L'accadere della relazione come chiave del cambiamento in psicoterapia della Gestalt

Presupposto della psicoterapia della Gestalt  a orientamento fenomenologico esistenziale è che l’esistenza avviene solo attraverso l’altro: tutto quello che accade, accade esclusivamente nello spazio Io-Tu. In altri termini la realtà che ognuno di noi vive e sperimenta è fatta di relazioni, interdipendenze e configurazioni di queste relazioni, ed è attraverso esse che esistiamo, ci connotiamo e ci riconosciamo. Noi siamo effetto della relazione con l’altro.

Eppure questo aspetto relazionale, così basilare rispetto a quella che è l’esperienza dell’esistenza, spesso manca della giusta attenzione, perché semplicemente viene dato per scontato, per implicito, determinando così blocchi, difficoltà e impedimenti che possono nascere in qualsiasi esperienza esistenziale in cui ci sia un io e un tu e che manchi della giusta alimentazione.

Partendo da ciò, per poter star bene  nella relazione con noi stessi e con l’altro, è necessario innanzitutto essere autentici, nel senso di essere esperenzialmente e consapevolmente collocati dove si è, e non all’interno di situazioni che non abbiamo scelto sentendo la scomodità della propria posizione nel mondo.

In terapia dunque il cambiamento non si ottiene demolendo ciò che la persona fa, ma proponendogli di aggiungere qualcosa a quello che relazionalmente già si sa fare con l’altro, in modo tale da poter creare, all’interno del rapporto Io-Tu, una relazione sempre più autentica e che ci permetta di sentirci comodi con l’altro. Il lavoro va perciò nella direzione dell’aggiunta, dell’allargamento e dell’arricchimento, sviluppando e curando in particolar modo l’aspetto creativo di sé che ci permette di muoverci in accordo con il continuo movimento dell’esistenza ; ma per poter aggiungere ciò che innanzitutto risulta necessario è appoggiarsi e partire da quello che c’è, che va riconosciuto e valorizzato. Infatti, poiché ogni individuo è già pieno di personalissime conoscenze, competenze ed abilità, non ha senso partire da ciò che manca, ma scoprire appunto da quello che c’è stando ben attenti  a non cadere nella trappola di darsi per scontati o per impliciti. Aggiungere quindi, non riparare!

Così partecipare agli eventi vuol dire anche avere la possibilità di cambiare ciò che accade essendone partecipi, senza dovere necessariamente subire, stando dentro all’esperienza che altro non è se non l’accadere dell’evento relazionale, dove tutto ciò che succede ha a che fare con  lo spazio che sta in mezzo tra l’Io e il Tu. Ma, di rimando, lavorare per il cambiamento vuol dire anche lavorare sulla responsabilità individuale, che non ha nulla a che fare con concetti di bene o male e giusto o sbagliato,  quanto piuttosto con  l’abilità di rispondere consapevolmente  alla realtà restituendo qualcosa. La vita di ognuno d’altro canto è fatta di risposte continue, di interazione e reazione, ma ciò su cui la terapia deve portare il fuoco dell’attenzione per sviluppare la possibilità di scegliere responsabilmente è l’intenzione che sottende il nostro agire. L’intenzione altro non è se non un vissuto, e come tale fluido e in movimento, e può essere rivista e modulata se si è consapevoli di come ci si sente, di che effetto ci fa stare con l’altro in quello che si sta facendo. In quest’ottica l’intenzione fa completamente la differenza!

Prestando attenzione all’intenzione che ci muove diventa possibile così ridefinire gli obiettivi, che divengono a questo punto slegati nella loro realizzazione  da una pretesa nei confronti dell’altro che deve far qualcosa che noi vogliamo, quanto piuttosto realizzabili nel momento in cui ci si accorge della separazione tra l’Io e il Tu, e quindi della differenza dall’altro; divengono cosi possibili e realizzabili quegli obiettivi di cui siamo partecipi e responsabili.

Il senso della psicoterapia della Gestalt è quindi  non dare al paziente qualcosa, ma metterlo nella condizione  di scoprire qualcosa, attraverso un’esperienza differente di relazione con sé e con gli altri che diventa il ponte per scoprire modi nuovi e creativi e nuove qualità della relazione stessa,  accorgendosi che si è continuamente dentro un processo, e perciò dentro qualcosa di fluido e modificabile. Anche qui ciò che risulta fondamentale che la persona veda non è tanto cosa ha fatto, ma come lo ha fatto, passando dal pensiero del “perché” a quello del “come”.

In chiusura riporto quella che viene chiama “Preghiera della Gestalt” e che ben sintetizza gli aspetti fin qui trattati:

“Io sono io. Tu sei tu.

Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.

Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.

Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.

Se ci incontreremo sarà bellissimo;

altrimenti non ci sarà stato nulla da fare.”

 

L’esperienza è l’accadere della relazione, il come è la qualità, e la relazione è la dimensione Io-Altro;  in quest’ottica  il percorso psicoterapeutico diviene occasione di modellamento rispetto a quello che è possibile fare nel contesto della propria esistenza.

 

BIBLIOGRAFIA

Quattrini G.P.;  “Fenomenologia dell’esperienza”, Zephyro edizioni, 2007

Mazzei S.; L’approccio fenomenologico-esistenziale della terapia della gestalt nella pratica dell’indifferenza creativa , in Fenomenologia e Gestalt, Forme dell’intenzione, atti del congresso- da Formazione in psicoterapia, counselling, fenomenologia,n. 1/2003

Perls F.; Hefferline R. F.; Goodman P.; “Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento della personalità umana”; Astrolabio Ubaldini, 1997

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