La fibromialgia è una patologia tanto diffusa, quanto difficile da affrontare, poiché attacca mente e corpo con la stessa
intensità.
Come affrontare una malattia che ti logora dentro?
Nella mia pratica clinica ho osservato persone cadute nella disperazione più assurda e persone che hanno provato a
nascondere e resistere con la paura di essere giudicati.
La fibromialgia ha la caratteristica di essere una patologia che racchiude tutto e niente, difatti, è molto difficile darne una
definizione esaustiva e completa.
Basti pensare che ad oggi non esiste una definizione precisa nè una cura univoca.
Esistono invece dei sintomi che accomunano coloro che ne soffrono.
Questi sono: dolori diffusi, stanchezza cronica, malessere generalizzato e nei casi più gravi principio di depressione.
Nel mio precedente articolo, che trovi qui sul mio profilo, ti racconto i benefici della psicologia funzionale che in chi come te
che leggi e probabilmente ne soffri o conosci chi ne soffre, può leggere per avere maggiori informazioni.
Un altro elemento ostico della fibromialgia è che non esiste una diagnosi o degli esami in grado di diagnosticarla, esistono
invece elementi che possono escludere altre patologie e che inducono il professionista, in genere un reumatologo, a dare la
diagnosi di fibromialgia.
Il limite delle cure mediche è dato dal prescrivere farmaci, tanti farmaci, che se alleviano il dolore fisico e in alcuni casi,
riducono il malessere psicologico, nel migliore dei casi non hanno alcun effetto sull'accettazione della malattia e sul
miglioramento dello stato emotivo.
La storia tipica di chi soffre di fibromialgia, infatti, è girare medici, arrivare finalmente alla diagnosi e non sapere se essere
felici o tristi.
La prima reazione di chi subisce tale diagnosi è quella di seguire i consigli dei medici, con la speranza di stare bene.
Il problema è che tutti i consigli ricevuti sono un tentativo di attaccare la malattia, ma non sempre il medico cerca di capirne
le cause. I medici, in genere, curano il sintomo organico, ma non prestano attenzione allo stato d’animo del paziente, finora
non ho ancora incontrato un paziente il cui medico abbia saputo dirgli il perchè della patologia.
Eppure, in una patologia che ha una componente emotiva così importante, sarebbe il primo passo da fare.
Come ho detto all'inizio la patologia è reumatica, ma risente dello stato emotivo di chi ne soffre, di conseguenza capire come
la persona reagisce e soprattutto conoscere la sua storia è un elemento fondamentale, per trovare la cura giusta e la terapia
di sostegno più adeguata.
La forza più grande che ci sia e che riguarda e/o dovrebbe riguardare ogni uno di noi è la voglia di vivere e soprattutto vivere
bene.
Il desiderio di tornare a sorridere, di vivere serenamente sono elementi importanti in chi soffre di fibromialgia.
Primo fra tutti, tuttavia, è necessario, accettare di avere una patologia, non combatterla, ma andarle incontro.
Può sembrare un controsenso, ma proprio questa accettazione, in me e nei miei pazienti, ha costituito la chiave di volta
per iniziare a stare bene, non solo fuori ma anche e soprattutto dentro.
Faccio una piccola digressione, raccontandoti che nel 2016 ho perso la sensibilità alle gambe e a tutta la parte
inferiore del mio corpo. Quella è stata la chiave di volta, l'aver toccato il fondo.
Desideravo che finisse tutto, non sapevo che fare, poi mi sono fermata e mi sono detta che quella era la strada sbagliata.
Ho capito che dovevo tornare ad amarmi, dovevo accettare di avere una patologia e dovevo tornare ad ascoltare il mio
corpo.
È stato in quel momento che ho capito che avrei dovuto cercare la mia soluzione altrove, non nella disperata lotta alla
fibromialgia, ma alla comprensione del mio dolore e così è stato.
Ho sentito che il mio corpo, con i suoi strumenti e il suo linguaggio ( il dolore) mi stava solo chiedendo di ascoltarlo.
Ho condotto sempre una vita piena di impegni, prima con la laurea, dove ero una pendolare, poi con i viaggi alla ricerca di
un lavoro che mi permettesse di continuare gli studi in futuro.
Per anni ho continuato a dare per scontato che il mio corpo riuscisse a sostenere lo stress a cui lo avevo sottoposoto.
Fin quando ad un certo punto sono iniziati i dolori, dolori a cui nessuno sapeva dare una spiegazione e che mi hanno
indotto a perdere la sensibilità della parte inferiore di me stessa.
Arrivata al punto di non ritorno è iniziata la svolta, ho iniziato ad osservare me stessa, ho deciso di curare la mia
alimentazione, ad accettare questo mio nuovo stato, dove per accettazione non intendo la passività al dolore, ma l'attivismo
alla cura del mio stato. Ho ripreso l'attività fisica, ho fatto terapia, senza la quale oggi non potrei dire di stare bene e
continuo il mio cammino curando me stessa e chi si rivolge a me.
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