Si parte dal presupposto che l’Immaginario sia una facoltà psichica dell’essere umano, una componente fisiologica della mente umana, al crocevia tra sogno e realtà, in cui l’Io risulta parzialmente acritico, lasciando all’inconscio la possibilità di esprimersi scivolando tra le difese e le resistenze.
Il paziente si lascia andare ad immaginare secondo un proprio stile personale di procedere, implicandosi in una storia di fantasia, nella quale è quanto più possibile partecipe, spontaneo, autentico: la produzione immaginativa, così ottenuta, è rappresentativa del mondo interno del paziente (oggetti interiorizzati e relazione tra l'Io e gli stessi oggetti) e viene comunicata al terapeuta mentre viene prodotta, attraverso il codice linguistico verbale, che traduce ciò che il soggetto sta immaginando visivamente nella sua fantasia. Nel linguaggio simbolico fatto di immagini concatenate, che viene così attivato, emergono: i conflitti inconsci, le carenze, le distorsioni intrapsichiche, le relazioni oggettuali, le potenzialità, le rappresentazioni di istanze Egoiche, Superegoiche e dell'Es, contenuti nell'inconscio personale e collettivo,ecc. "La Procedura Immaginativa (...) in cui la funzione dell'Immaginario si attiva", afferma Simone Vender (Professore Straordinario di Psichiatria, Università degli studi dell'Insubria), è "una via privilegiata di accesso all'inconscio, capace di far emergere l' intreccio delle funzioni cognitive, affettive e simboliche", "al crocevia tra istinti inconsci e pensieri dell'Io cosciente, è un movimento esplorativo e riparatorio".
Lavorare in psicoterapia con bambini e adolescenti utilizzando la metodologia della Procedura Immaginativa richiede una certa elasticità e numerose accortezze. Come scrive Nicole Fabre :“La strada dell’utilizzazione del sogno da svegli con i bambini è disseminata di trappole. La predominanza dell’azione in alcuni bambini, le difficoltà di accesso alla rappresentazione, al simbolismo, il peso reale dell’ambiente familiare di cui il bambino è spesso il gioco, la terapia con i bambini istituzionalizzati, le diverse patologie, le indicazioni, le controindicazioni…tante domande a cui cercano di rispondere, alla luce della propria esperienza clinica, i terapeuti che utilizzano questo approccio”.
La costruzione del setting
La stanza
La stanza dello psicoterapeuta che utilizza la P.I. non differisce da quella di molti altri terapeuti infantili. Si trovano materiale per disegnare, per dipingere, modellare, elementi di gioco. Questi oggetti, tuttavia, non sono scelti a caso. Dal momento che il senso non è tanto riversare l’affettività nell’azione, bensì collocare la problematica ad una certa distanza, per poterla osservare e rielaborare, gli oggetti vengono scelti in modo in modo da “strutturare lo spazio del sogno da svegli”. “Concetto che si avvicina a quello ben noto di spazio onirico, definito da Masud Khan, e a quello di spazio transizionale descritto, come abbiamo visto, da Winnicott” (N. Fabre).
Il materiale
Il bambino, in seduta, scopre che l’oggetto non è altro che ciò che ne facciamo. Risulta quindi necessario utilizzare materiale plastico, modellabile, fluido, o comunque lasciare spazio e possibilità di cambiamento. La macchia può diventare un bel fiore senza doverla cancellare; la plastilina può un giorno essere un dinosauro, un altro una torta, un altro ancora un gioiello; la carta può essere ritagliata in mille forme; i pupazzi possono rappresentare uno scenario nuovo ogni volta. “Il bambino sa che nel sogno notturno il gatto diventa topo e che il gatto è capace di diventare gatto o uccello”(N. Fabre). Attraverso i mutamenti ci si avvicina al significato, un significato svelato poco a poco.
La parola del terapeuta
Come per l’adulto, in cui gli spostamenti assumono un ruolo significativo all’interno della P.I., gli interventi nelle messe in scena del bambino mirano ad ampliarne il significato e a fare in modo che possa essere interirorizzato. “Il bambino viene invitato non solo ‘altrove’ ma anche ‘più lontano’. I rilanci del terapeuta sono rilanci che invitano ad un approfondimento. In questo modo autorizzano il bambino a osare spingendosi ogni volta un po’ più lontano, a sviluppare quell’‘altrove’ verso il quale lo accompagna, a superare le barriere, i divieti, il senso di impotenza. ‘E se disegnassimo il seguito?’ ‘Il forziere del tesoro…e se tu l’aprissi?’ ‘E dietro la porta?’ (N. Fabre).
Bibliografia
FABRE N. (2004)
L’immaginario in azione nella psicoterapia infantile, Edizioni Magi.
ROCCA R., STENDORO G. (2001)
L’Immaginario, teatro delle nostre emozioni. Dal Rêve-eveillé alla Procedura Immaginativa, Bologna, CLUEB.
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