IT di Stephen King è un romanzo che si può leggere su molti piani, secondo me è interessante, perché c’è una trama esplicita, ma chi lo legge, in parallelo, ne ricava una sua personalissima interpretazione. Può esser letto come una storia sullo sviluppo, come un thriller, come una parabola filosofica, forse molto altro.
Chi ha letto IT sa che il principale antagonista è ben più di un pagliaccio, viene descritto dall’autore come una forza universale malvagia in sé. E’ un’entità polimorfa e il pagliaccio è il modo migliore per attentare alla vita dei bambini, i suoi bersagli preferiti.
L’altra forma, maggiormente inflazionata, è il ragno, simbolicamente la paura, nel nostro contesto sociale. Nel suo polimorfismo IT utilizza le sue svariate forme per attrarre e poi disorganizzare le sue prede, assume le rappresentazioni mentali delle angosce delle persone, ciò che simbolicamente racchiude elementi critici della vita di quella specifica persona. Se osserviamo il rapporto fra IT e ognuno dei protagonisti, possiamo infatti, più o meno agevolmente, avere uno “zoom” su certi aspetti portanti della loro personalità.
Lo “zoom” che volevo proporre io, però è sulla dinamica del gruppo dei ragazzi perseguitati dal clown in reazione al clown stesso. E’ proprio qui che si arriva al tema del social sharing!
Il gruppo dei ragazzi si unisce durante una situazione di gioco: la costruzione di una piccola diga. Quasi subito però il gruppo diventa, per ciascuno dei ragazzi, un porto franco dagli attacchi di IT. Il clown tendenzialmente li attacca quando sono da soli, la sua strategia è demoralizzarli, vessarli e far sì che perdano la speranza in sé stessi e soprattutto negli altri. Inizialmente il gioco del clown ha un certo effetto, i ragazzini sono sempre più terrorizzati e si tengono dentro le loro angosce.
Ad un certo punto però la situazione cambia, il leader del gruppo, nonostante abbia il timore che gli altri lo ritengano folle, ha il coraggio di raccontare gli incontri assurdi e terrorizzanti che sta facendo con la sua personalissima rappresentazione del clown. Gli altri ragazzi del gruppo immediatamente trasaliscono: tutti loro, nonostante lo abbiano chiamato in altro modo e lo abbiano visto sotto altre sembianze, hanno avuto esperienza del clown persecutore. Il gruppo quindi si stringe attorno al suo capo e dichiara guerra al clown. Ciò che accade nel “gruppo dei Perdenti” (si chiamano così) è un fenomeno molto umano di dinamica gruppale chiamato social sharing.
L’uomo ha la capacità di verbalizzare un contenuto interiore angoscioso e di ricavare dalla condivisione stessa un incrementare delle proprie risorse interiori, per affrontare la sua angoscia o il suo personale malessere. E’ un dato evolutivo umano che in una relazione possiamo trovare il placarsi delle angosce o addirittura la risoluzione di determinati problemi. Il linguaggio, strettamente intersecato con le nostre idee, si è sviluppato nell’uomo proprio per questo motivo! Per condividere contenuti personali sempre più astratti e trovare risoluzioni insieme.
IT in questo caso è l’angoscia personale, tutti questi ragazzini hanno delle storie decisamente complesse da elaborare singolarmente. Le forme simboliche che l’entità malefica assume sono la rappresentazione del problema personale. Il clown è il lessico condiviso, un codice ideo-linguistico comune che rende possibile l’essere compresi appieno qualora si debba condividere la propria esperienza angosciosa con altri. La vicinanza fisica a Bill, il capo, è fondamentale.
E’ lui l’elemento addensante del gruppo, quello che attraverso il suo coraggio trasforma i singoli elementi in qualcosa che va al di là dell’identità di ciascuno di loro, delle cose che hanno un senso solamente se vissute collettivamente: li trasforma in passatempi, in giochi, in rituali e in un’arma. Stando insieme creano delle armi (armi vere e proprie), queste, però hanno un senso solo giacché loro le hanno caricate dei loro significati, quelli che hanno costruito con la loro alleanza, stando insieme e soffrendo insieme. L’autore, secondo me, passa il concetto che le angosce peggiori da soli vengono subite, ma possono essere combattute, anche concretamente, se sono condivise con delle persone per noi importanti.
Una volta che IT è stato sconfitto, i ragazzi, quasi come per magia, perdono la memoria del loro gruppo, come se questo fosse passato in secondo piano, come se la loro attenzione non fosse più lì, ma si fosse spostata su altri aspetti della loro vita, più caratteristici di un'esistenza da adulti. I mostri erano stati scacciati, l’alleanza quindi si era dissolta.
Il male che trova personificazione nei mostri che questi ragazzi si son portati dentro, alla fine è stato quello che ha determinato la loro amicizia.
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