Il Corpo in Azienda
Lo sviluppo della consapevolezza psico-corporea per il miglioramento delle performance lavorative
PREMESSA
Lo scorso anno mi è stato chiesto di effettuare una serie di incontri con un dipendente di un’azienda metalmeccanica al fine di effettuare un assessment (valutazione del potenziale) che verificasse l’idoneità o meno del soggetto a passare ad un ruolo di maggiore responsabilità. Il Direttore del Personale mi aveva anticipato che mi sarei trovata davanti ad un “soggetto difficile” con un “carattere particolare”.
Beh, il primo incontro con questo signore mi ha colpito tantissimo...non c’è stato bisogno che mi dicesse niente, la sua personalità era letteralmente scritta nel suo corpo: postura rigida, spalle e schiena leggermente incurvate in avanti, testa rigidamente infossata in un collo teso e corto, sguardo un pò vitreo e fisso, espressività assente. L’impressione immediata è stata quella di una persona totalmente inconsapevole e distaccata dal proprio corpo e dal proprio mondo emotivo. Tant’è che i maggiori problemi di questo signore sono a livello relazionale e comunicativo: non riesce a lavorare serenamente con gli altri, nè a gestire adeguatamente i propri collaboratori. Rigido, autoritario, oppositivo, fatica a guadagnarsi le simpatie tanto che lamenta di essere vittima di veri e propri atti di mobbing da parte di colleghi e superiori.
Non è mia intenzione parlare di questo caso in questa sede, non si è trattato nè di un paziente nè di un caso clinico...il mio lavoro si è limitato alla somministrazione di una serie di test e questionari. Tuttavia durante il colloquio di esplorazione della sua vita lavorativa sono emerse parole chiave che in ambito clinico avrebbero aperto un universo....Ma solo in ambito clinico? Durante questi incontri mi sono chiesta più e più volte se poteva esserci un modo per creare una sorta di “mini setting terapeutico” in un contesto organizzativo. I problemi di questa persona a livello comunicativo e relazionale stavano tutti lì...nel suo corpo e nella sua mancanza di consapevolezza. Se io avessi potuto applicare qualche semplice intervento che lo portasse ad esplorare il suo mondo psicocorporeo, proponendo attività che lo coinvolgessero sia su un piano fisico che emotivo questo avrebbe avuto effetti positivi sul suo modo di stare con gli altri e quindi sulla sua performance lavorativa (laddove per perfomance lavorativa non intendo solo risultati numerici ma anche di natura comportamentale)?
La mia risposta a questa domanda è assolutamente SI, ritengo che sviluppare la consapevolezza emotiva e corporea possa portare a benefici in tutte le aree della vita compresa quella lavorativa. Il punto di partenza per esplorare questo aspetto è la creazione di un ponte tra le teorie sull’Intelligenza emotiva e sociale di Goleman, Boyatzis, Freedman, ed il modello biosistemico. “Biosistemica” è il nome di un approccio terapeutico integrato a mediazione corporea che riassume in sé le sue dirette ascendenze: la componente biologica e quella sistemica. Tale unità si rispecchia nell’ emozione, intesa come evento psicosomatico per eccellenza in cui le sensazioni corporee si incontrano con i pensieri.
Tale analisi sfocia nella proposta di progetti formativi per lo sviluppo della consapevolezza emotiva e corporea dedicata a individui e/o a gruppi aziendali che includano l’utilizzo di una serie di tecniche prese dalla biosistemica.
INTELLIGENZA EMOTIVA E MODELLO BIOSISTEMICO
1.1. La natura delle emozioni
"L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali" (Daniel Goleman, 2000, p.375)
“L’emozione è l’evento psico-somatico per eccellenza: è il momento infatti in cui le sensazioni corporee si incontrano con i pensieri” (M.Stupiggia, 2000, p.10)
Se le emozioni sono fenomeni psicosomatici, o psicocorporei, l’intelligenza emotiva (o una parte di essa) è la consapevolezza di ciò che proviamo in relazione a ciò che ci accade a livello sia corporeo che mentale.
In particolare, secondo Daniel Goleman esistono due modalità della conoscenza: la mente razionale, quella che pensa, e la mente emotiva, quella che sente (Goleman, 1995). E l’interazione tra queste due modalità costruisce la nostra vita mentale. La prima si è sviluppata nel corso dell’evoluzione ed è propria degli esseri umani, è la parte di noi deputata alla logica, al controllo, al ragionamento, alla riflessione. A livello anatomico la si può localizzare nella corteccia cerebrale o neocorteccia. La seconda è la parte più “preistorica” di noi, è la parte prevalentemente istintiva, con funzioni legate alla sopravvivenza e alle reazioni immediate in caso di “emergenza”: lotta, fuga o paralisi.
A livello cerebrale la si può localizzare nell’amigdala, una piccola ghiandola posta al di sotto del talamo nella parte inferiore del sistema limbico. Per questo suo ruolo chiave nella vita emotiva degli individui tale struttura è definita anche come la “sentinella delle emozioni”.
In situazioni normali le informazioni che riceviamo dai nostri organi di senso arrivano al talamo e da qui vengono inviate alla neocorteccia che le interpreta e invia al sistema limbico i segnali che creano la risposta più appropriata attraverso il cervello ed il corpo. Diversi ricercatori tra i quali Le Doux hanno scoperto che esiste anche un’altra via più breve che permette alle informazioni di raggiungere l’amigdala prima di arrivare alla neocorteccia. Per questo motivo talvolta può capitare che sia l’amigdala ad inviare i segnali di risposta al sistema limbico attivando una risposta emozionale tipicamente di “emergenza”. In questi casi Goleman parla di “Sequestro Emotivo” intendendo quei momenti in cui la “mente emozionale” prende il sopravvento e ci fa agire prima di aver attivato la parte razionale che, nella maggior parte dei casi, ci avrebbe fatto agire diversamente.
In questo senso l’amigdala funziona come il luogo della memoria emozionale: “nell’amigdala possono esserci ricordi e repertori di risposte che vengono messi in atto senza che ci si renda conto assolutamente del perchè si agisca in quel modo (...) Questo aggiramento sembra consentire all’amigdala di assumere il ruolo di archivio di impressioni e ricordi emozionali dei quali non abbiamo una conoscenza consapevole” (Le Doux, 1986).
Che cosa significa dunque in quest’ottica sviluppare “Intelligenza Emotiva”?
Secondo Goleman si tratta di “armonizzare emozione e pensiero” (Goleman, 2005). Quanto più un individuo sarà in grado di “armonizzare” (o integrare) la sua parte emotiva con quella razionale tanto più sarà in grado di trovare un maggiore equilibrio con sè stesso e con gli altri.
1.2. Intelligenza Emotiva e Biosistemica
Quali possono essere dunque i punti di contatto tra questo modello e la biosistemica?
Anzitutto il concetto di cercare una “armonizzazione” tra emozione e razionalità.
Nella biosistemica l’emozione è un fenomeno inteso in modo più allargato. Goleman parla di sensazioni fisiche ma nel suo approccio non c’è mai un riferimento esplicito al concetto di “consapevolezza corporea”. Il modello biosistemico approfondisce invece proprio questo aspetto ed in particolare afferma che “il nucleo strutturale di ogni evento emozionale è costituito dall’incontro di un’ideazione mentale con il vissuto corporeo”(Stupiggia, 2000). In quest’ottica per ottenere una vera consapevolezza emotiva è necessario creare una connessione che vada ad INTEGRARE i due livelli mettendoli in comunicazione in modo che il sistema mente-corpo ritrovi il suo sano equilibrio.
In entrambi i modelli la scissione o non comunicazione tra pensiero e corpo/emozione può comportare problemi per la persona soprattutto a livello relazionale. Per Damasio la scissione deriva da una scarsa comunicazione tra i lobi prefrontali e la corteccia (Damasio, 1995). La terapia biosistemica mira a creare nuove connessioni che mettano maggiormente in comunicazione queste aree attraverso l’integrazione del pensiero con la sensazione e con l’azione.
L’emozione è un SISTEMA, ed in quanto tale coinvolge tutto il nostro essere: pensieri, fisiologia, comportamenti.
Conoscere, riconoscere, sentire di più cosa succede nel corpo quando proviamo un’emozione può aiutarci a sviluppare un modo per gestirle meglio. In un certo senso lo sviluppo dell’intelligenza emotiva sta alla base di qualsiasi percorso psicoterapeutico. Affinchè si possa lavorare sul mondo emotivo delle persone è necessario che le persone diventino consapevoli di ciò che stanno provando e sentendo.
La psicoterapia biosistemica lavora sulle sensazioni del corpo come via di accesso privilegiata al mondo delle emozioni, e quindi al mondo dei pensieri e della razionalità. Tutto il lavoro terapeutico si basa sulla ricerca di quelle emozioni bloccate o inespresse che provocano tensioni croniche o disturbi psicosomatici. Ciò che ci “portiamo dentro” è sempre legato al modo in cui abbiamo vissuto sentimenti, affetti ed emozioni. In ambito terapeutico/clinico l’intelligenza emotiva può essere un utile punto di partenza per dare da un lato alle persone un modo per contenere e gestire l’onda emotiva nel momento in cui si presenta e da un altro può rappresentare un modo per entrare ad un livello di approfondimento più significativo sui vissuti emotivi passati che stanno all’origine del disturbo presente.
In ambito lavorativo l’intelligenza emotiva si pone come un’abilità in grado di migliorare le performance grazie ad un miglior controllo sui propri stati e ad una capacità di incanalare le energie verso modalità di relazione e comunicazione costruttive anzichè distruttive.
1.3 Ma perchè si parla proprio di “Intelligenza”...?
Le teorie sull’intelligenza emotiva partono dalle teorizzazioni di Gardner sulle intelligenze “multiple”. Egli affermava infatti che esistessero molteplici intelligenze: la verbale, la logico-matematica, poi l’intelligenza cinestesico-spaziale e infine le due facce dell’”intelligenza personale”: la capacità interpersonale e la capacità “intrapsichica”. Ecco così che Gardner introduce un aspetto importante per la comprensione dell’essere umano in ottica SISTEMICA: non solo il “QI” ma anche il “QE” ovvero il Quoziente Emozionale, la “capacità di distinguere e rispondere appropriatamente agli stati d’animo, al temperamento, alle motivazioni e ai desideri altrui”, che non può prescindere dall’avere “accesso ai propri sentimenti e la capacità di discriminarli e basarsi su di essi, assumendoli come guida del proprio comportamento”.
Seguendo la guida di Gardner altri studiosi si sono interessati su come portare l’intelligenza nella sfera delle emozioni. Uno di questi è Peter Salovey, psicologo di Yale, che ha dato un’interessante definizione di che cos’è l’intelligenza emotiva:
“L’intelligenza emotiva è l’abilità di indentificare le emozioni, di accedervi e utilizzarle in modo da assistere il pensiero, comprendere le emozioni e la pratica emotiva e gestire riflessivamente le emozioni così da promuovere la crescita emotiva e intellettuale.” (Mayer e Salovey, 1997)
In particolare Salovey estende il concetto di intelligenza personale di Gardner a cinque ambiti principali:
AUTOCONSAPEVOLEZZA: ovvero la conoscenza delle proprie emozioni, nel momento stesso in cui si manifestano.
CONTROLLO DELLE PROPRIE EMOZIONI: conoscere le emozioni significa essere maggiormente in grado di non lasciarsi “travolgere” da esse laddove la situazione e il contesto non siano appropriati e in generale essere più capaci di reagire ai traumi e agli stress emotivi della vita.
AUTOMOTIVAZIONE: consapevolezza e controllo permettono di incanalare le emozioni verso il raggiungimento dei propri obiettivi migliorando significativamente l’efficacia delle proprie prestazioni. Questo aspetto è alla base di molti approcci di coaching in ambito atletico-sportivo ma non solo, sta iniziando a rivestire sempre più importanza anche nel mondo delle organizzazioni.
RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI ALTRUI: in altre parole l’EMPATIA. I 3 aspetti sopra elencati sono imprescindibilmente collegati a questo aspetto delle capacità interpersonali.
GESTIONE DELLE RELAZIONI: non solo consapevolezza delle proprie emozioni e riconoscimento/comprensione/identificazione nelle emozioni dell’altro, questo quinto aspetto si riferisce alla capacità di saper utilizzare le emozioni degli altri in modo “intelligente” per guidare le relazioni verso gli scopi che si vogliono ottenere. Questa capacità di tipo “avanzato” è fondamentale soprattutto nel nostro lavoro di psicoterapeuti. Noi dobbiamo essere in grado di cogliere l’emozione che sta provando l’altro (ma non solo, nel caso della biosistemica, anche il gesto, la postura, la parola chiave) e utilizzarla per guidare il paziente nel suo viaggio interiore.
Daniel Goleman riprende la teoria di Salovey e definisce l’intelligenza emotiva come la capacità di coniugare efficacemente cinque elementi o dimensioni fondamentali:
consapevolezza di sè
padronanza di sè
motivazione
empatia
abilità nelle relazioni interpersonali
Queste cinque dimensioni si declinano in due macro gruppi di competenze:
Competenza Personale (consapevolezza di sè, padronanza di sè, motivazione)
Competenza Sociale (Empatia, Abilità Sociali).
(Goleman, 1995)
Il progetto che illustrerò in questa sede si basa sugli studi di Goleman per poi aprirsi ed integrarsi con i concetti della biosistemica. La finalità di integrare i due modelli è quella di aggiungere valore ad un percorso di sviluppo personale così importante e unico per il mondo delle aziende.
IL PERCORSO FORMATIVO: EMOTIONAL LEADERSHIP DEVELOPMENT
“C’è solo un angolo dell’universo che potete certamente migliorare: voi stessi”
(Aldous L.Huxley)
2.1 Lo sviluppo della “Leadership Emozionale”
Cosa si intende per Emotional Leadership?
Per Emotional Leadership si intende la capacità di saper riconoscere, comprendere e gestire le emozioni proprie e degli altri. Il concetto si inserisce nel quadro di un modello della leadership preso in prestito da Robert Dilts nel suo “Leadership e Visione Creativa” (Guerini e Associati, 1998).
Questo modello concepisce la leadership in ottica sistemica e la definisce come il risultato dello sviluppo integrato ed equilibrato di competenze che appartengono a 4 aree:
Area Sistemica (L’interazione con il sistema ed il contesto, la gestione e lo sviluppo delle persone, la governance e il miglioramento continuo)
Area Personale (L’intelligenza emotiva, lo sviluppo personale, l’abilità di risolvere i problemi e la creatività)
Area Relazionale (L’intelligenza sociale, il lavoro in team, la comunicazione assertiva ed empatica)
Area Strategica (Visione strategica, innovazione, definizione degli obiettivi e carisma personale)

figura 1. Le 4 aree di abilità di un leader (da “Leadership e Visione Creativa”, R. Dilts, 1998)
Secondo quest’ottica lo sviluppo dell’intelligenza emotiva può consentire ad una persona che ha un ruolo di responsabilità e di guida in un contesto organizzativo di saper gestire i propri stati emotivi e di saperli utilizzare per raggiungere i propri scopi e in senso più generale gli scopi di un’organizzazione.
Per generare vera leadership il percorso formativo deve essere in grado di superare i filtri soggettivi, scendendo in profondità per produrre comportamenti veramente efficaci.
E’ quindi necessario COINVOLGERE i partecipanti in un programma innovativo che li vede PROTAGONISTI in prima persona del proprio percorso di sviluppo. Per ottenere ciò il percorso prevede l’attivazione di diversi strumenti formativi in grado di generare nei partecipanti:
- spirito di competizione: l’apprendimento delle skill è facilitato dalla dimensione della sfida. (Business Game)
- riflessioni profonde: lo sviluppo delle competenze emotive parte da riflessioni e discussioni su temi condivisi (Learning Movie)
- senso di appartenenza e percezione di reale sviluppo individuale: attività e momenti di confronto in aula in un’ottica di TEAM COACHING per seguire passo passo lo sviluppo individuale delle competenze (Deep Dive Meeting).
La logica del percorso è la seguente:
i partecipanti lavorano a distanza ed in modo del tutto individuale su alcune attività (definite “Task”) che possono trovare su un sito internet dedicato. Ogni mese e mezzo ognuno dei partecipanti prende poi parte ad una mezza giornata di sessione in aula durante la quale vengono approfonditi i contenuti ed i temi affrontati durante le attività svolte a distanza.
Come coinvolgere i partecipanti sullo svolgimento di attività a distanza che prevedono una riflessione sul proprio modo di vivere le emozioni?
Come far fronte ad eventuali resistenze dovute ad un contesto che non è quello terapeutico?
Come far sì che le persone lavorino con continuità e interesse e che si raggiungano veramente gli obiettivi di sviluppo prefissati?
Per far fronte a questi dubbi viene realizzato un vero e proprio “Business Game”: un gioco interattivo che prevede di assegnare un punteggio per ogni task svolto in modo che i partecipanti possano poi visualizzarsi in una classifica e “sfidarsi” nello sviluppo della competenza. Inoltre, il completamento di un task permette di “sbloccare” il task successivo secondo una logica per cui il partecipante è costretto a completarli tutti per poter finire il gioco.
L’accesso al sito web avviene previa registrazione e inserimento di un nickname e di una password strettamente personali che attivano il gioco.
In questo modo, grazie alla logica della competizione, è possibile garantire continuità e coinvolgimento nella partecipazione, e il fatto di assegnarsi un nickname dà la possibilità di partecipare in maniera anonima dato il contenuto strettamente personale dei task proposti. Per tutelare ulteriormente la privacy le risposte ai task sono visibili solo dallo staff che attribuisce i punteggi, ciò che i partecipanti possono vedere è solo il punteggio ottenuto ed il posizionamento in classifica.
Per rispondere ad eventuali resistenze a mettersi in gioco e per monitorare il processo di acquisizione della competenza viene data l’opportunità per chi lo desideri di poter avere un incontro individuale di feedback sulle attività e di approfondimento sugli aspetti più personali.
2.2. Contenuti e Strumenti Didattici del percorso
2.2.2. Strumenti didattici: Il “Mare delle emozioni”
Per raggiungere l’obiettivo di potenziare l’area delle abilità personali del gruppo in formazione i contenuti del percorso formativo sono strutturati su 3 livelli, seguendo le linee guida delle teorie di Goleman sull’intelligenza emotiva.
LIVELLO 1: CONSAPEVOLEZZA DI SE’
(Saper riconoscere le proprie emozioni, le proprie reazioni emotive,
i propri punti di forza e di debolezza)
I primi 6 task hanno come oggetto attività connesse al riconoscimento ed alla classificazione delle emozioni, con riflessioni sul proprio modo di viverle e di reagire ad esse.
LIVELLO 2: PADRONANZA DI SE’
(Saper gestire i propri stati emotivi, i propri impulsi, le proprie risorse)
I successivi 7 task sono focalizzati su alcune emozioni “difficili” (rabbia, paura, ansia, stress ecc.) e su alcune tecniche da sperimentare per imparare a gestirle meglio.
LIVELLO 3: CONSAPEVOLEZZA SOCIALE
(Saper riconoscere le emozioni degli altri, Sintonizzazione ed Empatia)
Gli ultimi 7 task hanno lo scopo di far riflettere sul modo di comunicare le emozioni all’esterno e sul riconoscimento degli stati emotivi altrui, con focus sull’impatto del nostro mondo emotivo sui vissuti degli altri e sulla creazione di un clima lavorativo migliore e più produttivo.
Per rendere l’attività ancora più coinvolgente viene utilizzato un “Learning Movie”, filmato didattico con sceneggiatura creata ad hoc per lo scopo formativo. Alcuni task hanno quindi come oggetto l’analisi di una parte del filmato con relative domande di approfondimento.
Il Movie in questione, dal titolo “InterAction”, si sviluppa nel mondo aziendale e si centra sulla capacità da parte di un leader di comprendere i propri stati emotivi e saperli gestire per controllarne gli effetti su sè stesso e sugli altri. Un leader deve sapere riconoscere non solo le proprie emozioni ma deve essere in grado di sapere come i propri stati influenzano le persone con cui ha a che fare e in modo indiretto anche gli eventi che si creano.
ll tema del learning movie è quello della differenza tra un leader dotato di intelligenza emotiva e uno che non ha questo tipo di abilità. Vengono mostrate due situazioni che sono il frutto di una catena di eventi scaturiti dalla competenza piuttosto che dall’incompetenza emotiva del protagonista. La struttura è quella della “causa-effetto”, dove ad ogni reazione emotiva corrisponde una conseguenza per sè, per gli altri, e per gli eventi circostanti.
LA BIOSISTEMICA IN AZIENDA: DA “LEADERSHIP EMOZIONALE” A “LEADERSHIP PSICOCORPOREA”
Oltre al progetto presentato sopra, esistono ulteriori proposte pratiche per possibili interventi in azienda che integrino lo “Sviluppo dell’Intelligenza Emotiva” a uno “Sviluppo dell’Intelligenza psico-corporea”.
Il percorso illustrato sperimenta alcune attività che possono essere ulteriormente approfondite ed applicate in modo più coinvolgente ed efficace; infatti alcuni aspetti dei lavori proposti si possono portare in contesti di gruppo o individuali laddove il conduttore/psicoterapeuta biosistemico abbia il compito di gestire attività psicocorporee atte a facilitare da una parte l’emergere delle emozioni e la loro osservazione/ascolto, dall’altra la loro gestione e/o contenimento.
I temi principali che rappresentano le maggiori aree di miglioramento in ambito aziendale sono:
1) Alfabetizzazione e riconoscimento delle emozioni
2) Usare il corpo per imparare a conoscerlo (attività corporee, respirazione, grounding)
Empatia corporea
Comunicazione e feedback
Coerenza piano verbale-piano non verbale
Tali tematiche vanno a costituire la base didattica delle proposte che seguono.
Caratteristiche dei percorsi psicocorporei in azienda
Durata:
mediamente 2 giornate di 8 ore, preferibilmente con formula residenziale 1 week end.
Setting: fuori dall’azienda, e preferibilmente in location che favoriscano un maggiore “ascolto” (agriturismo o simili...)
Contenuti didattici:
TEMA 1
Alfabetizzazione Emotiva
Educare all’ascolto di sè : identificazione dell’emozione, categorizzazione, associazione con l’evento scatenante, sensazioni fisiche, pensieri.
- Griglia di auto-osservazione delle emozioni durante giochi o attività di gruppo (attività che prevedano discussione, risoluzione di problemi, conflitto, negoziazione) (vedi Appendice 1)
OBIETTIVO 1
Conoscere le emozioni e ciò che le scatenano. Imparare a riconoscere le proprie reazioni emotive e a monitorare il proprio linguaggio interno (pensieri) e il proprio corpo (sensazioni) per agire in modo più appropriato e positivo sui comportamenti (azioni).
TEMA 2
Alfabetizzazione Corporea
Attività di attivazione corporea
Attività connesse con la respirazione ed il grounding (individuali)
Attività connesse all’uso della voce (in gruppo)
Attività corporee sull’impatto del non verbale nella comunicazione: postura, espressività del volto, osservazione del corpo (in coppia o in gruppi di 3)
OBIETTIVO 2
Rieducare alla consapevolezza del proprio corpo e del corpo altrui. Migliorare la capacità di interagire con gli altri anche sul piano del non verbale.
Imparare tecniche di gestione delle emozioni basate sull’ascolto del proprio corpo e delle proprie sensazioni.
TEMA 3
Comunicazione e Feedback Emotivo
Griglia di etero-osservazione. Osservo le emozioni dell’altro e mi annoto cosa provocano in me.
Debriefing: comunicare all’altro cosa ho provato, in relazione a quale sua emozione/comportamento/commento, cosa ho apprezzato, cosa invece è da migliorare
Realizzazione di attività che incoraggino l’espressione non-verbale delle emozioni accanto al racconto verbale.
OBIETTIVO 3
Creare l’instaurarsi di un linguaggio integrato mente-corpo. Educare alla metacomunicazione ed alla critica costruttiva. Utilizzare l’empatia per creare rapporti improntati alla fiducia e alla chiarezza, ed un ambiente accogliente e sicuro.
Coaching individuale e consapevolezza corporea
Nel coaching individuale i temi da proporre sono gli stessi. Il setting non è dei più consoni (spesso gli incontri di coaching si svolgono in ufficio o in una sala meeting in azienda), tuttavia si possono proporre alcune di queste tecniche e altre si possono suggerire come “compito per casa”.
In particolare nei percorsi one-to-one è possibile effettuare un lavoro sulla comunicazione mediante l’utilizzo di tecniche di rispecchiamento corporeo, identificazione o simulazione.
1)Tecniche di rispecchiamento corporeo:
Assumere la medesima postura-espressione del volto-gestualità del cliente (coachee) mentre simula una conversazione con la persona o le persone con cui ha me maggiori difficoltà relazionali. Ciò ha l’effetto immediato di fare da specchio alla persona per mostrare come sta comunicando sul livello del non-verbale ed apportare eventuali cambiamenti che migliorino l’efficacia della comunicazione stessa.
2)Identificazione:
Identificarsi con il coachee ripetendo le sue parole-chiave in prima persona.
Ad esempio: “Sono Carlo e quando parlo con Giovanni non riesco a dirgli veramente ciò che penso”, oppure “Sono Carlo e quando parlo con Maria non riesco ad essere abbastanza incisivo”, o ancora “Sono Carlo e quando Giovanni mi parla in questo modo mi arrabbio ma non riesco ad esprimere la mia emozione”....ecc...
Questa tecnica di ascolto profondo ha un effetto potente sullo sviluppo di una maggiore consapevolezza rispetto alle implicazioni emotive e degli effetti su di sè e sugli altri delle modalità comunicative del cliente. Questa pratica è altresì utile al coach/terapeuta per approfondire i vissuti del coachee e comprendere meglio i suoi schemi di azione e reazione nelle relazioni professionali.
3)Simulazione:
La tecnica della simulazione prevede che il coach/terapeuta assuma il ruolo di uno degli interlocutori difficili del cliente per metterlo alla prova nelle sua modalità di comunicazione.
Dopo la simulazione il coach restituisce un feedback su due dimensioni: da una parte comunica al cliente come la sua comunicazione lo ha fatto sentire, e dall’altra gli dà un feedback su come è avvenuta la sua comunicazione.
Questo permette al coach di creare una vera e propria palestra per allenare il coachee a migliorare la propria comunicazione su più livelli: sul piano verbale, paraverbale, non verbale ed emotivo.
Conclusioni
Parlare di emozioni in ambito aziendale e soprattutto a livelli medio alti è ancora un tabù. Ha a che fare con una vecchia concezione del potere, chi ha potere non deve mostrare di avere emozioni. L’emotività è una prerogativa femminile e dei deboli; questa mentalità maschilista-autoritaria è ancora alla base del perchè ci siano ancora così poche donne in posizioni di responsabilità elevate nelle organizzazioni.
Ma il contesto economico e sociale odierno così mutevole e incerto sta favorendo il cambiamento di questo tipo di mentalità. Nel 2002 Daniel Kahneman e Vernon L. Smith, uno psicologo ed un professore di economia, hanno vinto il Premio Nobel per l’economia per aver coniato un principio, detto “Legge di Kahneman-Smith”:
“In condizioni di incertezza la dominabilità razionale delle scelte passa in secondo piano rispetto alla gestione delle dinamiche psicologiche.”
(da http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/economics/laureates/2002/press.html)
Questo significa che le dinamiche psicologiche delle risorse umane in azienda non si possono più ignorare. Significa che la complessità dei moderni contesti organizzativi ha bisogno di trovare certezze nelle relazioni tra le persone. E le relazioni sono fatte di pensiero, azione ed emozione. Tuttavia c’è ancora chi pensa che l’importante sia solo produrre risultati numerici, quantitativi....e che quando andiamo a lavorare dobbiamo lasciare noi stessi a casa. La realtà delle cose ci dice che non è più così, ma che anzi saper gestire più efficacemente il nostro modo di interagire con gli altri può incrementare il successo non solo personale ma del team di lavoro e di conseguenza dell’intera organizzazione.
“Con il modificarsi del mondo aziendale cambiano anche le caratteristiche che servono per sopravvivere. Tutte queste transizioni aggiungono valore all’intelligenza emotiva. L’aumento delle pressioni competitive dà nuovo valore agli individui capaci di automotivarsi, di dimostrare iniziativa, dotati dell’impulso interiore per superare se stessi e abbastanza ottimisti da saper prendere con calma rovesci e insuccessi...” (Goleman, 2000, p. 368)
Un traguardo ambizioso ma possibile: sviluppare queste capacità si può, attraverso una formazione specifica che preveda di integrare attività che favoriscono lo sviluppo della consapevolezza emotiva con attività sulla consapevolezza corporea.
Conoscere il corpo per conoscere le emozioni. Conoscere le emozioni per rendere più efficace la comunicazione, le relazioni, il lavoro.
Integrare corpo e mente per raggiungere l’equilibrio ed il benessere, in ogni ambito della vita.
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