Esperienza del Contatto → Terapia Gestalt

La Psicoterapia della Gestalt
Il valore dell’esperienza nel presente
Il concetto di nevrosi nella PdG
Contatto e resistenze (applicazione di una tecnica nel setting)


 “Ogniqualvolta la figura appare scialba, confusa, completamente priva di grazia e di energia (gestalt debole), questo è dovuto a una mancanza di contatto, a un determinato blocco nella situazione ambientale, all’impossibilità a esprimersi di qualche vitale bisogno organico” (Perls, Hefferline & Goodman, 1997, 42). Il contatto sottende la presenza di tre elementi: l’organismo, l’ambiente e la membrana posta fra di essi; l’ambiente può agire sull’organismo e l’organismo può agire sull’ambiente.

Mentre la teoria psicoanalitica aveva considerato una fase orale nello sviluppo infantile, ma senza porre il giusto accento sulla dentizione, Perls individuò tre fasi, attraverso cui, nell’età infantile, viene assorbito l’ambiente: la fase del succhiare (“introiezione totale”), la fase del mordere (“introiezione parziale”) e la fase del masticare (“assimilazione”). Il mancato passaggio alla fase dell’assimilazione costituisce un preludio a successive interruzioni al contatto, cioè al proliferare di gestalt incompiute. L’importanza data alla fase dell’assimilazione introduce anche il concetto di aggressività, vista non solo e unicamente come distruttiva, ma soprattutto come capacità di aggredire l’ambiente per poi assimilare. Da ciò deriva anche una nuova concezione di inconscio e una nuova modalità di lavorarvi nella prassi terapeutica: “non dobbiamo essere soddisfatti rendendo conscio il materiale inconscio, col ‘portare su’ il materiale inconscio. Dobbiamo insistere che debba essere ri-masticato e così preparato per la sua assimilazione. Il contatto con ogni materiale introiettato è di solito aggressivo, ma impotente, e si manifesta come malignità, borbottamenti, brontolamenti, tormenti, lamentele, irritazioni, ‘transfert negativo’ od ostilità. Mediante il trattamento, il materiale introiettato viene suddiviso e differenziato in materiale assimilabile, che contribuisce allo sviluppo della personalità, e in surplus emozionale da essere scaricato o adoperato” (Perls, 1995, 143).

Andiamo a vedere quali sono gli elementi che costituiscono l’esperienza del contatto.

esperienza del contatto


Dalle parole di Perls: “i due fenomeni del confine dell’Io sono l’identificazione e l’alienazione. All’interno del confine abbiamo una sensazione di familiarità, di giusto; al di fuori ci sono l’estraneità e l’orrore” (Perls, 1980, 16-17). Nella prospettiva della PdG, l’Io non viene visto più come un’istanza, “ma come una funzione dell’organismo che permette la crescita grazie a un processo di identificazione o alienazione di elementi sia ambientali che confinati dentro la pelle” (Perls, 1995, 9). Il confine dell’Io di una persona delimita ciò che per essa è permissibile di contatto, ed è definito da quelle azioni, idee, persone, valori, sistemi, immagini, ricordi, ecc., in cui la persona ha intenzione di impegnarsi pienamente, sia nel rapporto con il mondo esterno che con le risonanze interiori che questo coinvolgimento può impegnare. All’interno del confine dell’Io, si può fare contatto facilmente e in modo armonico e il risultato è un piacevole senso di gratificazione e di crescita. Al confine dell’Io, il contatto diventa più rischioso e la probabilità di gratificazione meno certa. Al di là del confine dell’Io, il contatto è pressoché impossibile. Restando nella metafora del confine di contatto come una frontiera che separa lo spazio del “me” dal “non me”, e visualizzandolo come una membrana, è facile immaginare il contatto come un flusso di energie che si muovono dal “me” al “non me”, e viceversa. Dalle caratteristiche di tali energie (quantità, qualità, direzione) dipende l’esperienza del contatto. Pertanto, quando si parla di confine di contatto, ha pienamente senso parlare anche di modalità di contatto, come di quell’insieme assolutamente specifico di movimenti di scambio energetico che avvengono alla frontiera fra il “me” e il “non me”.

Molte persone hanno sviluppato nessun’altra funzione dell’Io che quella di resistenza, sia contro i loro stessi impulsi, sia contro le richieste che vengono fatte loro. Ma non dobbiamo pensare alle resistenze al contatto nella loro sola accezione negativa. La resistenza, come afferma Erving Polster, “merita un trattamento più giusto”. Infatti, “ciò che generalmente viene chiamata resistenza, non è una barriera rigida sorda da rimuovere, ma una forza creativa la cui funzione è quella di gestire un mondo difficile” (Polster & Polster, 1986, 49). Così, anche Perls sottolineava: “non si possono distruggere le resistenze; e in ogni caso, non sono un male, ma piuttosto energie valide della nostra personalità, nocive solo quando sono impiegate in modo sbagliato. La maggior difficoltà consiste nella rigidità delle energie impegnate nella resistenza” (Perls, 1995, 164).

Ciascun individuo gestisce la propria energia in modo da realizzare un buon contatto col proprio ambiente, o in modo da resistere al contatto. Se ha fiducia che i propri sforzi avranno successo, si porrà di fronte all’ambiente con appetito e voglia di fare. Ma se è sfiduciato nel risultato dei propri sforzi, sarà facilmente preda di emozioni, quali: rabbia, confusione, futilità, risentimento, impotenza, delusione e così via. Ciò che l’individuo fa, spesso, è interrompere il contatto per evitare il ripetersi di situazioni spiacevoli. Vi sono cinque principali modalità di interruzione del contatto:

  • introiezione: è una modalità di contatto che nasce come capacità del bambino di recepire gli imperativi genitoriali senza metterli in dubbio. Colui che introietta impiega la propria energia incorporando passivamente ciò che l’ambiente gli fornisce. Il compito fondamentale per evitare l’introiezione consiste nel focalizzare all’interno dell’individuo il senso delle scelte che sono possibili per lui e il suo potere di differenziare tra “me” e “non me”. Il confine di contatto in questa modalità assume la seguente configurazione:


esperienza del contatto


La persona che introietta tende a muoversi come l interlocutore, a dire sempre di sì, a ricercare delle regole (“dimmi come devo fare”, “dammi un consiglio”); i suoi verbi più comuni sono “devo”, “non posso”. L interruzione nel ciclo di contatto avviene durante l eccitazione. L atteggiamento verso l ambiente è rassegnato (il bacino fortemente ritratto), infantile e disposto ad accettare;

  • proiezione: l’individuo che proietta non può accettare i propri sentimenti e le proprie azioni, perché “non dovrebbe” sentire né agire in un certo modo. Il risultato di questa resistenza è la mancanza di consapevolezza delle proprie caratteristiche reali; nello stesso tempo, vi è un’acuta consapevolezza di tali caratteristiche nelle altre persone. Se colui che introietta rinuncia al proprio senso di identità, colui che proietta la frammenta. Il lavoro sulla proiezione consiste nel ridare a colui che proietta i pezzetti sparpagliati della sua identità. Il confine di contatto in questa modalità assume la seguente configurazione:


esperienza del contatto


L’attenzione delle persone che proiettano è molto spostata sull esterno. Esse hanno un carico emotivo enfatizzato, spesso sono soggetti istrionici e borderline, hanno spesso un linguaggio valutativo (attribuire etichette), estremizzante, polarizzante. L interruzione nel ciclo di contatto avviene solitamente nella fase di mobilizzazione dell energia: il paziente sente l’emozione ma essa è libera; dal momento che non scaturisce da lui stesso, essa viene attribuita all altra realtà possibile, cioè all ambiente e, poiché non è in grado di muoversi verso l ambiente, egli cerca di far sì che sia l’altra persona a mobilitarsi;

  • retroflessione: è una modalità di contatto in cui l’individuo rivolge a sé stesso ciò che vorrebbe fare a qualcun altro, o fa a sé stesso ciò che vorrebbe che qualcun altro facesse a lui. La retroflessione sottende la capacità dell’individuo di scindersi in osservatore e osservato, o in colui che fa e colui a cui le cose vengono fatte. Il processo opposto alla retroflessione consiste nella ricerca dell altro appropriato. Il confine di contatto in questa modalità assume la seguente configurazione:


esperienza del contatto


Coloro che retroflettono tendono a rimuginare, riflettere, trattenere, tendono a essere autoreferenziali, hanno una modalità relazionale irrigidita, chiusa. L interruzione nel ciclo di contatto avviene solitamente durante il conflitto e la distruzione della gestalt (contatto pieno e post-contatto);

  • deflessione: è una modalità di resistenza il cui fine è distogliersi dal contatto diretto. È un modo di ridurre il contatto attraverso l’uso di circonlocuzioni, il parlare troppo, il ridere su ciò che si dice, il non guardare direttamente la persona con cui si parla, l’essere astratti piuttosto che specifici, il non arrivare al dunque, il parlare del passato quando il presente è più rilevante, il parlare “su” piuttosto che parlare “a”. Il confine di contatto in questa modalità assume la seguente configurazione:


esperienza del contatto


Coloro che deflettono utilizzano spesso la frase “ma…se”;

  • confluenza: è una modalità di contatto utilizzata da coloro che vogliono ridurre le differenze in modo da moderare l esperienza sconvolgente del nuovo e dell altro. Due indizi per le relazioni confluenti disturbate sono i sensi di colpa frequenti e il rancore. Gli antidoti della confluenza sono il contatto, la differenziazione e la discriminazione. L individuo deve iniziare a sperimentare le scelte, i bisogni e i sentimenti che gli appartengono e non sentirsi in dovere di farli coincidere con quelli di altre persone. Deve imparare che può affrontare il terrore della separazione e tuttavia restare vivo. Il confine di contatto in questa modalità assume la seguente configurazione:


esperienza del contatto


Le persone confluenti hanno difficoltà a separarsi, a dissentire, tendono a rinunciare alla responsabilità personale, usano molto il “noi”. L interruzione nel ciclo di contatto avviene prima di una nuova eccitazione: il paziente fa sì che non avvenga niente di nuovo.

Riferimenti bibliografici

Perls, F. (1980) La terapia gestaltica parola per parola, Roma, Astrolabio
Perls, F. (1995) L’Io, la fame e l’aggressività, Milano, Franco Angeli
Perls, F., Hefferline, R.F., Goodman, P. (1997) Teoria e pratica della terapia della Gestalt, Roma, Astrolabio Polster, E.,
Polster, M. (1986) Terapia della Gestalt integrata, Milano, Giuffrè

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Complimenti per la chiarezza del suo contributo. Grazie.

alberto agnelli il 09/03/2022

il Dott. Stefano Pischiutta ha risposto al tuo commento:
Felice che le sia stato utile

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