Oggi non esiste più lo stretto rapporto di vicinato che, un tempo, aveva il suo fulcro nel cortile. Rispetto al passato, resiste ancora una certa rappresentazione stereotipata della fase conclusiva della vita, segnata dai trascorsi, dalla fatica del vivere, dalla solitudine, dalla malattia. L'anziano constata quotidianamente che le sue capacità e le sue legittime istanze emozionali risultano di fatto poco esprimibili nell'attuale contesto sociale che, specialmente nel suo immaginario, lo esclude talora in modo impietoso per celebrare invece in modo compiaciuto e idealizzato i valori e il dinamismo giovanili. Molti ospiti vivono questo con rammarico, consapevoli che a volte per loro una soluzione che sia confortevole e il più possibile soddisfacente richiede volontà, capacità e risorse non indifferenti. La persona anziana è generalmente molto più attiva, informata, attenta a se stessa e ai propri bisogni rispetto al passato. E questo ci spinge a credere che sarebbe necessaria una nuova cultura dell'anziano, all'interno di una più ampia ridefinizione dei ruoli e dei modelli sociali prevalenti.
Credo che l'anzianità sia una tappa evolutiva non meno importante e non meno ricca di altre, parte integrante e traguardo del progetto esistenziale di ogni individuo.
Appare sensato, inoltre, riconsiderare il processo d’invecchiamento secondo criteri di variabilità soggettiva.
Nell'anziano, infatti, le differenze individuali tendono ad accentuarsi più' di quanto comunemente si pensi, mentre capita – in alcuni contesti - che gli si attribuisca minore identità individuale, preferendo pensarlo "al plurale", come una categoria di persone generiche e anonime, alle quali l'età non può che concedere un ruolo passivo ed uno spento, disincantato punto di osservazione sul presente. Le paure che si affacciano alla mente di una persona anziana sono in parte veicolate da una serie di stereotipi sociali che mettono in rilievo, di questa fascia di età, tendenzialmente gli aspetti negativi del cambiamento: ad esempio lo stereotipo che con l’età aumenta necessariamente la dipendenza dagli altri, affermazione che ha un fondamento di realtà, non è però vero per tutti gli anziani.
In questo contesto cercheremo di elencare quelle che sono le piccole o grandi paure che gli anziani quotidianamente provano. Esse si possono distinguere in quattro gruppi:
1. paure che riguardano la sfera prettamente psicologica:
paura della perdita di memoria, di attenzione e di concentrazione,
la paura della perdita della voglia di vivere e la paura del futuro,
la sensazione di perdere la propria identità
2. paure che riguardano la sfera prettamente fisica:
la paura della perdita dell’autosufficienza fisica a causa di una “demenza”,
la paura della dipendenza fisica dagli altri,
la paura della stanchezza fisica,
la paura legata alla compromissione della vista e dell’udito,
3. paure che riguardano le relazioni con i propri figli e i familiari:
la paura di essere abbandonati dai propri figli,
la paura di perdere il coniuge,
la paura di dipendere completamente dai familiari, quindi di creare loro anche delle difficoltà di tipo organizzativo (“paura di essere un peso”)
la paura di sentirsi in balìa della volontà altrui e la paura di non essere capito,
la paura di annoiare gli altri.
4. paure che riguardano il proprio ruolo sociale
la paura di perdere gli amici della propria età,
la paura della solitudine e la paura di isolarsi dagli altri,
la paura che gli altri non si interessino più a noi.
Ho suddiviso per comodità esplicativa le paure degli anziani in gruppi, ma nella realtà, una persona non è solo un corpo fisico, solo una mente o solo un membro della società: è il risultato unico e irripetibile dell’integrazione di questi tre aspetti. Quindi dovrebbe risultare chiaro come la paura della compromissione di uno di questi aspetti possa influire sul benessere psicologico dell’intera persona. Ad esempio, la paura realistica di perdere il proprio ruolo lavorativo, può scombussolare il senso di identità, se al momento del pensionamento non sono presenti altre relazioni sociali significative (“rete sociale”) che sostituiscano quelle dell’ambito lavorativo. O ancora, un “trauma” fisico come una frattura al femore, può assumere una grande risonanza a livello psicologico ed emotivo, per la paura di trovarsi a rimanere isolati a causa dell’immobilità fisica. Di fronte alle paure la persona anziana tende a reagire in tre modi:
1. promuovendo delle azioni utili ed efficaci per diminuire la paura.
La persona dopo aver riconosciuto i propri timori, mobilita delle “risorse” per recuperare un nuovo equilibrio per il suo benessere psicologico. Ad esempio, di fronte a dei vissuti di perdita di ruolo sociale la persona può darsi da fare per ritagliarsene altri: il pensare che “i vecchi non servono a nessuno” si può trasformare in “ero una brava madre quando i miei figli erano piccoli, forse posso essere d’aiuto anche per i miei nipoti o nell’ambito del volontariato”. In questo modo, oltre a riattivare dei nuovi ruoli, importanti per il nostro senso di identità, si rendono disponibili alternative concrete.
Anche la partecipazione agli incontri di “gruppi di auto-aiuto”, rappresenta un’iniziativa utile per superare alcune difficoltà personali. Il gruppo è una “risorsa sociale” che stimola le potenzialità sane delle persone: ad esempio, per una persona anziana frequentare un gruppo di coetanei, quindi un gruppo di persone con caratteristiche simili, i cui membri si scambiano reciproche esperienze e consigli sul modo di affrontare la quotidianità, ha il merito di sdrammatizzare la situazione e di creare condivisione emotiva.
Rispetto alla paura di perdere la memoria, la persona anziana potrebbe realisticamente riconoscere che la sua capacità di ricordare i fatti recenti è un pò peggiorata, ma allo stesso tempo potrebbe rendersi conto che altri aspetti con l’età migliorano come la capacità di sintesi (vedere le cose nel loro insieme) e di previsione che dipendono dalla lunga esperienza acquisita. Una persona potrebbe pensare, ad esempio, “è vero che non riesco a ricordare le cose come una volta, ma grazie alla mia esperienza ho una capacità di comprensione degli eventi della vita migliore rispetto al passato”.
Di fronte all’evento del pensionamento, che sembra essere più problematico per i maschi, invece di focalizzare l’attenzione sul ruolo lavorativo perduto, è utile per la persona considerare l’acquisizione di tanto tempo libero, come l’occasione per coltivare gli interessi che prima non si potevano seguire (“finalmente posso riuscire a fare quello che voglio quando voglio”). Le donne, per quanto riguarda il pensionamento, sembrano soffrirne di meno perchè solitamente, dal punto di vista sociale, coltivano parallelamente al ruolo lavorativo, tutta una serie di attività e capacità relazionali alternative: con i bambini, i nipotini, le amiche ecc.
2. Di fronte alla paura la persona può reagire facendo “parlare il corpo”: la persona può non essere del tutto consapevole delle proprie preoccupazioni o, pur essendone consapevole, non riuscire a mobilitare le risorse necessarie per ribaltare la situazione. Allora, la reazione di paura o di ansia può essere veicolata da un sintomo fisico e/o psicologico: irritabilità emotiva, agitazione motoria, disturbi fisici non giustificati da danni organici, ecc.
Sulla base dei pregiudizi più diffusi sulla paura, una persona potrebbe credere erroneamente che essa è un sintomo di “debolezza caratteriale”, oppure che avere paura di certe cose è infantile e quindi socialmente non accettabile in una persona adulta.
3.Può accadere, infine, che gli altri, prima di noi, si accorgano della nostra paura.
In questo caso, sono i familiari che si accorgono della situazione che sta vivendo la persona cara. Le strategie adottate dai familiari per invitare la persona a tranquillizzarsi dipendono in larga misura dal modo in cui una particolare famiglia cerca di risolvere i problemi che le si presentano. Si passa dalle proteste, alle lamentele, ai richiami, agli inviti a discuterne e a reagire attivamente.
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