Qual è il significato del ponte?

 

La riflessione sul significato del ponte è partita dall’osservazione della realtà territoriale di Laviano, un piccolo centro dell’alta valle del Sele, in Campania, che vanta una meravigliosa opera strutturale volta a  rappresentare un’importante attrazione turistica per gli amanti della natura e della cultura: il ponte tibetano.

È stato inaugurato nel 2015 e, nel giro di tre anni, è riuscito a portare in loco centinaia di curiosi e lanciare  una meta  da mettere in agenda.

I lavori per la costruzione del ponte sono iniziati nel 2014 ad una quota di 512 metri s.l.m. a pochi passi dal castello medievale che sormonta il vecchio borgo ed è stato inaugurato nel mese di giugno del 2015.

La struttura d'acciaio è sospesa a circa 80 metri d'altezza in uno dei punti più stretti del Vallone delle Conche ed è lunga circa 90 metri.

La passeggiata di pochi minuti da un punto all'altro regala grandi emozioni e riempie gli occhi di tutta la bellezza che circonda la zona.

Il ponte non è solo un’opera d’ingegneria o una cornice per il passaggio, ma per i Lavianesi ha assunto un significato simbolico: è il ponte della memoria. Conduce ad un luogo fortemente significativo: il castello, rinato a difesa del passato, mentre esso è la passerella verso il futuro, il posto da cui far ripartire la nuova identità culturale del luogo.

Dunque il ponte tibetano di Laviano è un collegamento tra passato e futuro. Il passato, quello da cui si (ri)parte dopo tutte le macerie, anche metaforiche, del terremoto del 1980 ed il futuro, quello da riscrivere. come può essere arrivare alla fine della passerella e trovarsi a pochi metri dall’antico castello completamente restaurato.

Simboleggia pertanto una rinascita.

Il ponte tibetano conduce al borgo fantasma, sospeso tra passato e presente, un incentivo per tanti giovani che con la scusa dell’esperienza avventurosa riscoprono le bellezze dimenticate della loro terra. inoltre, la struttura essenziale della costruzione riduce al minimo l’impatto sull’ambiente e sul panorama della riserva naturale che lo circonda e cominciare così un percorso di ecoturismo sostenibile.

Il ponte è una delle opere più grandiose che l’uomo abbia mai realizzato.

Già gli antichi romani avevano intuito che la costruzione di ponti facilitava le loro conquiste territoriali, ma consentiva anche una rapida espansione commerciale e culturale con lo scopo di assottigliare il più possibile le differenze tra i popoli . Attraverso la costruzione di ponti  ed edifici, utilizzando la tecnica ad arco, mutuata dagli etruschi, che consentiva solidità e durata, Roma manifestava la sua bravura, efficacia, bellezza, forza e opulenza, tutto ciò che serviva a stupire il mondo.

La realizzazione di opere destinate a segnare inevitabilmente dei cambiamenti all’ambiente in cui si inseriscono e alle persone che vi interagiscono, porta con sé anche tanti controsensi, ma quello che però non cambia è il significato che porta con sé, che, attraversando i millenni, è rimasto immutato e che, consci o meno, guida tuttora la costruzione dei ponti: unire due parti che in origine erano divise. per questo i ponti sono una delle opere più grandiose che l’uomo abbia mai realizzato, per la sua carica di significato metaforico oltre che alla loro concreta utilità.

Infatti l’attrazione verso ciò che è sconosciuto, la spinta verso l’oltre, l’altro, il diverso, ha attivato nell’essere umano la capacità creativa di “gettare dei ponti” che consentono comunicazione e possibilità di incontro tra differenti realtà, senza per questo ostacolare il fluire di ciò che era preesistente.

Dove si costruiscono ponti non ci sono assimilazione, fusione o identificazione totali, ma piuttosto accrescimento di conoscenza e scambio di idee. Il ponte è cioè esperienza concreta di unità e diversità insieme, di opposti che in origine sembravano molto distanti ed improvvisamente si trovano ad essere talmente vicini da poter interagire con grande facilità.

Attenzione però, perché un ponte non si può costruire da soli, infatti si parte da un estremo, ma se manca dove appoggiarsi, ovvero chi ti tende la mano dall’altra parte, non si può fare.

Pensiamo alla tipologia del ponte tibetano: originariamente realizzato con sole funi ancorate alle estremità messe in collegamento dal ponte stesso e senza appoggi intermedi.

In una tale struttura più tese sono le funi, più stabile è il ponte, in quanto si riducono le oscillazioni laterali: ovvero più gente  vi è sopra e più è stabile (entro i limiti di portata, ovviamente).

Quindi, se vogliamo riportare questa nozione ad una metafora: più persone intraprendono insieme una certa strada, più il gruppo si rafforza, è sinonimo di un legame indissolubile.

Il ponte può essere analizzato sotto molti punti di vista diversi: il ponte che unisce, il ponte che divide, il ponte sospeso, il ponte abitato, il ponte isolato, il ponte che crolla perché ci siamo voluti riagganciare anche ai recenti fatti di cronaca del crollo del ponte Morandi di Genova

Ma cosa ci comunica, simbolicamente, il crollo di un ponte?

Se il ponte è una struttura che unisce ciò che è diviso, e lo scopo è unire, permettere di attraversare e di raggiungere, un ponte che crolla  indica una scissione: una connessione si è lacerata. Ciò a dire, ancora una volta, che è prevalsa l’incuria e la negligenza umana, la sottovalutazione di temi importanti come la sicurezza e la prevenzione che coinvolgono in primo luogo le scelte politiche del paese, ma che riguardano, in modo stretto, le vite di tutti noi , attraverso una incisiva  opera di educazione di cui sono promotrici, in primis, la famiglia e la scuola.

 

 

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