Buongiorno,
ho 38 anni e sono in un periodo della mia vita in cui mi sento totalmente insoddisfatta di me stessa.
Ho una laurea in architettura, ma vista la difficolta' del mercato degli ultimi anni, ho sempre accettato dopo la stessa di fare lavori casuali non scelti, ma passivamente accettati dopo i colloqui andati a buon fine, per la maggiore tangenti a quello che puo' essere la professione di architetto, ma anche in periodi in cui, trovavo altro di altro genere, che mi permettessero più che altro di avere uno stipendio atto a vivere a Milano da sola, citta' nella quale mi sono trasferita 7 anni fa' e dove comunque voglio continuare a rimanere.
Fino ad un certo punto non ero piu' di tanto interessata alla carriera, mi accontentavo di avere uno stipendio, pensando a chi piu' sfortunato di me aveva reali difficolta' a trovare un lavoro qualsiasi. Adesso dopo un rapporto di lavoro finito male mesi fa con una causa, ho continui sensi di colpa sulla cattiva gestione della mia vita, iniziata probabilmente molto tempo fa'.
Laurearmi era un grande desiderio per me, inizialmente non cosi' condiviso dalla mia famiglia che mi avrebbe voluta impiegata nell'attivita' commerciale di famiglia in paese, per la quale io non nutrivo nessun interesse, il mio sogno era vivere in una citta' ricca di stimoli culturali.
Ma alla luce dei fatti mi rendo conto che non ho saputo costruirmi una vita soddisfacente, intrappolata sempre in ruoli che non mi facessero sentire capace di occuparmi di qualcosa, di utile complesso e gratificante per me stessa, ma posso solo attribuire per lo piu' a me stessa questo attuale risultato. Mi trovo attualmente per l'ennesima volta ad aver iniziato da poco un nuovo lavoro, che mi fa sentire una totale incapace, in quanto privo di autonomia, e dai compiti banali, lo lascerei se trovassi altro, ma purtroppo so anche di non avere le competenze adeguate richieste ad una persona della mia eta, per mettermi in gioco in posizioni piu' elevate, non avendo avuto un percorso professioanale serio e qualificante non sono riuscita a sviluppare. Quindi sono combattuta dal dovermi accontentare di ruoli di serie B, per me non interessanti e ad oggi deprimenti, al non riuscire ad accettare di non essere riuscita ad arrivare assolutamente da nessuna parte, quasi come se il mio voler essere grata al mondo del lavoro senza essere competitiva ma volendo mantenere un basso profilo non sia stata una ricompensa dalla vita, ma una condanna. Mi rendo conto che vorrei fare altro, ma il mercato richiede esperienze che non ho e ormai è tardi per averle, vorrei imparare cose piu' complesse, mi sono sempre piaciute le materie tecnico-scientifiche, ma mi rendo conto che i miei datori di lavoro mi trattano piu' come una molto capace a livello di rapporti con gli altri, che non per le mie reali capacita' logico-intelletive. Forse ho sempre preteso e voluto tutto e troppo, dentro di me ma non ho mai veramente avuto il coraggio di dimostrare quello che vorrei saper fare, forse ho un blocco o forse davvero so fare poco, ho sempre cercato di allontanare questo tutto e troppo che forse so avrei potuto avere o forse no in quanto credo di avere una percezione di me stessa e delle mie reali capacita' molto confusa.
In sintesi vorrei quindi capire come rassegnarmi ad un lavoro 'che sa fare chiunque' pur avendo il rimpianto tutti i giorni di non aver fatto nulla di utile e di gratificante e di non avere piu' occasione di farlo, per questioni di eta', competenza e ormai probabilmente nulla possibilita' competitiva con trentenni piu' intraprendenti, motivati sicuri di loro stessi e dalla mente brillante.
Buongiorno Francesca,
le sarebbe molto utile richiedere dei colloqui con uno psicologo (meglio se anche psicoterapeuta) per sciogliere il conflitto che la attanaglia, ossia lo scegliere tra “il rassegnarsi” a lavori che non la appagano professionalmente, oppure il ri-orientare la scelta professionale tenendo conto dei suoi titoli, delle sue aspirazioni, delle sue competenze acquisite e di quelle invece da sviluppare.
Partendo da questo problema, potrebbe poi approfondire gli altri aspetti di sé di cui accenna (ovvero il suo mantenere un basso profilo e insicurezze che, forse, potrebbero aver rappresentato la ragione che l’hanno fatta allontanare dal suo iniziale progetto professionale di Architetto).
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La rassegnazione, Francesca, non è mai auspicabile, in quanto presuppone la volontà di sacrificare una parte vitale di sé.
È bene, invece, che lei giunga a fare una scelta consapevole e serena, dopo aver valutato attentamente una serie di aspetti, tra cui le caratteristiche personali che la fanno avvicinare alle sue mete e quelle che, invece, la ostacolano nel loro raggiungimento.
Si dia questa possibilità.
Io glielo auguro.
Cordiali saluti
Gentile Francesca, in quello che lei scrive io avverto una grande sofferenza nel non essere riuscita a realizzare un suo desiderio, che in qualche modo riguarda anche la sua identità: da come li descrive, i suoi percorsi lavorativi appaiono frammentari, e questo per lei è destabilizzante.
Il suo racconto, però, rimane per forza di cose generico, non essendo questo il luogo adatto ad entrare nello specifico della questione.
Sarebbe importante valutare, ad esempio, per quali motivi e in che modo si sono interrotte le varie attività che ha svolto, e se può aver senso approfondire le sue competenze in ambiti nei quali ha già acquisito un'esperienza.
Oppure potrebbero esserci degli hobby, o degli interessi a cui finora non ha dato peso, o che ha sempre coltivato e che potrebbero diventare dei lavori veri e propri, o perlomeno delle attività più stabili che le diano un maggiore senso di continuità.
Sicuramente, inoltre, è necessario comprendere a fondo se davvero non sia più spendibile la sua laurea in architettura, dal momento che ha effettuato anche una serie di lavori collaterali alla professione autonoma, o se non vi siano piuttosto delle paure, dei blocchi che non le permettono di impegnarsi per capire come fare. Se riuscisse finalmente a trovare una strada in questo, infatti, la sua energia vitale ne trarrebbe un gran beneficio!
Sicuramente anche la rassegnazione può essere una via da tenere in considerazione, nel caso in cui davvero non ci fossero altre possibilità. Prima di giungere a quel punto, però, vale sicuramente la pena di approfondire e capire a fondo, dal momento che, da quello che scrive, non ci ha mai seriamente provato, prima che arrivi veramente il punto in cui è troppo tardi...
Nel caso in cui non dovesse riuscire da sola a mettere insieme i pezzi di questo puzzle, può contattarmi telefonicamente per un appuntamento.
Un caro saluto
Mi dispiace molto per la situazione di insoddisfazione e frustrazione in cui si trova, ma è importante non arrivare alla rassegnazione, a soli 38 anni. Sono molte le persone, infatti, che entrano nel mondo del lavoro e fanno un percorso molto simile al suo, certe volte a partire dagli studi. Si tratta di situazioni in cui l’errore principale è di non essersi predeterminati un obiettivo professionale SMART (specifico, misurabile, raggiungibile, rilevante, con una tempistica) e lavorare su un piano di azione per raggiungerlo.
Gli obiettivi, infatti, svolgono un ruolo fondamentale nel determinare il livello di motivazione che le persone impiegano per conseguirli. Stabilirlo, quindi, permette di avere chiaro il risultato da raggiungere e porta le persone a focalizzare l’attenzione su questo e a regolare in modo efficace lo sforzo per il suo raggiungimento. Il GOAL è la rappresentazione interna di uno stato desiderato, che ha un effetto regolatore sulla condotta umana e determina sia il contenuto, cioè il risultato che si vuole ottenere, che l’intensità, cioè le risorse e le energie necessarie per il raggiungimento.
Definirsi un obiettivo, quindi, permette di avere un ruolo attivo nella propria vita e ad accrescere la percezione della propria autoefficacia, perché crea un circolo virtuoso di dinamiche psicologiche, per cui più le persone si convincono di essere all’altezza, più si elevano le loro aspirazioni, e più saranno ambiziosi i propri obiettivi.
Sarebbe importante per Lei intraprendere un percorso di Orientamento professionale, che consiste in un vero e proprio assessment di interessi, attitudini, soft e hard skills, conoscenze e capacità degli individui, e permette di acquisire la consapevolezza di sé stessi, delle proprie capacità, doni e talenti. Aiuta, inoltre, ad imparare a porsi degli obiettivi, lavorare su di essi e permette lo sviluppo di ruolo attivo della persona, Agenticità dalla teoria sociale cognitiva di Albert Bandura, nel costruire i propri percorsi di studio, carriera, nel gestire le varie forme di cambiamento lavorativo, nel determinare e sviluppare il proprio progetto lavorativo e di vita.
Se vuole, mi può contattare telefonicamente, io svolgo l’attività di consulenza anche on line.
Cordiali saluti.
Treviso
La Dott.ssa Vania Marsonetto offre supporto psicologico anche online