1. Analisi della domanda
Vorrei ora presentare un caso che dimostra come dietro ad ogni difficoltà che la persona porta come problema principale, si nascondano spesso questioni più profonde e complesse, mascherate da sintomi come la depressione o la fobia, che sono espressione di conflitti sottostanti. La signora Marianna mi conosce durante una conferenza ad opera del prof. A. C. Dopo qualche giorno mi telefona per dirmi di essere stata favorevolmente colpita dal mio intervento e mi vuole consultare. Mi presenta un vago problema di depressione, associata a paure di vario tipo tra cui l’aerofobia e la paura di essere travolta da un’onda anomala, ogni volta che si trova nei pressi di una spiaggia. Dice di essere immotivata verso la vita, non è attratta più dal marito che considera un “pantofolaio” e anche i figli non le danno grandi soddisfazioni. Dopo qualche seduta, il problema sembrava intensificarsi e Marianna riempiva il nostro incontro con silenzi sempre più lunghi che io accoglievo cercando di darle il tempo necessario, affinché da quel vuoto emergesse qualcosa. Ma anche dopo questa fase, la situazione non sembrava mutare e Marianna continuava sempre più spesso a guardare in basso a destra, (il luogo che in PNL corrisponde alle sensazioni corporee) come se in quel luogo simbolico fosse nascosto il dramma ed insieme la speranza della sua condizione, il problema e la soluzione. Fu allora che pianificai il mio intervento strategico.
2. La prima mossa strategica (14-05-04)
Nella seduta successiva feci trovare in studio una telecamera e senza dare molto peso alla cosa, iniziammo il nostro incontro che non sembrava avere nulla di nuovo: lunghi silenzi e sguardo basso, poche parole, tono sommesso. Sapevo che avrei dovuto aspettare ancora un po’ e così le mie domande non si spinsero oltre un “come si sente adesso…”. Era nell’incontro successivo (21-05-04) che riponevo le mie speranze di rompere il circuito vizioso della sintomatologia, e così fu. Marianna si presentò vestita come al solito, in modo essenziale e un po’ trascurata. A questo punto le misi sulla scrivania la telecamera e le feci vedere il filmato che avevamo realizzato e mentre accadeva ciò, un’altra telecamera riprendeva la scena. Con sua grande sorpresa, Marianna non si riconobbe affatto nel personaggio che il filmato mostrava: una donna depressa e ansiosa. Le sue esclamazioni furono del tipo “ma chi è quella là…quella non sono io…incredibile!” e simili. Marianna per un attimo era uscita dal personaggio che si era creato, o che aveva creduto di impersonare, con quel suo considerarsi vittima, depressa e assalita da mille paure. Allora le feci notare che se riusciva a vedere la sua depressione, se poteva notarla così bene in quella donna nel monitor della telecamera, allora “chi” stava osservando la scena, non poteva essere così depressa come la protagonista del filmato. Certo che no, fu l’implicita risposta di Marianna che confessò di non immaginare neppure quale effetto potesse fare a se stessa quella visione. Durante quella seduta, Marianna espresse tutto ciò che aveva dentro riguardo la sua depressione, e le sue paure, mi raccontò di quando da giovane si sentiva desiderata dagli uomini e si considerava una bella donna, poi, continuando a guardare il filmato aggiungeva….”ma io non sono quella lì”. Durante tutta la seduta Marianna tenne i suoi occhi stupiti incollati sul monitor, e sorridendo spesso scuoteva il capo. Quell’incontro si concluse con la promessa che le avrei fatto vedere l’ultimo filmato fatto, visto che lei era molto curiosa di rivedersi, credo perché desiderasse riscoprirsi diversa da come appariva nel primo filmato. Le sottolineai ancora una volta che questo voleva dire che ora era uscita dalla sua iniziale condizione e che poteva finalmente “guardare” la sua depressione, il suo disagio. E ciò significava che ne aveva preso le distanze e che si avviava ad uscirne. Marianna si era appena resa conto che una parte di lei si rifiutava di accettare e accogliere l’altra parte, così il suo aspetto solare e giocoso non poteva convivere con la parte scura, quella depressa e fobica.
3. La seconda mossa strategica (21-05-04)
La seconda mossa strategica doveva consistere nel mettere una di fronte all’altra le due anime di un unico volto, il sole e l’oscurità, per mostrare come ognuna potesse essere necessaria all’altra, fonte di nutrimento e di energia. Così, visto che Marianna nel qui ed ora della seduta si rifiutava di vedere la sua parte “nera”, mi sono offerto io di rappresentarla, in una sorta di psicodramma strategico nel quale, grazie allo scambio di ruoli è possibile mettere a nudo verità nascoste e ribaltare il luogo comune che vedeva la Marianna solare come quella desiderabile ed invidiabile e la Marianna “nera” come quella da cancellare. Le proposi così di immaginare lì davanti a sé, sulla sedia vuota, la sua parte problematica e di instaurare un dialogo. Quando fu la parte “solare” di Marianna a parlare, misi in evidenza l’ammirazione e la stima che questo aspetto luminoso di sé, potesse nutrire verso la parte “oscura”, più introspettiva e profonda, capace di cogliere aspetti intimi e nascosti (ristrutturazione). La mossa strategica consistette dunque, nel caso di Marianna, nel costringerla a guardare il suo sguardo depresso, ma per far ciò Marianna dovette iniziare a trasformare il suo sguardo “spento” in sguardo “vivo”, quello sguardo che aveva solo dimenticato di possedere e che ora riemergeva prepotentemente. Le sue successive parole furono quasi di protesta verso una ingiusta invasione di campo: quella della sua depressione e delle sue fobie. Una volta preso coscienza della parte depressa allora, e solo allora, Marianna avrebbe dovuto imparare ad amare questo aspetto di se stessa, rendendosi conto di quanto fosse necessario e complementare rispetto alla controparte luminosa ed estroversa. A questo punto, si potrebbe considerare concluso l’intervento terapeutico, ma una strana “coincidenza significativa” o, come direbbe Jung: “sincronicità”, stava per entrare in scena.
4. La terza mossa strategica
Ecco, in breve, la terza mossa strategica (8-06-04). Informo Marianna che sto scrivendo un caso clinico e che ho scelto di parlare di lei. Speravo che questa informazione avrebbe permesso a Marianna di sentirsi coinvolta in un progetto importante. Il progetto della sua guarigione. Volevo trascinarla in un’opera che avrebbe minato le fondamenta stesse della sua iniziale depressione e dei suoi attacchi fobici. Infatti, essere coinvolti in qualcosa di appassionante, significa già lasciarsi alle spalle il proprio malessere psicologico. Appena appresa la notizia, Marianna esprime stupore, il suo viso si illumina, assume un’espressione sorridente e soddisfatta. Mi dice che era ciò che aveva desiderato e fantasticato, avvertendo in ciò una forte e significativa coincidenza. Marianna sa che si tratta di un caso di sincronicità: nel momento in cui fantastica e immagina il suo analista parlare di lei e della sua terapia con altri …ecco che questo si concretizza in un caso clinico. Il suo. Decido di farle leggere una bozza di ciò che ho scritto. Si riconosce e ne è soddisfatta. Ora Marianna si sente coinvolta nel processo terapeutico e dice di essere alla ricerca di un “terzo” nome che possa sintetizzare i due volti della sua personalità. Direi che la paziente sta per divenire terapeuta di se stessa. Ora può e vuole lei stessa occuparsi dell’ultimo “parto” di questa terapia. Farle nascere un tale intimo e profondo desiderio è stata, forse, la mossa più “strategica”.
5. La quarta mossa strategica (14-06-04)
La quarta mossa è rappresentata dallo spostamento del setting terapeutico. Spero di comunicare alla paziente, per via indiretta, un cambiamento di prospettiva, che sta accadendo nella sua terapia. Così decido di ricevere Marianna nella saletta accanto allo studio. Lo faccio perché è più ariosa, più luminosa e più panoramica. La paziente, guardandosi intorno dice sorridente: “mi piacciono le novità”. Oggi è vestita di rosso, mi fa venire in mente un noto film con Giulia Roberts “the woman in red” forse è perché c’è ormai un certo coinvolgimento reciproco. Mi parla di un suo amico che ha appena iniziato la terapia con me, e che lei stessa mi ha inviato. Mi chiede se può rileggere il suo “caso clinico” e domanda delucidazioni sul significato simbolico dei suoi sintomi. Le metto in evidenza che lei non è solo la Marianna che viene raccontata in quelle due pagine. Le viene in mente l’immagine di un recente sogno e mi dice: “Adesso vengono i delfini a prendermi…”. Le chiedo come si sente. Mi dice che quando è fuori tutto è privo di interesse. Qui invece avverte la sensazione di occuparsi di qualcosa di importante e profondo. Un sogno mette in evidenza che è necessario concentrarsi nel presente. Parliamo del transfert inteso come coinvolgimento verso l’analisi, dello sguardo amorevole di una madre verso il figlio. La buona madre, viene paragonata alla buona analisi, entrambi possiedono uno sguardo amorevole che ci permette nuove visioni.
6. Un primo commento al caso clinico
Nella terapia strategica, quello che il terapeuta cerca di fare è di offrire una visione nuova del problema, ribaltando spesso gli assunti di base del paziente che lo costringono ad averne una ristretta e limitata di sé. In questo caso clinico Marianna diceva di essere depressa, ma quando qualcuno le mostrò che stava facendo la depressa, allora inizialmente lei si ribellò, per poi scoprire come proprio quel suo lato oscuro, potesse essere “invidiabile” ed irradiare luce. Si fa dunque propriamente psicoterapia strategica, quando si ribaltano gli assunti, le convinzioni, e si va incontro a ciò che un attimo prima si voleva evitare. Quanto più ci sforzeremo di evitare il dolore, trattando i nostri disagi come nemici da zittire, tanto più li rinforzeremo e daremo loro potere, rinnegando la loro funzione, ovvero il senso profondo che è nascosto in fondo ad essi. I disagi di Marianna e il suo atteggiamento evitante (non andare al mare o non prendere l’aereo) l’avevano portata a limitare la sua vita, come se qualcuno decidesse al suo posto. Ora, Marianna è capace di instaurare un dialogo con se stessa, avendo imparato a gestire meglio le sue emozioni.
7. Seduta successiva del 19/04/05
La paziente racconta il seguente sogno: è incinta, sicuramente, dice, il bambino è al sesto mese. Osserva una signora con qualche anno in più, anche lei incinta ma più avanti nella gravidanza, presumibilmente all’ottavo mese. A questo punto, cerco di risalire al sogno che la paziente mi ha portato sei mesi prima di quest’ultimo, per capire se c’è tra i due una corrispondenza nei contenuti. Scopro con sorpresa che, lo stesso giorno 19 di sei mesi prima, il 19/10/04, la paziente mi raccontò di un sogno in cui fece sesso col direttore di un corso (da lei frequentato nella realtà). Il collegamento tra i due sogni mi sembra evidente: come conseguenza di un incontro importante, ecco che sei mesi dopo scopre di aspettare un bimbo appunto di sei mesi. Questa è la prima coincidenza significativa. La seconda è che in realtà io ho una figlia di sei mesi. Appurato ciò, cerco di risalire ai sogni che la paziente mi ha portato otto mesi prima, per dare un senso alla signora incinta di otto mesi. Scopro che lo stesso identico giorno del mese, il 19/08/04 abbiamo avuto una seduta e che il sogno portato dalla paziente riguarda un furto commesso dalla paziente stessa, la quale associa l’atto di compiere un furto, ad un eroe mitologico, Prometeo, che rubò il fuoco sacro della creazione agli Dei. Mi viene in mente che Marianna cerca di creare e far nascere insieme a me la sua nuova analisi rappresentata da un bimbo che lei pota in grembo, parallelamente a due livelli temporali, separati da due mesi. Una terza coincidenza l’avrei scoperta qualche giorno dopo quando aprendo il secondo quaderno d’analisi della paziente, i miei occhi caddero casualmente sul primo sogno del 8/03/04 nella prima pagina. Il sogno recita così: lei si occupa di mio figlio che ha circa nove anni. A questo bambino crescono sulla spalla delle fluorescenze, lei vuole cacciarle ma viene fermata. In cosa consiste la coincidenza? Nel fatto che il bambino del sogno avesse nove anni e che nove anni prima io mi laureavo in psicologia e dunque “nascevo” come professionista. Dunque, il figlio di cui si occupa Marianna, è figlio dell’analisi, è quel prodotto personale dato dalla fusione di due personalità, quella del paziente e quella dell’analista. Le due nascite in questione sono quella della figura di professionista (laurea in psicologia) e quella della paziente. Le due nascite sono legate tra loro dal bambino di nove anni.
8. Seduta del 26/04/05
Racconta il seguente sogno: è al bagno, sul pavimento ci sono 100 euro, lei nega a qualcuno di averli visti, nasconde i soldi in pancia. Il bagno è il luogo in cui ci si occupa del proprio corpo, della propria purificazione. Il bagno, in quanto collegato al corpo, è anche il luogo della sofferenza, della domanda, ovvero del desiderio di Marianna. In questo luogo simbolico, si trova un piccolo tesoro, un valore personale che la paziente decide di custodire in grembo, cioè nella parte del corpo deputata alla creazione, alla nascita. Se Marianna vuole essere generativa e creare una nuova personalità più ampia ed autentica, deve recarsi nel luogo della sua sofferenza, in quel luogo potrà purificarsi, cioè liberarsi di ciò che non la “nutre” più, e successivamente coltivare il suo “valore”. Questo processo assomiglia un po’ ad una sorta di “furto sacro” agli dei… (negare a qualcuno di aver trovato la banconota). Nel sogno successivo Marianna si sistema comodamente in una bara blu rivestita di stoffa. Siamo qui di fronte al tema della morte cercata e voluta. Collegando questo, al sogno precedente, si può vedere come il processo di purificazione assomigli ad una morte. Muore infatti il vecchio per far posto al nuovo. Le scorie psichiche che intasano la mente, devono essere eliminate, e con esse un vecchio assetto psicologico deve morire. Tale morte avviene in bagno, nel luogo del corpo e della sofferenza. Dunque, muore anche il corpo. E se il corpo muore, nasce lo spirito, vale a dire una nuova spiritualità, capace di dare un senso alla sofferenza del passato. Nel sogno conclusivo della seduta, Marianna si trova in spiaggia, qualcuno le affida un bambino posto in riva al mare. Quando l’acqua si alza e mette in pericolo la vita del bimbo, Marianna lo salva portandolo al sicuro. Si affaccia in questo sogno il tema della salvezza che coincide con la capacità di prendersi cura di se stessa, e di quella parte creativa e generativa, o bambina, che deve essere protetta e curata.
9. Seduta del 3/05/05
Racconta il seguente sogno: durante una gita, un prete le fa la corte, la bacia più volte. Lei è felice di attrarlo, fanno l’amore, pensa che potrebbe rimanere incinta. Si sveglia con una sensazione piacevole. Il prete in questione, un certo Don D., ha organizzato un corso di danzaterapia che lei sta seguendo. Il prete è una figura sia paterna, sia inaccessibile con la quale è possibile avere solo una relazione di natura spirituale, un po’ come con uno psicoterapeuta. Si tratta quindi di un rapporto “proibito” sul piano della realtà e che andrebbe nascosto e tenuto segreto, cioè simbolicamente custodito nel profondo di se stessi. Un tale rapporto potrebbe, sempre simbolicamente, portare alla “nascita” di una nuova personalità accolta con entusiasmo da Marianna. Nel sogno seguente si trova a casa della zia, entra una bambina con in mano 100 euro e chiede a qualcuno se può cambiarli (in banconote da piccolo taglio). Poi la bimba se ne va con la nipote della paziente. Infine Marianna dice al fratello di doverlo abbandonare. Il tema è quello della suddivisione di un problema grosso (la banconota unica di grosso taglio) in sottoproblemi minori che possono essere più agevolmente affrontati e risolti. Una banconota da 100 euro è insolita nelle mani di una bambina, è per così dire, poco spendibile, mentre delle monete sarebbero più appropriate. Il collegamento con il sogno del 26/04/05 viene effettuato dalla paziente stessa. La bambina potrebbe rappresentare il corpo stesso con la sua difficoltà a “spendersi” in maniera adeguata e consona. Il corpo, come la banconota, andrebbe “cambiato” per essere “ricambiato” cioè appagato. Il terzo ed ultimo sogno della seduta si svolge in un posto di vacanza, tra le persone c’è un “ritardato” mentale che la fissa, lei ha paura dello sguardo violento da “orso”, sta lontana mentre la famiglia non se ne rende conto. Il ritardato esprime quella parte della personalità della sognatrice che è rimasta indietro rispetto alle altre, quella parte trascurata che prima o poi manifesta il suo disagio. Tale disagio passa per il corpo e si traduce nella paura di affrontare i propri istinti più bassi e meno evoluti. La paura di un tale incontro, nasconde il desiderio inconscio di essere travolta da ciò che il “ritardato” può rappresentare, cioè una sessualità poco raffinata, per niente razionale, assurda ed imprevedibile, vissuta con uomini istintivi, poco accostabili alla figura del prete-psicologo. L’incontro con questa parte infantile e istintiva, non ancora “cambiata” e “ricambiata”, poco evoluta e raffinata, è anche il presupposto della crescita e della completezza psichica di Marianna.
10. Seduta del 10/05/05
Il sogno che apre l’incontro, si svolge nel paese d’infanzia di Marianna dove si trova con il fratello, in casa di F., che è anche la scuola media da lei frequentata durante l’adolescenza. Si ricorda di un disegno, nato in questo luogo, che le ha permesso di scoprire in lei una vocazione artistica, che da quel momento svilupperà. In quel posto ora hanno aperto una bottega d’arte e ci sono quadri con la parte centrale in rilievo. Marianna pensa di poterli fare. Al piano di sopra, la cognata ha un bimbo, che le si avvicina, le tocca il seno e ci si poggia con la testa. Questo sogno è fonte di ispirazione per un quadro in rilievo che la paziente sta ultimando. L’opera intitolata: Vita-Morte-Vita, è composta di un sole in alto a destra, una pietra in basso a sinistra, un legno corroso dal mare accanto alla pietra, e un guscio d’ostrica sulla destra, sotto il sole. Il tutto su uno sfondo blu. Marianna mi racconta di aver trovato quel legno sulla spiaggia, insieme alla pietra. Il guscio è quello di un’ostrica mangiata dalla paziente stessa. Dice poi che la pietra rappresenta la nascita, il legno la morte ed il guscio la vita. Faccio notare a Marianna che gli elementi dell’opera d’arte sono quattro e che tale numero è simbolo di completezza e di totalità. Si tratta forse di un Mandala? Marianna mi spiega che la fonte d’ispirazione del quadro deriva, oltre che dal sogno, da un libro che sta leggendo: donne che corrono coi lupi. Osservando la tavola su cui è realizzata l’opera, emerge chiara la sua forma, quella di un quadrato che è l’essenza stessa del quattro, un temenos, luogo simbolico di ordine e di accoglienza, nel quale può verificarsi la metamorfosi di Marianna. In alto a destra, come si è detto, troviamo il sole, un simbolo di energia e di crescita: la paziente si avvia verso una nuova consapevolezza. Il sole, inoltre, è posto in alto a destra, il luogo che in PNL indica una immagine futura, che sta per arrivare, che è possibile. Questa immagine-situazione è riferita al sole, cioè al cuore-centro che rappresenta. Il sole però è anche il simbolo del maschile, contrapposto alla luna-femminile. La crescita interiore di Marianna, dovrà passare attraverso l’integrazione dei due principi, maschile e femminile. Il femminile lo troviamo espresso nel simbolo dell’ostrica che rappresenta inoltre la perfezione spirituale. Anche il legno, collegato all’albero ed alla crescita, è un simbolo di conoscenza e di saggezza. Infine la pietra, per molti popoli, possiede un’anima: dice Jung affidando una pietra ad una sua paziente: ”ecco, questa è la mia anima”. Merita infine di essere amplificato, il significato del bambino in riferimento al seno, alla fine del sogno. La presenza di un bimbo, giustifica e richiede, quella meno evidente di una madre, “della” madre. Marianna, madre, dunque, di se stessa. Per cogliere appieno il significato di questa coppia di simboli madre-bambino, è opportuno ricordare due sogni, il primo fatto dalla paziente il 06/12/04 che introdusse il tema di una nuova e necessaria analisi “al femminile”, contrapposta all’analisi “maschile” condotta fino ad allora dalla coppia analista-paziente. Nel suddetto sogno Marianna incontra un analista donna. Il secondo sogno, che è anche il successivo, del 10/12/04, tratta lo stesso tema: Marianna si trova con due psicoterapeute che cercano di convincerla ad abbandonare la terapia con Roberto Ruga. Lei vuole spiegazioni e sente la proposta come un’imposizione. Si arrabbia e piange. Il tema che i due sogni propongono è dunque quello di un cambio di stile nella conduzione dell’analisi, che dovrebbe essere come una “buona madre” cioè contenitiva, accogliente, meno logica e razionale, meno interpretativa ed analitica. Solo una analisi materna, o al materno, potrà permettere a Marianna di risanare il freddo rapporto con la vera madre del passato (una figura a detta della stessa paziente, alquanto rigida). Come risposta ad una tale tipologia di madre fredda, Marianna ha sviluppato un potente “animus” che la tiene lontana dagli uomini, con i quali entra in competizione per il primato di potere sotteso ad una dinamica di sfida inconscia. Quel potente ed onnipresente animus (la parte maschile della donna), si scioglie nell’abbraccio materno caldo ed avvolgente, ma mai avuto. L’unico altro sogno che riguarda una terapeuta donna viene portato da Marianna il 13/07/04, giorno in cui la paziente si presenta accompagnata dal marito per via di una gamba ingessata. Essendo lo studio al piano superiore, il setting dovrà essere necessariamente diverso. Ricevo dunque la paziente nel salone al piano terra. Questo nuovo setting allude e prelude ad una nuova analisi al femminile? La risposta può essere offerta dal sogno portato quel giorno stesso (13/07/04). Eccone un frammento: in una nicchia ci sono “materiali” femminili (genitali). La nicchia è forse l’analisi? L’analisi dunque si deve occupare della parte generativa-femminile-materna della paziente.
11. Seduta del 17/05/05
La paziente si presenta con in mano una tavola di compensato di circa 50 cm x 50. E’ l’opera di cui mi ha parlato. Sul retro, reca una scritta che si rifà ad un pensiero reiki. Poi racconta il seguente sogno del 14/05/05: Sta andando ad un paesino verso Serra, c’è una strada piena di acqua come a Venezia, una signora ed un cagnolino. In cagnolino la morde sulla natica sinistra, poi il morso, fatto a striature, si trasforma in un cordoncino a forma di otto coricato. Lei minaccia la signora che accompagna il cane di denunciarla. Faccio notare alla paziente che il simbolo dell’otto coricato appartiene al linguaggio della matematica e significa: “infinito”. Iniziamo così a riflettere sul significato che tale simbolo può avere per la paziente e per l’analisi. Una prima relazione che emerge è quella tra l’infinito e l’aspetto spirituale di Marianna, il suo desiderio di andare “oltre” il limite, oltre la “siepe”. Dopo questa prima riflessione, nasce la considerazione che a portare la paziente verso l’infinito è un essere inferiore, un animale appunto un cane che la morde. Dunque il contatto con la parte “inferiore”, la parte istintiva e primitiva di Marianna, le consente di andare in un “oltre”, in un al di là, che è il luogo della trasformazione. Il simbolo di infinito dunque assume una valenza trasformativa, spirituale, o anche di ascesa nel senso che la parte spirituale si trova simbolicamente in alto, all’opposto della parte istintiva, primitiva, inferiore, animalesca, che si trova in basso, nel luogo figurato che è la dimora del cane. Tuttavia, è proprio il contatto col cane a portare Marianna in alto. E’ altresì un “ferita” ad aprire uno squarcio verso l’infinito, ovvero, la ferita diviene feritoia che consente di tendere verso l’infinito.
12. Frammenti di sogni successivi
Nel sogno successivo è ad un ritiro yoga. Qualcuno le dice di aspettare… arriva un monaco con un grande fallo che le propone di fare l’amore, ma lei sa che con i monaci non è possibile. La capacità della paziente di saper aspettare la salva da un disastroso passaggio all’atto. Il sogno seguente la vede fare l’amore con qualcuno, teme di essere incinta, ma non può essere, una persona la rassicura dicendo che ciò si potrà verificare tra qualche mese. La paura di essere incinta nasconde il desiderio di questa magica condizione. Nel sogno del 21/06/05, si trova in campagna, la terra è piena di serpenti, bisogna andare via. Prende un’ape a tre ruote, ma non sa come frenare, sbatte. Dice alla madre di non essere pazza, i veri pazzi sono coloro che si fanno condizionare. Prima di avventurarsi in terreni impervi è necessario prendere alcune precauzioni psichiche. Cammina nuda, la osservano, pensa di dare fastidio, si copre. La devono operare al fegato, nonostante l’anestesia lei resiste e resta sveglia, dice ai medici che ci sono altri metodi, e che loro sono venduti alle multinazionali. Per compiere un atto eroico bisogna svestirsi dei valori collettivi e proporre i propri. Ci vuole fegato, cioè coraggio e intraprendenza, infine bisogna essere autentici cioè non dei venduti.
13. Dal diario di Marianna
Marianna ha preso l’abitudine di scrivere dei suoi cambiamenti, ecco un frammento tratto dal suo diario: “…il mio guaritore interno mi invita a riflettere sulla mia vita e a tirare fuori lo spirito selvaggio che stavo sempre di più perdendo. La mia originalità divorata da onde anomale, nei miei sogni era il tema ricorrente, nella vita reale diveniva panico. Il tutto causato dalla tendenza ad amare troppo gli altri e non tanto me stessa. E’ triste scoprire alla mia età di non essere riuscita a prendermi il tempo che mi apparteneva, come una doccia veloce anziché un bagno rilassante e profumato. Ho approfondito molto gli studi della Norwood, sulle donne che amano troppo, una forma di dipendenza. Ogni volta che avevo la propensione a risolvere i problemi degli altri, la riflessione che facevo era che il marito, il figlio la mamma, papà, il fratello, hanno tutti le loro capacità per risolvere i propri problemi da soli. Col tempo e grazie all’analisi, ho imparato a mettere dei paletti, per evitare di portare quei carichi sulle spalle, ho cercato di riappropriami della mia anima selvaggia. Volevo riprendermi la mia vita. Devo molto al mio terapeuta Roberto Ruga che mi ha accolto e presa per mano per osservare il mondo senza aver paura, un grazie anche al nostro comune “papà” A. C., leggere i suoi libri è stato come aprire un grande baule pieno di tesori. Il mio pensiero per un suo compleanno: “le auguro ancora una lunga vita, potrà scrivere quei pensieri che mi daranno l‘energia per andare avanti senza paura. E sarà sempre ad aspettarmi come una presenza forte che mi prende per mano per farmi volare come una farfalla”. In una campagna di scavo trovo due monete con la dea Athena. Sento dentro molta energia che non ha trovato la direzione giusta, potrei partorire un figlio creativo. Mi sono più volte chiamata vesuvia. Nel mese di marzo dovevo partecipare a un seminario Yoga. A fine giornata, seguita da un maestro, mi sono distesa sul pavimento per rilassarmi. Il mio amico A. mi osserva dicendomi “sembri una morta”, mi ha molto colpito facendomi nascere una importante riflessione, che dovevo morire simbolicamente. Da qui parte un rituale che il mio amico mette in scena accendendo addirittura dei ceri. In coincidenza di questo rituale, sul lavoro (faccio parte di un gruppo per gli scavi archeologici) trovo sotto il pavimento di un chiesa, l’altare di un ipogeo sotto terra che ha coinciso con il mio andare sotto, negli inferi. La cosa sorprendente è stata quando la rimanente parte di scavo sotto l’altare, mostrava pareti affrescate da una morte danzante… Il giorno dopo mi sento in una dimensione magica, la mattina presto, durante una passeggiata sul lago di Ganzirri, osservo il sole che si riflette sull’acqua in modo speciale e da cui si può prendere energia per ricaricare il corpo, speciale perché vi ho associato una frase presa dal Reiki: “ottenere l’illuminazione è come la luna riflessa nell’acqua. La luna non si bagna, nè l’acqua è disturbata, eppure la sua luce è vasta e grande”. La natura organizza questi equilibri e l’uomo dovrebbe ricaricarsi attraverso di essa. Sulla spiaggia, in punto nevralgico dove dovrebbe nascere il ponte che collega la Calabria con la Sicilia, sento ancora una dimensione magica, sento tanta energia, vengo attirata da una pietra, un legno consumato dal lavorio dell’acqua, penso in quel momento che la pietra, il legno mi stiano parlando, comunicandomi un infinito che ancora non riesco a capire, ma con la promessa di creare qualcosa. Un guscio di ostrica farà parte degli oggetti recuperati, preso durante la passeggiata intorno al lago. Veniamo catturati con Antonella dal profumo di pesce fresco e dal modo che alcune persone gustavano le cozze e le ostriche crude. Invitate a degustare sapori e i profumi originali che solo la natura può dare, sento di portarmi dietro il guscio dell’ostrica, che avevo degustato, anch’esso mi comunicava qualcosa che al momento non riesco di nuovo a capire, ma la sensazione di appartenenza, quella si la sento forte. Al rientro a casa porto un tesoro, la pietra, il legno e l’ostrica, riproponendomi di far nascere …cosa? Una mattina, appena sveglia osservo la pietra il legno e l’ostrica, li sistemo su una tavolozza colorata in azzurro dando un ordine: la pietra è vita, riferita alla nascita primaria, al legno trasformato, consumato dal lavorio con il mare-morte, e l’ostrica-vita come simbolo di rinascita. In alto, il sole fonte di energia.
14. Conclusioni
La paziente ha risposto positivamente al programma di visualizzazione propostole. Il successo terapeutico nel campo della sintomatologia specifica, ha consentito di spostare successivamente l’attenzione del processo psicoterapico, su problematiche strutturali della personalità. L’analisi dei sogni ha consentito la messa a fuoco del conflitto sottostante, mascherato dalla paura stessa, che celava un’angoscia legata a desideri onnipotenti di controllo, espressi simbolicamente dalla paura di precipitare o di essere inghiottita dalle acque.