La formazione è un processo molto importante per lo sviluppo di professionalità quali, insegnanti, educatori, operatori nel sociale, psicologi: professioni utilizzano la relazione come strumento di lavoro fondante.
Spesso la necessità di percorsi formativi continui può essere propugnata come una prassi scontata, una assunto imprescindibile e poco pensato, che viene pubblicizzato come un prodotto di consumo.
Proviamo, in questo articolo, a costruire qualche criterio che ci orienti per pensare la funzione della formazione come strumento di sviluppo.
Il termine “formazione” in altri termini non ha un’accezione univoca, ma è possibile declinarne un significato facendo riferimento a diversi approcci metodologici.
La formazione può essere intesa come un processo nel quale vengono trasmesse nozioni, da chi sa a chi non sa, in un rapporto asimmetrico, dove la dinamica caratterizzante è che c’è qualcuno che sta in alto che “riempie” di contenuti di conoscenza, colui che sta in basso, che è simbolizzato come una tabula rasa, un contenitore vuoto.
Secondo il nostro approccio, il processo formativo, è fortemente contestualizzato, riferito alla specificità di ogni richiesta di formazione. La stessa richiesta di formazione informa su quelle che sono le priorità su cui lavorare insieme al formando, costruendo con lui gli obiettivi di sviluppo che possono essergli utili nel processo formativo di cui si incarica.
In questo processo è importante tenere a mente da chi viene fatta la domanda di formazione, se è la persona direttamente interessata a richiedere un proprio sviluppo professionale, oppure se il committente dell’intervento formativo è l’organizzazione per cui la persona, per cui è richiesta la formazione, lavora.
In questo caso è importante analizzare la domanda di formazione a partire dal committente dell’intervento, la scuola o la cooperativa, perchè il modo in cui è formulata informa sulle problematiche che in quel contesto si stanno vivendo e che motivano la richiesta di un intervento formativo.
Questa metodologia di lavoro, orienta la psicologia clinica che promuove sviluppo decostruendo la rigidità delle proposte che il cliente riesce a fare, aiutandolo a costruire possibili sviluppi.
In altri termini, pensiamo alla formazione come un processo complesso che mira a sviluppare “il “sapere”, “il saper fare” e “il saper essere” della professionista.
Si tratta di aspetti della formazione integrati all’interno di una proposta di sviluppo della persona rispetto al proprio lavoro.
Per una questione esemplificativa analizziamo separatamente queste componenti del processo formativo.
Il sapere concerne l’insieme delle teorie che sono state formulate intorno a un “tema” che attiene il lavoro specifico per cui ci stiamo formando.
Nello stesso tempo l’apprendere le “teorie su” è un processo partecipativo rispetto alla conoscenza che è stata prodotta in merito ad un problema. Conoscenza che può partire da diversi approcci alle questioni e che a partire da questi si connota.
Facciamo riferiemnto ad un contesto, pensiamo, ad esempio, all’ambito educativo: pensiamo alle educatrici che si incaricano di contribuire allo sviluppo degli individui a partire dalla loro infanzia, e quindi dalle prime esperienze di relazione che avvengono al di fuori del contesto familiare incontrando ad esempio il nido, la scuola dell’infanzia, le ludoteche etc.
Conoscere le teorie sulla psicologia dello sviluppo, è utile per le educatrici per interpretare nella relazioni con i bambini le proposte che questi fanno, dentro la fase di sviluppo che il bambino sta vivendo.
Nello stesso esempio, il “saper fare” attiene allo sviluppo di quelle prassi di intervento che facilitano lo sviluppo dei bambini.
Il “saper fare” concerne la metodologia adottata nel lavoro, gli aspetti operativi, che sono orientati dal sapere, dalle teorie che criticamente il professionista sceglie come ancoraggio nel suo lavoro come utili e costruttive premesse.
Pensiamo sempre alla scuola dell’infanzia, e quindi alle attività che l’educatrice, maestra, proporrà ai bambini.
L’educatrice tiene a mente il periodo di sviluppo degli stessi, le differenze individuali, le dinamiche nel gruppo, o nei piccoli gruppi, per organizzare un lavoro quotidiano che faciliti il loro sviluppo.
Un lavoro che viene continuamente verificato, attraverso la relazione con i bambini, cogliendo feedback, segnali, possibilità di sviluppo nuove, da organizzare in progressive attività programmate per la classe.
Il “saper essere” discende conseguentemente da questo tipo di metodologia, e nello stesso tempo ne è una premessa.
Il saper essere attiene a quel modo di lavorare per cui si è orientati da una consapevolezza riflessiva sul proprio ruolo, sulla propria funzione, e su gli obiettivi sviluppabili attraverso il proprio lavoro.
La formazione, nelle professioni che utilizzano la relazione come uno strumento di lavoro, secondo noi dovrebbe mirare a sviluppare queste competenze, in maniera integrata.
Per lavorare in questo senso è necessario che ci sia una domanda di formazione, un interesse a sviluppare queste competenze in relazione al proprio lavoro.
Questo tipo di processo formativo e di sviluppo professionale e culturale, è un impegno di cui la psicologia può farsi carico.
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