Homo Prospectus tra antropologia e psicologia: potenziare il futuro sbloccando il passato

Quali relazioni reciproche possono delinearsi tra prospettive antropologiche, teorie psicologiche e approcci psicoterapeutici? Questa domanda apre un interessante dialogo tra discipline che, seppur diverse, si trovano a convergere nell'esplorazione della condizione e della natura umana

Abbiamo appreso sin dalla scuola a definire l’essere umano come Homo Sapiens, specie animale frutto di una cosiddetta evoluzione all’interno della famiglia degli ominidi, nell’ordine dei primati, secondo la tassonomia di Linneo risalente al XVIII secolo. La caratteristica distintiva dell’"uomo intelligente" sarebbe dunque il sapere, la conoscenza.  Ma in che cosa consiste tale “intelletto”? Qual è l’oggetto del suo “sapere”? Il sapere dell'Homo e ciò che lo rende Sapiens è tradizionalmente inteso come la sua capacità di apprendere dal passato.

Recenti teorie antropologiche propongono una nuova definizione che ribattezzando l’essere umano con il nome di Homo Prospectus (Seligman et al., 2016), gli assegnano nuovi attributi costitutivi.
Con il connotato Prospectus gli autori intendono associare la qualità del sapere umano non tanto a ciò che gli è già noto ed ha acquisito dall’esperienza passata, quanto al potenziale di conoscenza a sua disposizione, conquistabile attraverso l’esperienza futura ancora da esplorare. In tal senso, Prospectus si riferisce all’uomo-scienziato sì, ma inteso come esploratore dinamico degli eventi futuri su cui fare previsioni e verifiche, e non solo come conoscitore degli eventi passati da cui operare deduzioni e associazioni.

Un paradigma psicologico teorico vicino ai principi della prospezione in antropologia è quello cognitivo-costruttivista.
George Kelly, padre del filone costruttivista della psicologia cognitiva, nel postulato fondamentale della sua Teoria dei costrutti personali afferma “i processi di una persona sono psicologicamente canalizzati in funzione dei modi attraverso i quali essa anticipa gli eventi”. La teoria sostiene che per il soggetto la realtà non sia oggettivamente determinata, ma costruita dalla mente attraverso schemi interpretativi di natura intrapsichica e relazionale (costrutti). Le narrazioni che ci raccontiamo sulle nostre esperienze, su chi siamo e su cosa possiamo diventare, sono naturalmente in continua evoluzione.

Secondo gli enunciati di Kelly la definzione del meccanismo anticipatorio contiene, attraverso i suoi corollari, anche l'individuazione del possibile elemento di fallacia del sistema, cioè la possibile fonte di interruzione o blocco del processo evolutivo di conoscenza dell’uomo. Se infatti il “modo” di anticipare gli eventi si basa esclusivamente sulla conoscenza del passato e sulla conferma di scelte conosciute, ecco che la generazione di alternative anticipatorie si irrigidisce fino ad interrompersi, nel tentativo ostinato di ottenere effetti certi, cioè inevitabilmente limitati alla ripetizione di schemi precedenti. Si innescano così meccanismi automatici di comportamento e giudizio che, a prescindere dalle buone intenzioni, finendo col ricercare ostinatamente la corrispondenza con conoscenze pregresse, impediscono l'accesso a nuove esperienze, quindi all’esplorazione del futuro; da tale esplorazione dipende infatti l'aggiornamento dei "programmi di lettura" della realtà (costrutti), quindi di nuova ed efficace esperienza, e così via in modo iterativo.

Quello che avviene in questo caso è un vero e proprio blocco dell’esistenza, del fluire della vita in effettiLo stesso Kelly definisce la condizione del paziente sofferente come “intrappolato nei proprio sistema di costrutti”, a intendere che se la modalità di anticipazione degli eventi resta basata sulla presunta conoscenza di relazione causa-effetto appresa dal passato e non viene aggiornata con informazioni attuali per simulazioni verosimili sul futuro, essa diventa inefficace, poiché obsoleta.

È a questo punto che può svilupparsi una condizione di malessere (ad esempio con comparsa di sintomi e disturbi fisici, emotivi, del pensiero) connessa da un lato alla sopraggiunta inefficacia di sistemi di lettura della realtà e comportamento considerati collaudati, ma ancor più alla momentanea mancata identificazione di tale inefficacia, ed alla percepita indisponibilità di alternative.

Kelly definisce la psicoterapia sostanzialmente come un processo di accompagnamento alla ripresa del movimento interrotto dall’obsolescenza dei costrutti, mediante la loro verifica, rettifica ed espansione, nella formulazione di "nuovi programmi" di interpretazione della realtà per il recupero di potere di azione su di essa. 

La psicoterapia, in quest’ottica, è atta a fornire strumenti per facilitare l’empowerment del paziente, mediante il campo della relazione terapeutica.

Il concetto di empowerment, in questa chiave, va oltre il semplice rafforzamento del controllo/potere sull’ambiente. Esso riguarda la "possibilitazione", ovvero la capacità di generare alternative comportamentali “possibili” e di reinventare se stessi. La "possibilitazione" implica che il paziente non si percepisca più come un individuo prigioniero delle proprie circostanze o della propria storia o automatismi, ma come una persona capace di agire in modi nuovi, diversi e creativi, cioè libero, poiché in condizione di scegliere tra almeno due diverse possibilità.

Sin qui si intuiscono facilmente i punti di vicinanza tra costruttivismo kelliano e approccio antropologico di Homo Prospectus, tuttavia si configurano alcune specifiche che costituiscono il vero apporto potenzialmente creativo derivante dall'intersezione delle due discipline.

Per il paradigma dell’Homo Prospectus, così come per il costruttivismo, la visione del mondo come un costrutto dinamico è cruciale. Se la percezione del passato può limitare il cambiamento, così la proiezione verso il futuro offre uno spazio aperto per la sperimentazione e la costruzione di nuovi significati. Inoltre la prospettiva dell’Homo Prospectus conferma la qualità aggiunta della disponibilità di alternative prospettata dal costruttivismo nell’operazione di selezione e scelta, valorizzandola però particolarmente in termini di informazione a livello della coscienza (non solo della conoscenza). In questo sta il contributo rivoluzionario della nuova prospettiva antropologica della prospezione, applicabile con originalità anche alla psicoterapia!

Non solo infatti la facoltà di decidere tra più opzioni, migliorerebbe la qualità oggettiva della scelta in termini di previsione e computo di vantaggi e svantaggi. La novità sta nel fatto che quand’anche la scelta di giudizio o comportamento effettuata dovesse verificarsi non ottimale (ad esempio per errore di valutazione delle condizioni di partenza o degli effetti, per sovra o sottovalutazione della sostenibilità dello sforzo, per variazione delle condizioni in itinere), il fatto in sé di avere generato le alternative escluse, fa sì che esse siano state prodotte e pertanto esistano ipotesi controfattuali (non verificatesi poichè non scelte) con cui effettuare confronti.

Tali ipotesi risulterebbero altamente informative sul piano della conoscenza prospettica, intesa come apprendimento ed anche come coscienza.

Ora, l'apprendimento riguarda la valutazione degli elementi per operare una scelta tra opzioni, quindi apporta conoscenza circa le cose in sè. La coscienza invece pertiene un piano dimensionale superiore, ovvero riguarda la valutazione tra i criteri utilizzati per operare le scelte, quindi apporta una conoscenza su di sè.

Le ipotesi scartate vengono ad assumere in tal senso un doppio valore di conoscenza prospettica. Da un lato esse costituiscono un patrimonio opzionale disponibile sul piano operativo delle scelte successive da compiere, ovvero forniscono una gamma di possibilità includibili o ulteriormente scartabili ma comunque confrontabili, tra cui scegliere. D'altra parte eppure contemporaneamente esse fungono da meta-informazioni per l'ulteriore generazione ed elaborazione dei criteri attraverso cui scegliere.

L'alternativa prefigura dunque la possibilità di scelta futura a più dimensioni auto-generative. La scelta mantiene movimento. Il movimento produce conoscenza e quest'ultima assicura la vita

Pertanto, riepilogando logicamente per slogan essenziali e sequenziali potremmo dire:

  1. Se c’è blocco, è perché non c’è (più) alternativa
  2. Senza alternativa non c’è prospettiva --> Se c’è prospettiva c’è movimento --> Dove c’è movimento c’è conoscenza --> la conoscenza riguarda apprendimento (sulle cose) e coscienza (su di sè).
  3. Finché c’è conoscenza c’è vita.

Questo tipo di conoscenza esplorativa, prospettica, dinamica, ricercabile, gernerativa, cosciente ha come oggetto, secondo l’Homo Prospectus, non solo il sapere, ma la vita stessa.

Prospectus quindi non è colui che “sa”, ma è l’Uomo che “Sa…vivere”.

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Riferimenti bibliografici

  • Kelly, G. A. (1991). The psychology of personal constructs. London: Routledge (Pubblicazione originale New York, NY: Norton, 1955).
  • Seligman, M. E., Railton, P., Baumeister, R. F., & Sripada, C. (2016). Homo prospectus.Oxford University Press.

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