Un cuore intelligente
Lo fissa. È dolce. È morbido. Ed è molto vicino. L’indice delle sue mani piccole e morbide si alza, poi il medio, ma subito le dita ricadono sul dorso della mano. I suoi grandi occhi si chiudono, per scacciare l’impulso ad afferrare quel premio, bianco e dolce di fronte a lui. I suoi occhi di bambino guardano da un’altra parte, o almeno ci provano. La signora gentile all’inizio gli ha detto che può mangiarlo, però se aspetta che torni gliene darà due! Ma è difficile! E lui ha solo 4 anni. E la signora non torna: ce la farà?
Qual è lo scopo di lasciare un bambino o una bambina, tra i tre anni e mezzo e i cinque anni e otto mesi, soli in una stanza con la tentazione di un dolcetto da una parte e il loro auto-controllo dall’altra? Studiare la capacità di controllarsi. Questo, in breve, era l’obiettivo di test psicologico molto famoso, ideato nel 1972 dallo psicologo Walter Mischel alla Stanford University. I risultati rivelarono tutta una serie di attività che i bambini mettevano in pratica per gestire la frustrazione: distrarsi, cantarsi canzoncine, parlare a se stessi ad alta voce, o addirittura dormire!
La capacità di ritardare la gratificazione in vista di uno scopo è legata alle cosiddette funzioni esecutive, e matura e migliora con l’età. Tuttavia il risultato di maggior interesse fu scoperto 16 anni dopo, nel 1988, quando si misurarono gli andamenti scolastici dei "bambini del marshmallow": chi era stato capace di autoregolarsi era descritto dai genitori come un adolescente competente ed equilibrato. Nel 1990, poi, si scoprì che gli stessi soggetti avevano ottenuto voti molto migliori di quelli che avevano ceduto. Molte ricerche successive, come quello della psicologa inglese Terrie Moffitt del 2010, confermarono che la capacità di autoregolazione di bambine e bambini pesava fino al 50% sui loro successi scolastici e lavorativi, e anche sulla loro salute psicofisica. Non si tratta semplicemente di saper aspettare, ma di essere in grado di gestire e regolare le proprie emozioni, una delle abilità centrali della cosiddetta Intelligenza Emotiva. Di cosa si tratta?
L’intelligenza emotiva
Per molti anni, all’inizio del secolo scorso, era circolata negli ambienti accademici l’idea che la capacità di gestire efficacemente le proprie emozioni fosse legata influenzasse l’adattamento all’ambiente e i risultati conseguiti dagli individui. Ma fu solo nel 1995 che il concetto si diffuse fuori dagli ambienti specialistici, con il libro di Daniel Goleman “Emotional Intelligence: Why it can matter more than IQ” (tradotto in italiano come “Intelligenza Emotiva. Cos’è e perché può renderci felici”, BUR). Il volume divenne in breve tempo un best seller, rendendo l’idea dell’Intelligenza Emotiva (di seguito IE) enormemente popolare. In 25 anni l’opera di Goleman è stata tradotta in oltre 40 lingue e ha venduto più di 5 milioni di copie.
L’IE secondo Goleman è un’abilità complessa che include l’auto-controllo, la capacità di motivarsi e di impegnarsi con determinazione. Dopo decenni di ricerche e rielaborazioni, il modello di Goleman attualmente comprende quattro grandi aree: consapevolezza di sé, dominio di sé, consapevolezza sociale, e gestione delle relazioni. Per ciascuna di queste aree si possono individuare delle competenze (il modello ne conta 12), come l’equilibrio emotivo, l’empatia, la gestione dei conflitti o la consapevolezza delle proprie emozioni, che possono essere esercitate e sviluppate.
Il concetto centrale della teoria di Goleman è la l’idea che razionalità ed emozioni non sono ambiti separati: le emozioni e i sentimenti sono complesse valutazioni del mondo e della nostra relazione con esso. Su di esse possiamo riflettere per agire con più efficacia, competenza e saggezza. Non esiste la “fredda” ragione: è, ed è sempre stata, calda ed emotiva.
Morbide e difficili: le emozioni come guida
Complesse, attraenti, difficili, fonti insostituibili di guida, le emozioni sono aspetti fondamentali della nostra vita quotidiana: esserne consapevoli, comprenderle e regolarle possono rendere un leader di successo, uno studente capace, e le nostre vite più felici.
Diventare più emotivamente intelligenti non è facile, ma possiamo imparare a gestire sempre meglio i tanti marshmallow che incontreremo nella vita: quanti ne vogliamo? A noi la scelta, com’è sempre stata.
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