Cosa sa la farfalla che il bruco non sa?
La trasformazione è il processo su cui si fonda ogni processo vitale.
La vita ci richiede tante tappe trasformative quante sono le nostre età. Cambiamenti necessari per evolverci e progredire, a volte importanti e significativi, imprescindibili e necessari, altre volte meno vistosi ed imperativi, ma tutti fonte di nuovi slanci, energie, nuovi inizi.
Parti di noi devono essere superate e lasciate andare per fare spazio ad altre nuove.
Il bambino deve lasciare spazio all’adolescente, l’adolescente deve diventare adulto, la condizione di figlio dovrà evolversi in quella di genitore, anche se non necessariamente solo in senso biologico, l’uomo adulto sarà anziano ed infine vecchio.
Sono tutte tappe evolutive che richiedono profonde trasformazione e nuovi adattamenti.
Tutti questi cambiamenti, i più grandi come ad esempio avere un figlio, cambiare città, cambiare lavoro, fino ai più piccoli come fare un viaggio, fare un trasloco, richiedono una disponibilità alla trasformazione. A volte affrontiamo i cambiamenti con slancio e curiosità, ma possono anche farci paura ed essere motivo di ansia e di stress.
Può addirittura capitare che si preferisca rimanere su un terreno conosciuto, anche a costo di stare male, di ritrovarsi in una situazione di stasi e di arresto con le inevitabili conseguenze di patire squilibri, disturbi, disagi psichici e fisici.
In terapia, il grande lavoro che affrontano paziente e terapeuta è proprio quello di vedere in che modo possano essere rimossi e superati quei blocchi che impediscono il cambiamento, che costringono all’impotenza e impediscono all’energia psichica di fluire in direzione evolutiva, invece che essere spesa ad alimentare circoli viziosi. A questo proposito, un mio paziente, impegnato in questo processo trasformativo, scrive questa breve storia che riporto qui di seguito. Ha per tema il processo di metamorfosi del bruco in farfalla. Processo biologico che esiste in natura, divenuto metafora della trasformazione psichica. Tale processo citato in senso simbolico, se pure ripetuto in tanti contesti, contiene sempre un grande insegnamento.
Mors tua vita tua
Lui la sente volteggiare nell’aria e la vuole afferrare, lei svolazza qua e là per non farsi prendere e non lasciarsi vedere.
- Sono qui, guardami, cercami! – dice la farfalla.
- Mi sembra che ci conosciamo da sempre. – dice il bruco.
- Certo, non ti ricordi? Io sono te. Tu sei me. - risponde
- Lo immagino – dice il bruco – ma, fermati un attimo. Ti voglio prendere, toccare una volta sola. Per sentire la consistenza delle mie ali. Le nuove forme del corpo. Gli occhi. I piedi. Riconoscermi.
Anche tu mi troverai come eri.
- Guardami, sono qui sù! Sono felice. Vedo tutto, c’è anche il mare a pochi metri. – dice la farfalla.
- Io vedo col naso, lo so che c’è il mare a pochi metri. Ma… fatti vedere, mi sfuggi allo sguardo.
- Sono più avanti, sono qui…. Sono qui – dice lei.
- Pensavo fosse tutto finito quel giorno…
Ti muovi troppo veloce per i miei occhi, troppo in alto! Fermati, lasciati abbracciare. Pensavo che non ci saresti stata, Farfalla.
- Pensavo che fossi solo una fantasia, Bruco. Pensavo di essere nata. – dice la farfalla.
- Pensavo di essere morto. – dice il bruco.
Il bruco era un tipo taciturno. Abituato a strisciare per la propria strada. A restare col corpo ben piantato a terra. Abituato a immaginare.
Se solo fosse stato certo del proprio futuro come avrebbe fatto a continuare giorno dopo giorno quella vita?
Solo in quell’attimo presente l’incantesimo si rompe e il bruco può vedere e la farfalla può ricordare e poi subito è l’oblio della memoria futura.
- Hai presente – dice la farfalla al bruco – quando uno scultore scolpisce una forma da una pietra?
- Sì, ho presente, rimane solo l’essenziale. – dice il bruco.
- Io sono questo – dice la farfalla - ciò che, pezzetto dopo pezzetto, è stato plasmato. E poi, pensaci, metteresti tanta energia nella vita di ogni giorno se vedessi la tua farfalla volare leggera e svelta nell’aria tiepida di primavera?
Adesso sono qui, puoi guardarmi.
Sono nuda lo so, ma non vergognarti per il mio corpo privato degli orpelli. Siamo un tutt’uno… puoi essere fiero di te. Sono bella e perfetta grazie al corpo che mi hai donato.
C’è solo un momento nel quale possiamo, all’unisono, respirare: è l’istante del presente che ci accudisce e ci culla incurante del passato e del futuro.
La farfalla era oscena nella sua bellezza così vitale.
Il bruco non la poteva fermare e la rincorreva col pensiero dell’immaginazione e con la brama della scoperta. La voleva vedere più di qualunque cosa. Sentirla, toccarla, accarezzarla, scoprirla, cullarla, mangiarla.
La farfalla voleva abbracciarlo, rassicurarlo che c’era. Inondarlo dell’essere farfalla. Farlo suo per sempre, il bruco.
- Raggiungimi, ti voglio anche io, è solo la mia natura che mi costringe ad andare avanti - disse la farfalla - Lasciami posare sulla tua schiena e per un’istante ci riconosceremo.
Ti accarezzerò con la dolcezza e la gratitudine che ti devo.
Ti bacerò con l’amore del poi.
Ti abbraccerò riscoprendo ogni parte dimenticata. Entrerò in te come è stato un tempo.
La farfalla per mostrarsi agli occhi del bruco volò basso su uno specchio d’acqua e danzò per lui. Fu in quel momento che il bruco la vide per la prima volta e si specchiò e la guardò a lungo, tanto a lungo.
- Ti guarderò da vicino per capire come sarò grazie a te. Toccherò il tuo corpo sottile per un secolo soltanto. Sentirò le tue ali posarsi calde su di me e ne apprezzerò i colori e la forma; sarà la prima volta.
Sarò eccitato per questo, per il fatto di averti incontrato. Di averti toccato. Sarò estasiato – disse il bruco.
"Fecero l’amore per un istante.
Il presente.
Il bruco pensò. La farfalla volò."
Noi uomini siamo come bruchi increduli che non lo saremo per sempre, inconsapevoli del fatto che anche noi possiamo avere ali per volare, dobbiamo solo lasciarle crescere con fiduciosa attesa, senza opporci a questo processo che anche per noi è naturale.
Il piccolo bambino dagli occhi brillanti, curiosi, entusiasta di ogni cosa, lo sa. Sa che quando avrà imparato ad usare le mani, a camminare, a parlare, quando crescerà farà grandi cose.
Perché noi bruchi l’abbiamo dimenticato e ce ne andiamo sconsolati e cinici a brucare sempre le stesse foglie, sempre sullo stesso albero?
Eppure, a volte un fremito di ribellione ci percorre, un brivido inaspettato ci sorprende, e osiamo alzare lo sguardo ad ammirare una nuvola bianca di passaggio sul nostro cielo. E dimentichiamo di essere bruchi, e ci lasciamo andare ad immaginare uno struggente volo in cui riporre una qualche speranza.
commenta questa pubblicazione
Sii il primo a commentare questo articolo...
Clicca qui per inserire un commento