Gestalt Therapy: Terapia esperienziale a mediazione (anche) corporea.

L’esperienza è, nella Psicoterapia della Gestalt, un processo unitario in cui aspetti mentali, emotivi e corporei co-emergono: la co-emergenza consente un contatto pieno con sé stessi e con la realtà. La persona si sente viva e presente e la sua esperienza ha la qualità dell’immediatezza.

L’esperienza è, dunque, sempre (anche) corporea. Quando definiamo l’esperienza come “corporea” commettiamo un errore che accettiamo per motivi di analisi e come se stessimo guardando con la lente di ingrandimento un aspetto del tutto.

La psicoterapia interviene laddove l’esperienza non riesce ad essere unitaria, diventa parziale e, per lo più, mentale. L’interruzione del contatto e la conseguente sua frammentazione sono visibili nei casi di impossibilità di accesso alla propria sensorialità e anche al mondo emozionale che ha sempre, tra l’altro, dei correlati somatici, di desensibilizzazione dell’esperienza corporea o di retroflessione dell’eccitazione per il contatto (Spagnuolo Lobb, 2013).

Reich, allievo di Freud presso il Circolo di Vienna, aveva per primo introdotto rivoluzionari cambiamenti all’interno del setting terapeutico, primo fra tutti l’attenzione al corpo del paziente e la presenza attiva del corpo del terapeuta all’interno della seduta. E’ evidente il salto rispetto al principio di non-intervento postulato dalla psicanalisi: “lo psicoanalista rispondeva alle resistenze del paziente in maniera passiva, ponendosi in una posizione di silente attesa e intervenendo solo con le interpretazioni” (Moselli, D’Amelio, 2008, p. 128).

Il focus dell’analisi e dell’intervento si sposta dai contenuti puramente verbali alle manifestazioni non-verbali, in primis alle tracce che la storia del paziente e le resistenze sviluppate per sopravvivere a tale storia hanno lasciato e sono visibili oggi nel suo corpo. Contemporaneamente, l’attenzione clinica e l’intervento terapeutico si spostano dal lì e allora del passato al qui ed ora del presente del paziente “nelle forme delle sue resistenze e dei blocchi osservabili a livello corporeo” (Moselli, D’Amelio, 2008, p. 129).

E’ con queste tracce corporee che Reich primariamente lavora, entrando in relazione diretta con il corpo del paziente, non solo osservandolo, ma toccandolo: propone tecniche di rilassamento, di massaggio, di rieducazione respiratoria, sostiene il paziente nella manifestazione psicomotoria di emozioni rimosse, usando la voce e la scarica energetica (Spagnuolo Lobb, 2013bis).

Il corpo diventa la sede dei processi psichici o, più precisamente, viene postulata un’identità funzionale tra psichico e corporeo, tra corazza caratteriale, ossia l’insieme organizzato delle difese del paziente, e corazza muscolare. Tale passaggio implica il superamento del primato della mente verso una visione integrata e olistica di psiche e soma, tipica anche della Terapia della Gestalt. Se abbiamo imparato a reprimere il pianto per sopravvivere, per non incorrere nel biasimo, per essere più graditi alle nostre figure di attaccamento, ossia alla madre e al padre, ciò è avvenuto non per mezzo di una difesa psichica, la rimozione, ma attraverso la partecipazione di tutta la nostra persona, dunque anche il corpo. Per esempio, abbiamo imparato a contrarre i muscoli attorno agli occhi che, irrigiditi, non rispondono più al tremore indotto dall’emozione del pianto: “E’ così che il corpo “dimentica” il pianto, devitalizzando i muscoli e rendendoli rigidi, laddove Freud ipotizzava la rimozione, un procedimento mentale” (Spagnuolo Lobb, 2013bis, p. 44).

E abbiamo perso la consapevolezza di tutto ciò, al punto, a volte, da non sapere nemmeno che siamo tristi.

Con Perls e con la Terapia della Gestalt il corpo continua ad essere centrale nel setting terapeutico, attingendo alle intuizioni e alla pratica di Reich (Naranjo, 2009). L’esperienza è di per sé stessa anche corporea: il corpo entra nel campo non solo come ulteriore livello di osservazione e analisi clinica, e come sede di impulsi di cui riappropriarsi (Reich, 1994), ma come veicolo di integrazione attiva. Il corpo racconta tutta la storia del paziente, ciò che è stato o non è stato possibile, le sue difese, le sue sofferenze: “l’esperienza corporea … include tutta l’esperienza del sé” (Spagnuolo Lobb, 2013bis, p. 50).

La resistenza che diventa sintomo è anche un adattamento creativo: ci racconta il dolore del paziente, ma anche le possibilità di cura, la tensione verso la risoluzione: “Ogni irrigidimento corporeo è un disturbo della funzione-es, ossia il corpo entra in contatto con l’ambiente con una spontaneità in meno” (S. Lobb, 2013, p. 50).

Ciò è vero anche per la voce, sia perché essa è l’esito di processi corporei e respiratorio-fonatori e, come tale, risente di irrigidimenti e blocchi nel corpo, così come dell’assenza di essi, sia come movimento creativo (non solo espressivo-catartico) che genera integrazione. Il fare attraverso il corpo o il dare voce in forma preverbale a vissuti emotivi bloccati piuttosto che a posizioni interne o sub personalità negate non è acting-out (o non solo), ma movimento creativo che genera integrazione. Ed è anche “ritorno a” o “nascita di” una dimensione di spontaneità che è un po’ come dire un recupero dell’essere.

Centrale è la fede nell’autoregolazione organismica[1], come tensione verso l’integrazione e il ripristino di uno stato di salute, attraverso movimenti creativi che sono corporei e reali o osservabili (azione, voce, drammatizzazioni, amplificazione delle sensazioni corporee, etc.) e interni, ossia emotivi e mentali. Tali movimenti, organismicamente autoregolati, sono autoriparativi, ossia una cura.

Così Naranjo descrive il creatore della Gestalt e la sua pratica terapeutica: [Perls] fu un maestro di quella sorta di navigazione interiore che avviene quando la persona è capace di immergersi nella propria esperienza e di affidarsi alla saggezza di un processo evolutivo naturale che entra in gioco nella misura in cui sappiamo confidare nella nostra spontaneità e integrità profonda” (Naranjo, 2009, pp. 16-17).

 

Bibliografia

Moselli P., D’Amelio B., 2008, Le intuizioni del corpo. Da Reich a Lowen, in Idee in psicoterapia, n. 1;

Naranjo C., 2009, Per una Gestalt viva, Astrolabio;

Spagnuolo Lobb M., 2013, L’emergere dell’esperienza somatica nel campo fenomenologico, in Quaderni di Gestalt, n. XXVI;

Spagnuolo Lobb M., 2013bis, Il corpo come “veicolo” del nostro essere nel mondo. L’esperienza corporea in psicoterapia della Gestalt, in Quaderni di Gestalt, n. XXVI.

 

[1] Naranjo definisce questa fede nell’autoregolazione organismica, centrale nella visione e nella pratica terapeutica di Perls prima e dello stesso Naranjo poi, come un moderno “dionisismo esistenziale” (Naranjo, 2009).

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