Automatismi della crescita
Una volta che una persona si sia resa conto dell’importanza della decrescita, per uno sviluppo sostenibile e per evitare l’autodistruzione, deve trovare i mezzi per cambiare i propri stili di vita, e man mano diminuire i “giri” della propria esistenza; in molti casi si tratta di cambiare radicalmente rotta. Ci si può rendere conto, ad esempio, che non è così traumatico abbandonare l’automobile e iniziare a utilizzare i mezzi pubblici; non è traumatico, e magari ci si accorge anche che si possono fare meglio le proprie cose.
Il non avere a disposizione tutte le comodità, e l’automobile ne è un esempio, può addirittura portarci a riflettere su cosa è giusto e necessario fare nella propria vita e cosa è più opportuno e giusto abbandonare. Ci si può rendere conto di quanti automatismi abbia innescato la civiltà della crescita, cose o servizi, o comodità, cui sembra ormai impossibile rinunciare.
Sono convinto che molti, leggendo questo articolo, potrebbero dire: “ma l’automobile mi è necessaria, non posso farne a meno”. Se ci si riflette un po’, e soprattutto se è la necessità a farci riflettere sopra, ci si rende conto che non è proprio così.
Noi potremmo potenzialmente fare a meno di una buona parte delle cose o servizi di cui facciamo uso quotidianamente; se solo ci rendiamo conto che potremmo non averli più, per un qualunque motivo, allora è più facile divenire consapevoli di quanto essi siano sovrastrutture che abbiamo aggiunto all’essenziale, col passare del tempo.
Stato di coscienza e livelli energetici
E dunque, se riusciamo a vederla così, possiamo dare un “peso” a ogni oggetto o servizio, in termini di energia necessaria per possederlo o utilizzarlo. In fin dei conti, dobbiamo poi produrre noi stessi quell’energia, attraverso il nostro lavoro. Dobbiamo produrre energia e decidere come spenderla. Allora, una volta che si è deciso di aderire alla decrescita, occorre attivare un centro di coscienza che valuta questo processo di entrata e uscita delle energie, misura il carico delle scelte da fare volta per volta.
E non dimentichiamo che è possibile scambiare energia, anziché acquistarla; cioè, anziché acquistare “crediti” attraverso il lavoro salariato, possiamo farlo attraverso il dono, lo scambio, l’affetto disinteressato, il volontariato, la preghiera e la meditazione, l’espressione artistica. Ovviamente, se la nostra giornata è occupata per lo più a procurarci “crediti” anonimi, il denaro in particolare, non abbiamo poi molto tempo per altri tipi di attività.
Dunque, chi si mette nel cammino della decrescita dovrebbe essere pronto e desideroso di esplorare la propria interiorità e ridare un significato alle proprie azioni e all’utilizzo sapiente di beni e servizi. Significa riscoprire il senso, e significa anche rendersi conto, in maniera drammatica, dell’automatismo indotto dalla società del consumo.
Questo riguarda anche internet, che ha facilitato una iperproduzione di scritti, di contenuti, di dati; tutti possono connettersi (in teoria, ma non sempre) ed esprimersi nella piazza virtuale, e ciò crea, oltre a nuove possibilità, molta ridondanza; questa, a suo modo, non è che un nuovo tipo di crescita spropositata. Forse è bene riflettere prima di scrivere, se quello che scriviamo è già stato detto, se veramente l’umanità ha bisogno delle nostre idee “originali”. Naturalmente, questa riflessione spetta al singolo individuo. Io stesso mi sto chiedendo, in questo momento in cui scrivo, se questo scritto sia utile e a chi.
Gestione delle risorse e la Felicità Interna Lorda
Allora, la domanda da porsi è la seguente: “cosa faccio, dopo aver deciso di decrescere?”. Ovvero, “come occupo il mio tempo? Come gestisco le mie risorse? Come si fa a conciliare il proprio sviluppo personale riducendo lo sviluppo esteriore, cioè la produzione di beni e servizi?”.
Occorre innanzitutto usare l’intelligenza per saper conciliare l’espressione potenzialmente illimitata (per ora) di internet con un minor consumo. Ecco allora che la decrescita potrà essere felice se verrà sostituita l’idea di PIL con la FIL, la Felicità Interna Lorda.
L’acronimo fu coniato nella metà degli anni ’80 dal re del Bhutan (fonte: wikipedia.org), che mise in rilievo il suo impegno per la costruzione di un’economia coerente con la cultura tradizionale del suo paese, basata sui valori spirituali del buddhismo. Il Dalai Lama, un convinto sostenitore della FIL, ha dichiarato: «come buddhista, sono convinto che il fine della nostra vita è quello di superare la sofferenza e di raggiungere la felicità.
Per felicità però non intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali. Penso ad una felicità duratura che si raggiunge da una completa trasformazione della mente e che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza. Allo stesso tempo, a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità.
Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità». Dunque, il segreto di una decrescita veramente felice, è la vera felicità, una felicità che si ottiene soprattutto coltivando le qualità spirituali, non disgiunte, diremmo noi psicologi transpersonali, da uno sviluppo che miri all'integrazione delle dimensioni di mente e corpo. Ci auguriamo che tutti coloro che intraprendono un cammino di decrescita possano porre la massima tensione verso questa ricerca.
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