La peer education, pur essendo nella sua semplicità presente in molte interazioni del quotidiano, si è affacciata a reale e pieno titolo di metodologia sul mondo dell’educazione in quest’ultimo ventennio ed in particolare nella realtà italiana in questi ultimi anni (Boda 2001).
Shiner (1999) afferma che il termine "peer education", può essere visto come un termine "ombrello" sotto il quale sono compresi tutta una serie di approcci diversi; al fine di distinguere adeguatamente tra questa varietà dovrebbero essere fatte chiare considerazioni sui temi seguenti: 1) cosa si crede essere costitutivo della "peerness" (dell'essere un pari, dell'appartenere ad un gruppo di pari); 2) gli obiettivi degli interventi e i metodi grazie ai quali si pensa di poter lavorare; 3) la natura del " peer involvement ", cioè del coinvolgimento del peer nell’intervento.
La peer education è un metodo educativo in base al quale alcuni membri di un gruppo vengono responsabilizzati, formati e reinseriti nel proprio gruppo d’appartenenza per realizzare precise attività con i propri coetanei (Boda, 2001).
Con tale metodo si implementa la comunicazione mirata tra coetaneo e coetaneo, che nasce dall’incontro tra dinamiche relazionali spontanee del gruppo e l’azione educativa dei coetanei opportunamente formati; la peer education promuove l’instaurarsi di un rapporto di educazione reciproca, riduce la differenza fra sé e gli altri mediante modalità relazionali dirette e l’uso di un linguaggio comune, consente il passaggio da una comunicazione unidirezionale e centrata sul ricorso all’esperto ad una comunicazione bidirezionale e circolare caratterizzata dal libero accesso alle informazioni. A tal proposito sono stati individuati 3 modelli di educazione fra pari: PURO (interventi formativi brevi-peer educator e tematiche di lavoro scelte dagli adulti-formazione di tipo addestrativi/informativi); MISTO (fase formativa breve-sviluppo del protagonismo dei peer educator con criteri variabili per l’individuazione degli stessi-fase realizzativa svolta dai peer); EMPOWERED (dialogo fra competenze degli adulti e dei ragazzi-peer educator e tematiche scelte dai ragazzi che sono protagonisti in ogni fase di lavoro). Da adolescenti destinatari dell’intervento o solamente addestrati a condurlo a adolescenti ideatori e realizzatori autonomi delle proprie iniziative (Pellai, Rinaldin, Tamburini, 2002).
Alcuni principi della peer education sono rinvenibili nella teoria di Piaget, laddove si confida che l’interazione tra pari durante l’apprendimento sia utile nei processi di costruzione intellettiva e che ciò sia favorito dalla comunanza di linguaggio, dall’immediatezza di comunicazione e dal desiderio di amicizia e nella teoria di Vygotskij, il quale sottolinea che la comunicazione tra pari permette di interiorizzare processi cognitivi impliciti nelle interazioni e fornisce nuovi pattern che influenzano il pensiero individuale, ponendo enfasi sulla cosiddetta “zona di sviluppo prossimale”.
Fortemente legato alle tematiche del benessere sociale, come l'uso di droghe e di anticoncezionali, gran parte del richiamo della peer education è dovuto al fatto che essa pone le sue radici in un processo che spontaneamente viene messo in atto e tramite il quale i giovani imparano diverse cose l'uno dall'altro come parte della loro vita di tutti i giorni (Milburn, 1995; Miller e MacGilchrist, 1996).
Gli interventi "peer" hanno sviluppato un orientamento più cognitivo e hanno fatto propri degli approcci più "neutrali" alla prevenzione; questo approccio infatti, tende verso un punto di vista sub-culturale che è quello dei giovani, al fine di diventare, per loro, una fonte di indipendenza, identità e riconoscimento di sé (Shiner, 1999). Ad esempio negli anni settanta, sul territorio statunitense, vennero organizzati interventi di peer education al fine di stimolare nuove strategie di coping e sviluppare life skill. Questa forma riveduta di peer education vantava da una parte le tradizionali basi teoriche, dall’altra l’integrazione con la teoria dell’apprendimento sociale di Albert Bandura, rendendosi così portavoce di un apprendimento sociale basato sull’imitazione e sulle dinamiche interpersonali (Boda, 2001). Proprio Bandura (1977) costruisce la sua teoria sociocognitiva sul principio del “determinismo reciproco triadico”, affermando che la personalità è un sistema aperto, frutto di un’interazione tra ambiente, caratteristiche individuali e comportamento. Secondo questo principio (Bandura 1982; 2000) le persone possono determinare il proprio funzionamento sociale tramite meccanismi d’autoregolazione e tra questi spicca il senso di autoefficacia, che permette ad una persona di rendersi “agente” della propria vita. La self-efficacy quindi è alla base del concetto di coping efficace nei confronti delle nuove sfide, problemi o eventi critici della vita (Caprara, 2001). Analogamente anche il concetto di empowerment (Rappaport, 1981; Francescato, Ghirelli, 2000) esprime l’accrescimento della possibilità dei singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita. Un percorso essenziale del cambiamento è l’empowerment (Levine, Perkins, 1987) nella forma di aumentato accesso alle risorse per le persone a rischio: l’informazione (conoscere strategie necessarie per adattarsi all’ambiente) e l’organizzazione sociale (maggiore coinvolgimento e partecipazione nel definire problemi o nel prendere decisione). A livello metodologico l’empowered peer education si configura come modello flessibile e dinamico in cui i “pari scelgono i pari” e i ragazzi individuano autonomamente il tema di promozione della salute che vogliono sviluppare, assumendosi direttamente la responsabilità delle azioni che intendono realizzare (Pellai, Rinaldin, Tamburini, 2002).
Secondo Tobler (1986), il termine "peer education" è usato soprattutto per descrivere l'educazione ai giovani fatta dai giovani.
La peer education si mostra dunque come uno strumento innovativo e alternativo, comprensivo della possibilità di un miglioramento nel rapporto insegnante-allievo e “ciò comporta per gli insegnanti il dovere di accompagnamento dei giovani, non solo nel mondo della cultura ma nella vita della scuola e della società organizzata per facilitare i percorsi, evitare gli insuccessi, rafforzare le motivazioni alla crescita” (Carta Europea di Roma, 1994). Svenson (1998) riporta che ciò che è di fondamentale importanza nella peer education è il coinvolgimento degli individui, attuabile grazie a spiegazioni chiare sia sulla teoria che sulla pratica. Il coinvolgimento mira ad aumentare la motivazione alla partecipazione nella scelta degli obiettivi e delle azioni, ossia al goal setting, (tecnica di gestione delle risorse del gruppo) e allo sviluppo delle risorse personali adeguate all’obiettivo tramite feed-back, supporti ed incentivi.
ALCUNI INTERVENTI DI PEER EDUCATION
La nuova scuola richiede agli insegnanti una profonda trasformazione al fine di creare un nuovo rapporto con gli studenti, con le famiglie e con i colleghi; nello stesso tempo ciò che è richiesto agli studenti è un maggior coinvolgimento nelle attività proposte e un innalzamento del livello di partecipazione. Si passa quindi da apprendimento per trasmissione (passivo) ad apprendimento per esperienza (attivo), da scuola come luogo di crescita esclusivamente culturale a luogo di crescita interiore e personale. Giovannini (1996) afferma che la qualità dell’interazione insegnante-studente, nelle sue dimensioni simboliche, affettivo-emotive, cognitive, formali ed informali, influenza la motivazione, gli atteggiamenti ed i comportamenti dei protagonisti del rapporto.
E’ necessario dunque sviluppare un’ottica multidisciplinare e un’integrazione di competenze nell'educazione sanitaria e nella prevenzione tout court poiché, proprio quest’ottica, è al tempo stesso prerequisito e risorsa fondamentale per la creazione e la realizzazione di interventi efficaci (Pellai, 1997).
Nel 1997 l’Unione Europea ha promosso la realizzazione del progetto Europeer, rivolto ai giovani dai 14 ai 19 anni, per diffondere le metodologie della peer education nei diversi stati con l’obiettivo di prevenire i disagi e promuovere la salute. L’università di Lund, Svezia, ha confermato i buoni risultati ottenuti con il peer tutoring, sottolineando però che la maggior efficacia è ottenuta quando sono coinvolti anche insegnanti di sostegno al progetto.
Nelle scuole della Provincia di Cremona (1999) è stata avviata la sperimentazione, prima in Italia, di un'attività didattica che si avvale delle strategie metodologiche della peer education volte a rendere i giovani protagonisti del processo formativo e coadiutori dei docenti nella vita scolastica. Le tematiche oggetto del coinvolgimento dei giovani riguardano l'attuazione dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti, l'educazione alle diversità, le simulazioni di situazioni professionali, i miglioramenti del clima in classe, la prevenzione del disagio, la prevenzione delle tossicodipendenze. Il progetto ha coinvolto quasi tutte le Scuole superiori statali e non statali ed ha ottenuto la collaborazione degli Enti Locali e istituzionali del territorio. Studenti, Docenti e Presidi delle scuole interessate hanno rilevato miglioramenti nel clima classe, nella motivazione e nell'apprendimento.
Il "PROGETTO PEER EDUCATION e LIFE SKILLS" ha previsto, per l'anno scolastico 2001/2002, un intervento in una classe terza del liceo scientifico statale F. Cecioni di Livorno. Il progetto si è articolato in due moduli collegati tra loro dal tema della comunicazione vista come mezzo relazionale affettivo e come conoscenza e ampliamento delle proprie competenze nell'ambito dei nuovi linguaggi.
Nelle classi seconde e terze il progetto del liceo scientifico statale G. Marconi di Milano, ha coperto due anni scolastici, 1999-2000 e 2000-2001. Durante l’anno scolastico 1999-2000, ha prevalso la formazione degli insegnanti tutor e dei peer educator in un primo tempo, poi la progettazione (200-2001), singolarmente in ogni classe, di nuove metodologie per migliorare la comunicazione intraclasse.
Nel 2001 ad Ascoli Piceno il progetto “Spazio adolescenti” ha cercato di attivare una struttura in grado di rappresentare un punto di riferimento riconosciuto per le generazioni giovanili del territorio per la promozione della salute, in particolar modo per affrontare le problematiche relative al rischio e al disagio nell’età dell’adolescenza. Le risorse destinate ad operare direttamente all’interno della struttura sono gli specialisti ASL assegnati allo spazio adolescenti e gli “Adolescenti team leader”, arruolati all’interno degli istituti scolastici del territorio, in seguito all’attivazione di programmi di educazione tra pari sviluppati parallelamente al processo di costituzione dello Spazio Adolescenti; è bene sottolineare che il coinvolgimento di giovani team leader, rappresentanti qualificati dell’utenza potenziale, è uno dei fattori strategici per costruire il consenso fra le giovani generazioni intorno alla struttura dello Spazio Adolescenti. Il progetto ha avuto per finalità la formazione del personale coinvolto, diversificata per gli operatori dello Spazio Adolescenti e per i peer educator, l’attivazione degli interventi di peer education in due scuole pilota, con l’intervento di formatori e peer educator esterni, l’individuazione e formazione di un gruppo di “teste di serie” incaricati a dare continuità agli interventi nelle scuole e ad affiancare gli operatori nella struttura dello Spazio Adolescenti ed infine la realizzazione della campagna promozionale dello Spazio Giovani, ideata e condotta dai ragazzi, al fine di coinvolgere, negli anni successivi, le altre scuole superiori del territorio.
Già da alcuni anni l’associazione Contorno Viola di Verbania, con il contributo delle istituzioni locali, progetta e realizza interventi di informazione/formazione sulla prevenzione dell'AIDS e delle malattie sessualmente trasmissibili (MST), destinati in particolare agli studenti delle scuole medie superiori della provincia. L’associazione ha ritenuto dunque importante, accanto alla valutazione dell’efficacia degli interventi rispetto alla percezione della sessualità e delle MST, focalizzare l’attenzione sull’impatto e sul significato che siffatti interventi possono avere sul gruppo classe, nell’influenzarne le dinamiche e nello stimolarne le potenzialità come luogo di formazione e trasmissione di cultura e di esperienze positive. Il PROGETTO DI RICERCA, sviluppato con un'indagine qualitativa ad approccio socioculturale, ha previsto due momenti di rilevazione: una prima fase diagnostica, realizzata prima degli interventi dei peer educator nelle classi, dall’altra una fase catamnestica, realizzata dopo gli interventi stessi. L'obiettivo generale è quello di trasmettere ai ragazzi una seria informazione sulla prevenzione delle MST, con particolare attenzione alla profilassi, fornendo una base culturale/cognitiva indispensabile e propedeutica alla prevenzione stessa e stimolando le potenzialità della classe come gruppo dei pari.
METODOLOGIA
Il progetto era rivolto a adolescenti appartenenti al biennio di una scuola media superiore romana ed aveva come obiettivi l’informazione e l’attivazione dei ragazzi in merito alle seguenti tematiche: uso di contraccettivi, uso/abuso di sostanze stupefacenti (in particolare ecstasy), comunicazione e struttura relazionale. Nella prima fase, si è data la possibilità alle classi (dalle due alle quattro ogni sabato) di scegliere ed interagire con uno o più stand, organizzati dai peer educator, a loro proposti:
Stand questionario-volantino (che offriva un questionario da compilare e materiale cartaceo da conservare e da consultare) ;
Stand discussione (aveva lo scopo di stimolare la classe alla discussione di un argomento di loro interesse);
Stand musica (che offriva l’opportunità sia di campionare musica tramite computer e l’aiuto di un D.J., sia di parlare d’argomenti vari);
Stand internet (proponeva la visione di pagine WEB riguardanti l’uso di sostanze psicotrope);
Dalle giornate così impiegate, sia dal gruppo discussione che dai piccoli sottogruppi formatisi allo stand della musica, nonchè dall’analisi dei questionari, furono tratti i seguenti argomenti:
Rapporti sessuali ed uso di contraccettivi;
La dannosità delle sostanze e richieste di informazioni sulle droghe;
Problemi familiari ed influenza sull’uso di sostanze;
Caratteri deboli o influenzabili;
Spaccio droga all’interno dell’istituto;
Coesione classe e rapporto difficoltoso con i professori.
La seconda fase si è articolata in tre incontri nei quali i peers sono andati direttamente dai ragazzi, entrando nelle loro classi e quindi nello spazio comune condiviso dagli studenti dell’istituto; ogni gruppo di peers ha cercato di instaurare un rapporto più diretto ed immediato. Le modalità di conduzione hanno mantenuto uno spirito dinamico e adattivo a seconda del contesto classe (dispersione o coesione), favorendo un atteggiamento diretto e metacomunicativo da parte dei peers, basato maggiormente sugli aspetti relazionali.
I peers hanno svolto dunque la funzione di facilitatori della comunicazione, pur dovendo gestire un contesto spaziale e relazionale ereditato dalla didattica scolastica; dal canto loro, i ragazzi hanno accolto con vivo piacere la possibilità di fruire di uno spazio in movimento, lasciandosi di conseguenza stimolare da curiosità, spontaneità e spirito di iniziativa.
La valutazione finale dell’intervento è stata quindi sviluppata attraverso un follow-up teso a verificare la permanenza delle informazioni che erano state trasmesse “dai ragazzi ai ragazzi” attraverso il canale peer-to-peer, per misurare l’efficacia e l’efficienza ovvero per dimostrare la validità dell’intervento stesso.
-IPOTESI DI RICERCA
L’ipotesi principe in quest’analisi è senz’altro costituita dalla dimostrazione che dopo il primo incontro svolto con gli stand, quindi con la divulgazione di materiale informativo (cartaceo e telematico), e l’integrazione con l’incontro svolto con le singole classe in aula, si possa osservare una inflessione positiva nel numero e nella qualità delle conoscenze espresse dai soggetti che hanno partecipato al programma di prevenzione stesso. In materia di “Stupefacenti” dovrebbe emergere una maggiore consapevolezza su ciò che sono e da che cosa sono costituiti, in materia di “Contraccettivi” sulle malattie che prevengono e sull’utilizzo che se ne fa nonché sulle MST, e, in merito al concetto di “Comunicazione”, quale sia il significato “relazionale” e quali atteggiamenti siano particolarmente comunicativi. In aggiunta a questi dati, saranno esplorate anche le risposte fornite ai questionari a livello qualitativo, verificando eventuali differenze fra genere, età, preferenze individuali espresse in merito al programma, canali informativi privilegiati, uso di contraccettivi e/o di sostanze psicotrope.
-CAMPIONE
L’intero campione si compone di 144 soggetti di cui 123 maschi e 21 femmine, con un’età media di 16 anni. Su questo campione sono state svolte tutte le rilevazioni di carattere qualitativo e descrittivo. Per quanto riguarda invece la verifica degli argomenti appresi, come espressa dagli item dicotomici descritti successivamente, si sono scelti 45 soggetti randomizzati fra i 144 iniziali che componessero il gruppo sperimentale, ed altri 45 soggetti, provenienti dalle medesime classi, che componessero il gruppo di controllo.
-PROCEDURA
Lo strumento utilizzato è suddiviso in cinque aree:
Dati Anagrafici: per mantenere l’anonimato dei soggetti, condizione che elicita sincerità negli individui stessi (Boncori, 1993): età e sesso di appartenenza.
Valutazione Intervento: comprensiva di 23 domande nelle quali si è chiesto ai soggetti di dare un giudizio di interesse esprimendo le proprie preferenze in merito all’intervento, ai temi che hanno preferito trattare, alle informazioni che hanno condiviso con i compagni ed alla percezione dell’efficacia dell’intervento stesso.
Comunicazione: comprensiva di 9 domande, di cui 6 dicotomiche di tipo Vero-Falso, che stimolano il soggetto ad esprimere una preferenza in merito alle tecniche utilizzate dai peer educator nell’intervento, misurando anche la comprensione ed il ricordo che i ragazzi hanno delle tecniche stesse e il grado di acquisizione delle conoscenze in merito al significato relazionale della parola “comunicare”.
Stupefacenti: comprensiva di 10 domande, di cui 3 dicotomiche di tipo Vero-Falso, che hanno l’obiettivo di misurare quali e quante informazioni trasmesse sono entrate a far parte della conoscenza acquisita dei ragazzi stessi.
Contraccettivi: comprensiva di 8 domande, di cui 5 dicotomiche di tipo Vero-Falso, che, come sopra, hanno l’obiettivo di misurare il livello di conoscenza e di informazioni che sono riuscite a permanere nel bagaglio di conoscenze dei ragazzi.
Questo strumento è stato somministrato, a distanza di un anno circa, sia a coloro che avevano partecipato al programma preventivo, che andranno a costituire il GRUPPO SPERIMENTALE, sia a coloro che, per diverse ragioni, non avevano partecipato, il GRUPPO DI CONTROLLO.
-STATISTICHE
Sulla base delle ipotesi di ricerca sono state, per i diversi obiettivi, sviluppate diverse statiche:
-CHI2: per indagare la distribuzione delle risposte qualitative ovvero la probabilità che gli scostamenti delle frequenze osservate dalla media delle frequenze attese per ogni singola domanda siano dovuti al caso, oppure alla presenza di un’associazione significativa fra le variabili in oggetto (Gallucci, Leone, Perugini, 1999).
-ANOVA ad UNA VIA PER CAMPIONI INDIPENDENTI: come già anticipato nella descrizione del campione, ci siamo serviti di due gruppi, sperimentale e di controllo, per vedere se emergevano differenze significative fra le medie calcolate sui punteggi ottenuti dalle risposte Vero-Falso.
RISULTATI
Prima di entrare nel merito dei risultati ottenuti non si può far a meno di considerare che la diversa età presentata dai soggetti, cioè 15, 16 e 17 anni, trascina con se altre variabili come modelli culturali o tipo di esperienza, che comportano al disegno di ricerca una variabile composita o differenziale tale che i risultati dell’analisi, pur rimanendo identica la tecnica, debbano essere anche e soprattutto interpretati in termini descrittivi. Inoltre, il tempo del follow-up pari ad un anno, se da una parte può attestare l’effettiva permanenza delle informazioni, dall’altra si presta ad essere influenzato profondamente da altri eventi o altri canali informativi che, proprio in quell’arco di tempo, sarebbero potuti intervenire a favore/sfavore delle conoscenze globali mostrate dai soggetti. Tuttavia i risultati ottenuti possono comunque mostrarsi coerenti con le ipotesi iniziali di ricerca.
Per quanto riguarda l’area “contraccettivi” si è evidenziata una differenza significativa: appartenere al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo genera quindi differenze significative nei punteggi osservati nell’area contraccettivi; proprio da quest’ultimi si evince che in una certa misura i soggetti del gruppo sperimentale mostrano una maggior conoscenza, in termini di risposte corrette fornite, nell’ambito degli anticoncezionali e delle MST, rispetto ai soggetti del gruppo di controllo.
Per quanto riguarda l’area “stupefacenti”, contrariamente a quanto atteso, le medie non risultano significativamente differenti dall’analisi della varianza, esprimendo quindi l’indipendenza della variabile punteggio rispetto alla variabile appartenenza; in altre parole l’appartenenza al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo non ha un effetto significativo sui punteggi riportati nell’area delle conoscenze sugli stupefacenti.
Per quanto riguarda l’area “comunicazione” si rileva nuovamente una differenza significativa: coloro che non hanno partecipato all’intervento, cioè i soggetti del gruppo di controllo, hanno avuto maggiore occasione di sbagliare non avendo avuto modo di discutere durante gli incontri su ciò che significa “comunicazione”; al contrario i soggetti del gruppo sperimentale, essendo anche la tematica di facile trattazione, non hanno avuto grandi difficoltà ad individuare le risposte giuste, ottenendo quindi più frequentemente alti punteggi. Le medie ottenute sono dunque significativamente differenti e differiscono proprio in funzione dell’appartenenza dei soggetti al gruppo che ha partecipato all’intervento piuttosto che a quello che non ha partecipato.
In relazione ai dati qualitativi ottenuti, calcolati sul campione composto da 144 soggetti, si sono evidenziate alcune differenze significative:
Età*Quale dei 2 momenti di incontro hai preferito (c2=9,05, gdl=2, p<.01): il 52% del campione ha preferito l’incontro svolto direttamente in classe, in particolar modo i ragazzi di 17 anni, la cui quota è pari al 18% della porzione sopraccitata; gli studenti di 16 anni sono equamente distribuiti, con il 21% sia per la prima parte dell’incontro che per la seconda; i ragazzi di 15 anni invece hanno scelto per il 19% la prima fase;
Genere*Hai parlato in famiglia degli incontri fatti a scuola (c2=7,54, gdl=1, p<.01): il 60% dei ragazzi non ha riportato in famiglia l’esperienza vissuta; nello specifico 80 maschi su 123 non hanno parlato degli incontri svolti mentre, 2/3 delle studentesse, ne hanno discusso in famiglia;
Genere*Pillola (c2=5,36, gdl=1, p<.05): il 63% degli studenti conosce la pillola anticoncezionale: a non conoscerla sono 3 femmine su 21 e ben 50 maschi su 123;
Genere*Fai uso di anticoncezionali (c2=9,13, gdl=1, p<.001): più della metà del campione, 54%, fa uso di anticoncezionali; tuttavia sono maggiormente le femmine a non farne uso (76%) rispetto ai maschi (40%); è bene però puntualizzare che nel 46% di coloro che non ne fa uso sono compresi anche gli studenti che non hanno ancora avuto rapporti sessuali completi;
Quale dei 2 momenti di incontro hai preferito*Ora nelle assemblee riuscite a discutere dei problemi della classe (c2=7,54, gdl=2, p<.05): il 44% dei soggetti sostiene che l’atmosfera delle assemblee di classe sia migliorata; di questa percentuale il 60% ha preferito gli incontri svolti durante la prima fase. Il 34% del campione invece afferma che nulla sia cambiato ed il 65% è dato da coloro che hanno preferito gli incontri della seconda fase;
Quale dei 2 momenti di incontro hai preferito*Quali di queste tecniche hai preferito (c2=8,61, gdl=3, p<.05): il gioco dei segreti (53%) ed il circle-time (23%) sono tecniche preferite a prescindere dalla preferenza data a uno dei due momenti del programma preventivo; al contrario, la simulata (14%) è stata scelta più frequentemente dai soggetti che hanno preferito la prima fase, il brainstorming (10%) da coloro che hanno scelto la seconda fase. Un motivo per tale differenza significativa è rintracciabile nel fatto che il gioco dei segreti e il circle time sono tecniche presentate in entrambi i momenti, al contrario, brainstorming e simulata hanno avuto priorità nella seconda fase;
Durante gli incontri ti sono state fornite informazioni che non conoscevi*Le hai condivise con i tuoi amici (c2=3,99, gdl=1, p<.05): il 62% dei soggetti ha condiviso con gli amici le conoscenze acquisite durante gli incontri, rendendosi in tal modo peer educator e, di questa quota, ben il 74% sostiene di aver ottenuto nuove informazioni; coloro che hanno ricevuto informazioni approfondite o nuove, hanno più frequentemente deciso di condividerle con il loro gruppo di pari rispetto a coloro che affermano di non aver ampliato il loro bagaglio di conoscenze.
Hai parlato in famiglia degli incontri fatti a scuola*Le hai condivise con i tuoi amici (c2=4,10, gdl=1, p<.05): tra i soggetti che hanno parlato degli incontri con la propria famiglia, 40%, è presente una differenza significativa, poiché una quota pari al 72% ha condiviso le nuove conoscenze con gli amici, differentemente dal 28% che non lo ha fatto. La differenza è meno netta tra coloro che non hanno parlato con la propria famiglia, 60%,: hanno condiviso i nuovi saperi per il 55% contro il 45%;
Hai parlato in famiglia degli incontri fatti a scuola*Da chi hai avuto informazioni sulla droga (c2=15,57, gdl=4, p<.001): il 47% dei soggetti ha ottenuto informazioni attinenti alla droga dai compagni di classe o dagli amici: 51/68 ha scelto di non parlare con la famiglia degli incontri avvenuti, contro il 17/68 che l’ ha fatto. 20/35 che hanno ricevuto informazioni dalla famiglia ha condiviso con questa l’esperienza degli incontri; dei 16 soggetti che hanno ricevuto informazioni dai peer, solo 6 ne ha parlato con il nucleo familiare; pare dunque che coloro che hanno ricevuto informazioni da adulti sono stati poi propensi a riportare in famiglia l’esperienza degli incontri, rispetto a coloro che invece hanno costruito le loro conoscenze grazie ai pari;
Durante gli incontri ti sono state fornite informazioni che non conoscevi*Da chi hai avuto informazioni sulla droga (c2=14,23, gdl=4, p<.01): dei 68 soggetti che hanno ricevuto informazioni sulle droghe dagli amici, ben 52 sostengono di aver recepito durante gli incontri informazioni che non conoscevano; così anche tra i 35 ragazzi che sono stati informati dalle famiglie, 23 hanno ottenuto nuove informazioni dai peer. Unica eccezione è costituita dalla categoria mass-media: dei 22 ragazzi che hanno fatto ricorso a giornali e T.V. per informarsi, solo 8 hanno migliorato le proprie conoscenze durante l’intervento.
CONCLUSIONI
In linea generale, dopo un’attenta disamina dei risultati, possiamo dire che in merito ai contraccettivi i due campioni presentano medie significativamente differenti: i soggetti del gruppo sperimentale hanno avuto in generale performance migliori di quelle del gruppo di controllo. I ragazzi appartenenti al gruppo sperimentale vantano, a livello di risposte corrette, una padronanza maggiore dei metodi contraccettivi, di informazioni attinenti al virus dell’H.I.V ed alle MST. Anche nell’area comunicazione le medie dei due campioni si discostano in modo significativo; in quest’area il gruppo sperimentale ha ottenuto punteggi nettamente superiori a quelli del gruppo di controllo. Tale risultato conferma che coloro che hanno partecipato all’intervento possiedono una maggior conoscenza delle abilità comunicative e relazionali, grazie anche alle nozioni e all’esperienza ottenuta durante gli incontri. Nel corso dell’intervento, infatti, si è offerto ai ragazzi sia un repertorio di tecniche grazie alle quali facilitare la comunicazione, circle time e brainstorming ad esempio, sia esempi concreti di come gestire discussioni in classe, costruendo con loro gruppi di dibattito. L’intervento in questione pare quindi che abbia prodotto risultati positivi: gli studenti, in buona parte, desidererebbero avere nuovi incontri con i peer. Anche i dati qualitativi confermano che gli adolescenti vivono un periodo di transizione ricercando all’interno del loro gruppo di pari un sostegno per completare le fasi di crescita: anche in questo caso si evidenzia come l’intervento abbia avuto un ruolo centrale nella presa coscienza di questi bisogni. In aggiunta è stato possibile osservare come, nello specifico, coloro che hanno ricevuto informazioni nuove, hanno più frequentemente deciso di condividerle con il loro gruppo di pari trasformandosi a loro volta in peer educator.
E’ utile quindi offrire servizi di tal genere agli adolescenti, concedere cioè un’esperienza in grado di aiutarli a crescere con corrette informazioni, insegnando loro nel contempo l’importanza della comunicazione e del confronto, cercando di far leva sulla mutua influenza e sul reciproco scambio di informazioni e di conoscenze utilizzano proprio il canale peer-to-peer. Potenziare le risorse presenti in ogni ragazzo significa aiutarlo a fare un piccolo passo nel suo futuro; formare informando permette di ottenere un’equa panoramica delle chance a disposizione per crescere in libertà.
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