo attivo che l’individuo può assumere nella promozione del suo benessere personale (sia sul piano fisico che psicologico) e nella gestione delle situazioni che può incontrare nel corso della propria esistenza, attraverso la mobilitazione delle proprie risorse e potenzialità.
Ma per impiegare una risorsa bisogna prima sapere che c’è, riconoscerne l’esistenza per imparare a utilizzarla nella maniera più efficace e adeguata al contesto.
Ecco che l’autoconoscenza, la consapevolezza di sé (quindi delle proprie risorse, ma anche dei propri limiti), può giustamente essere considerata come un elemento centrale nel processo di realizzazione e mantenimento del benessere psicosomatico dell’individuo.
La conoscenza di sè scaturisce da una buona capacità di osservare e comprendere ciò che accade dentro di noi, nella nostra mente, ma anche nel nostro corpo, nel senso di imparare ad ascoltare e riconoscere i segnali che il corpo ci invia, e di esaminare e interpretare correttamente ciò che ci giunge dal di fuori, dal nostro incontro con l’ambiente circostante, dal nostro mondo relazionale, familiare, lavorativo…
Non sempre, però, siamo in grado di mantenere questo stato di equilibrio ed armonia…
Le motivazioni che causano la rottura di questo equilibrio possono essere molteplici, ma ora vorrei portare l’attenzione su quelli che vengono comunemente definiti “fattori di stress”. Il termine Stress (al pari del termine benessere) ha subito negli ultimi anni una notevole inflazione. Pare sia una di quelle parole che possono essere usate un po’ dappertutto, ma che, tutto sommato, non spiegano poi molto.
In realtà il concetto di stress è molto complesso e può assumere diversi significati a seconda del contesto a cui si riferisce. Tuttavia esso generalmente fa riferimento a situazioni ambientali che eccedono le normali capacità di adattamento dell’individuo che si trova ad affrontarle, e che comportano l’attivazione (in maniera più o meno consapevole) di una serie di difese nel tentativo di fronteggiarle.
Molte ricerche hanno dimostrato gli effetti negativi dello stress sui vari sistemi corporei, in particolare sul sistema immunitario, che può avere un’importanza cruciale nell’eziologia di malattie infettive, del cancro, delle allergie e delle malattie autoimmuni.
Il moltiplicarsi degli studi in tale ambito, ci fa rendere conto, sempre di più, che parlare del benessere della psiche, non può essere scisso dal parlare del benessere del corpo. Viviamo in una società in cui, lasciatasi alle spalle l’idea di un “corpo peccaminoso”, è stato dato nuovo valore e significato al corpo, un corpo-immagine, che esprime tutto il narcisismo di cui trasudano le nostre strutture sociali, o un corpo-macchina, le cui parti, in nome di un buon “funzionamento” finale, vengono considerate come pezzi di un ingranaggio, di un motore, perdendo di vista quel senso di naturale integrazione del nostro essere.
Ecco quindi la necessità di un superamento della compartimentalizzazione della scienza medica, per giungere ad un’idea integrata di cura, o comunque di sostegno, del sistema persona. Qualcosa che possa unire le moderne competenze alla relazione con il vecchio medico di famiglia, quello che ti conosceva, conosceva la tua famiglia e che, per visitarti, ti parlava. Un corpo sano, non è un insieme di organi sani. Un corpo sano è un corpo armonioso, un corpo vivo!
Ma non bisogna necessariamente giungere a parlare di malattia: parliamo di un corpo che possa essere sede accogliente delle nostre emozioni, che possa contenerle e che ci dia la possibilità di esprimerle, di un corpo che si conceda di respirare veramente, fino in fondo, perché è solo respirando che riusciamo a “sentire” e a “sentirci”.
Quante persone, oggi, sono in grado di respirare appieno? Tendiamo sempre di più a bloccare il respiro in modo da permetterci di sentire sempre meno, sia per quanto riguarda il piacere (pensiamo ad esempio all’orgasmo), che per ciò che riguarda il dolore. Quando ci aspettiamo di ricevere un colpo, cosa facciamo? Tratteniamo il respiro, per non sentire il dolore… e poi finiamo per farlo per tutta la nostra giornata, per tutta la nostra vita.
Ma cosa significa essere consapevoli di noi stessi a livello psicocorporeo? Il nostro corpo parla di noi in continuazione, ma siamo così poco abituati ad ascoltarlo che rischiamo di far cadere nel vuoto la maggior parte dei segnali che ci invia.
Partendo dall’identità funzionale tra il corpo e la mente, cioè che quanto accade nel corpo riflette quello che succede nella mente e viceversa, possiamo capire che ogni stress produce uno stato di tensione nel corpo: se lo stress può essere scaricato dall’organismo la tensione scompare. Quando, invece, lo stress deriva da conflitti emotivi irrisolti di cui l’organismo non è più consapevole, o sovrasta la capacità di contenimento dell’individuo, la tensione diventa cronica e persiste come atteggiamento corporeo e contrazione muscolare.
La maggioranza di noi non è consapevole, ad esempio, della propria postura. Dobbiamo compiere uno sforzo cognitivo per renderci conto che abbiamo ad esempio le spalle contratte, il torace chiuso, le gambe tese, piuttosto che il diaframma bloccato. Eppure tutto questo ci accompagna in tutta la nostra esistenza.
Le tensioni muscolari croniche rappresentano la controparte fisica della nostra realtà psichica; si sviluppano lentamente, attraverso esperienze che viviamo ed attraverso il modo che impariamo a sviluppare per affrontarle, e si cronicizzano strutturando i conflitti nel corpo sotto forma di limitazioni del respiro, della motilità, della spontaneità e dell’espressione della persona, diventando parte inconsapevole della struttura corporea e del modo di essere di ognuno.
Ecco perchè si perde del tutto la consapevolezza del loro significato, del motivo per cui si sono sviluppate e di come potersene liberare. Diviene quindi molto importante rivolgere la nostra attenzione al nostro essere persona, sviluppando tre diverse dimensioni strettamente legate l’un l’altra.
1) La consapevolezza di sé: sentire ogni parte del proprio corpo e i sentimenti che possono sorgere in esso dietro la maschera che ognuno si è costruito;
2) L’espressione di sè: se i sentimenti non trovano espressione vengono infatti repressi e l’individuo perde il contatto con il Sé ;
3) La padronanza di sé: l’individuo sa cosa sente, è in contatto con se stesso e sa esprimersi in modo adeguato alla realtà.
Poiché il corpo è la base di tutte le funzioni di realtà, qualsiasi accrescimento nel contatto di una persona con il corpo produrrà un miglioramento significativo nella percezione di sè, nelle relazioni interpersonali, nella qualità del pensare e sentire e in quella che potremmo definire “gioia di vivere”. Per facilitare questo processo alla scoperta di noi stessi ci viene in aiuto la psicoterapia, nelle sue declinazioni psicocorporee, come ad esempio l’Approccio Bioenergetico (A. Lowen), che prende in considerazione in egual misura corpo e psiche.
Tendiamo ad affrontare il nostro vivere, le situazioni nelle quali ci immergiamo, a testa bassa, per proteggerci da quello che sembra essere “troppo”! In effetti i ritmi ai quali siamo sottoposti non sono più rispettosi del nostro essere, della nostra capacità di contenerli. Per sopravvivere a tutto questo abbiamo innalzato la soglia della nostra capacità di percepire, di essere consapevoli, di farci attraversare dai nostri vissuti… abbiamo sviluppato quasi una sorta di indifferenza verso ciò che ci riguarda più nel profondo.
Ed eccoci qui, ad interrogarci attorno a concetti che dovrebbero essere del tutto naturali, che dovrebbero appartenerci di diritto. È necessario imparare a riappropriarci di noi stessi, del nostro tempo, darci il tempo di prestare ascolto a noi stessi, ritrovare il modo di essere presenti e vivi, nella psiche e nel corpo, come sa esserlo un bambino. Il neonato, infatti, se non ha subito traumi o problemi nella fase prenatale, viene al mondo sano, non ancora provato da conflitti e difficoltà che tutti noi incontriamo nell’affrontare la crescita e più in generale, la vita. Il bambino è tutt’uno percezione emozioni e relazione, psiche e corpo perché non ha ancora innalzato le difese e le scissioni che operiamo nella nostra vita adulta. E se tutto questo non bastasse a convincervi, già diversi anni fa è stata evidenziata la fondamentale importanza della relazione, vissuta proprio a livello corporeo, per i bambini e per il sano sviluppo del loro sistema endocrino. Il contatto, le carezze, la stimolazione della pelle, hanno un ruolo centrale nel processo di crescita, stimolando proprio la produzione dell’ormone della crescita, per cui possiamo capire che per l’essere umano una condizione di deprivazione relazionale e corporea può essere pericolosa tanto quanto avere, ad esempio, scarse risorse di cibo.
È alla luce di tutto ciò che è stato detto, che diviene importante imparare a prestare una maggiore attenzione a noi stessi, ma a noi intesi come un tutto intero, perché è una persona tutta intera quella che portiamo nel mondo…
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