Negli ultimi mesi il mondo della scuola ha avuto una viscerale trasformazione con l'introduzione della didattica a distanza. Si è discusso molto su questo argomento e se ne continua a discutere. La stessa scuola continua a ribadire una posizione netta in merito, e cioè che la didattica a distanza non è quella che fa di una scuola, una vera scuola. Proviamo a chiederci perchè.
Capire quali sono gli aspetti che rendono la didattica a distanza un flebile sostituto della didattica in presenza, non è semplice. A sentire parlare gli insegnanti e gli studenti, si apprende che la distanza comporta una mancanza. Attraverso la distanza c'è qualcosa che rimane incolmato e incolmabile. La distanza, infatti, non è in grado di riprodurre la "magia" che essi stessi (gli insegnanti e studenti) affermano essere qualcosa che, anche se non appartiene alla dimensione dell'ordinario, si produce sempre nel momento in cui si verificano certe condizioni. Per comprendere meglio ciò di cui stiamo parlando potremmo porci due sotto domande: che cosa vuol dire insegnare? Che cos'è una classe? Partiamo dalla seconda. Secondo il dottor Luca Curtoni partecipante della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, e insegnante di Filosofia e Scienze Umane: << il cosiddetto "gruppo classe", [...] è una realtà in continua trasformazione, rispetto alla quale il docente è chiamato a doversi proporre in modo docile e intelligente, non solo per la comprensione delle dinamiche agite, ma soprattutto per produrre interventi efficaci e rispettosi dei fragili equilibri che solo in minima parte traspaiono dai comportamenti manifesti >>.
Dunque una classe è un gruppo di persone, allievi, studenti. Kurt Lewin (1880-1947), psicologo tedesco pioniere della Psicologia Sociale, è stato il primo ad aver saputo offrire gli iniziali fondamentali strumenti per capire che cos'è un gruppo. Un gruppo non è la semplice somma dei membri che lo compongono ma qualcosa di più.
Wilfred Ruprecht Bion (1897-1979), psicoanalista britannico, figura di spicco della ricerca psicoanalitica, sviluppa la teoria di gruppi con l'opera cardine per il tentativo di studio dei rapporti che si istituiscono in qualsiasi formazione sociale e gruppale (Esperienze nei gruppi, 1961). secondo Bion, il gruppo è il prodotto di un'attività mentale.
Ebbene, con la didattica a distanza, il "di più" di Lewin e "l'attività mentale" di Bion, vengono meno e la classe collabisce sul piano di una semplice aggregazione di elementi. Lo schermo del pc, disposto nella modalità a mosaico, diventa lo specchio di una somma di solitudini, ed evidenzia lo scollamento tra la classe e l'insegnante.
Che cosa significa insegnare? Lo psicoanalista francese Jacques Lacan nel Seminario VIII afferma: <>. L'insegnamento deve fare posto al "corpo" dell'insegnante, mentre quella a distanza è una didattica che non contempla la presenza del corpo, se non in modo rigido, ingessato, incatenato a una posizione che non può entrare in dialettica con quella degli allievi. Se nella didattica tradizionale il corpo viene ad occupare un posto centrale, in quella a distanza, come sentenzia la parola stessa, il corpo resta lontano, inibito da un dispositivo che azzera ogni entusiasmo e spinta nei confronti dell'Altro.
Dunque insegnare significa fa passare qualcosa attraverso il proprio corpo, trasmettere, più che i contenuti dell'insegnamento, la passione, il desiderio, la curiosità di sapere e di conoscere qualcosa. Nonchè la passione che deriva dallo stare insieme, dal condividere nuovi saperi e nuove esperienze. Da un giorno all'altro non è più possibile far lezione camminando tra i banchi e vivere la scuola come un luogo che possa salvaguardare la contingenza dell'incontro, in virtù del quale il desiderio del docente, riesce ad accendere quello dei discenti dal lato delle loro singole particolarità. Il buco nel quale la scuola è sprofondata perché privata del suo dispositivo tradizionale, lo smarrimento in cui si è venuto a trovare il mondo della scuola, ha permesso di capire qual è il quid che innesca il virtuosismo dell'insegnamento. Ebbene, la didattica a distanza sacrifica tutto questo. Quella "magia", che tanto manca ad insegnanti e studenti; nella didattica a distanza, perde la sua forma particolare, la sua contingenza, facendoci cadere nel sonno routinario della normalità, e rendendo impossibile, i nostri, singolari, slanci più creativi. Abbiamo bisogno di un risveglio, dunque. Lo scrittore francese Daniel Pennac sostiene: << forse è questo insegnare: fare in modo che a ogni lezione scocchi l'ora del risveglio >>.
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