L’immaginario come tecnica di elaborazione del profondo nel sostegno e cura integrata ai metodi cognitivo-comportamentali

“L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione,” così disse il fisico tedesco Albert Einstein.

Le capacità immaginative rappresentano le modalità tramite cui gli esseri umani registrano ed elaborano i contenuti intollerabili dall’Io. L’assenza di una soluzione ad un quesito crea angoscia, il cervello s’impegna ad applicare la propria curiosità creativa e a completare gli elementi mancanti del quesito grazie all’immaginario. Dagli archetipi e dai primi traumi, fino ai casi più conclamati di sintomatologia psicotica (quali confabulazioni, dissociazioni, e/o distorsioni percettive), l’utilizzo dell’immaginazione e del linguaggio metaforico dell’immaginario ci assiste per elaborare la realtà che ci circonda, contenendo le nostre più forti angosce.

Immaginare è una capacità che ha preceduto la cognizione nell’evoluzione filogenetica degli esseri umani. È emersa presto come abilità, consentendo ai primi uomini di formare immagini mentali, simulare scenari ed impegnarsi nella risoluzione creativa dei problemi. L’immaginazione, radicata nel corpo e nelle emozioni, ha svolto un ruolo fondamentale nell’adattamento, per poi evolversi successivamente con il linguaggio ed il pensiero simbolico, rimanendo influente negli sforzi creativi dell’uomo come nella poesia e nelle altre arti.

Lo psicoanalista Sigmund Freud sosteneva che:
“La creatività èun tentativo di risolvere un conflitto generato da pulsioni istintive biologiche non scaricate, perciò i desideri insoddisfatti sono la forza motrice della fantasia ed alimentano i sogni notturni e quelli ad occhi aperti.”

Le fasi evolutive dell’immaginazione riflettono lo sviluppo delle capacità immaginative umane nel corso del tempo. In una prima fase, presumibilmente all’epoca del Pliocene (circa 3-5 milioni di anni fa) ci fu un’immaginazione involontaria, simile alle libere associazioni nei sogni. I nostri antenati potevano ovviamente percepire un leone nella savana, ma potevano anche far affiorare in modo imprevedibile immagini casuali di leoni mentre si trovavano impegnati in lavori quotidiani.


Successivamente nell’epoca del Pleistocene (circa tra i 2,58 milioni ed i 11.700 anni fa), si sviluppò un’immaginazione semi-volontaria, che coinvolse una cognizione a caldo in tempo reale (hot cognition) ed una creatività improvvisata. Possiamo ipotizzare ad esempio che i comportamenti ritualizzati, guidati dagli sciamani, avrebbero portato alla coscienza esseri immaginari (quali ad esempio i leoni) attraverso azioni e gesti abituali.

Infine si sviluppò l’immaginazione volontaria, dal Paleolitico Superiore (40.000 – 10.000anni fa) all’Olocene (12000 – 9000 mila anni fa), che incorporò processi cognitivi controllati e deliberati. Se si pensa alle pitture rupestri de “l’uomo leone” a Hohlenstein-Stadel in Germania e “l’uomo bisonte” nella Grotte de Gabillou in Francia, esse potrebbero essere le prime manovre trasgressive e trasformative di logica immaginativa, quali mescolanze tra forme animali ed umane all’interno delle arti visive.

Queste fasi evolutive ci portano alla distinzione tra immaginazione ed immaginario, dove l’immaginazione rappresenta una forma di pensiero che non segue regole fisse né legami logici, ma si presenta come elaborazione libera di contenuto di un’esperienza sensoriale, legata a un determinato stato affettivo. D’altra parte l’immaginario è la rappresentazione metaforica del singolo che, tramite la metafora simbolica, elabora i contenuti della psiche a metà tra il conscio e l’inconscio. Per citare lo psicoanalista Carl G. Jung: “La scarpa che sta bene ad una persona sta stretta a un’altra. Non c’è una ricetta di vita che vada bene per tutti.” La progressione evolutiva dell’immaginario, nei singoli e nei gruppi, rappresenta oggi, come nella storia, un valido strumento progressivo e funzionale al superamento dei limiti imposti dalla logica e dalla ragione. Il suo sviluppo nel tempo rappresenta quanto le capacità dell’immaginario si siano ampliate ed affinate, denotando un sempre maggiore sviluppo sociale, culturale ed umano e rappresentando uno degli strumenti atavicamente più efficaci per portar luce ai pensieri “non pensabili” dell’inconscio.

Come gli animali utilizzano immagini (ricordi visivi, uditivi, olfattivi) per adattarsi a nuovi territori e problematiche, così l’uomo genera informazioni per poi dipingerne rappresentazioni immaginifiche. E’ nell’assenza di sicurezza, di certezze, che l’uomo crea e riempie tale vuoto con il proprio immaginario. Nel corso degli anni certi simboli e metafore entrano nella memoria semantica dell’uomo, divenendo “certezze” ipotetiche dei misteri della vita e della morte e permettendo, grazie ad una traslazione immaginifica, la trasformazione di pensieri ‘instabili’ in pensieri ‘stabili’. Il lavoro di cura e sostegno, tramite l’immaginario del paziente, permette l’elaborazione attiva del profondo mediato dalla simbologia interiorizzata dell’individuo, favorendone l’evoluzione interna e promuovendone la cura.

L’introduzione di tecniche cognitivo-comportamentali nasce per identificare e modificare modelli di pensiero e comportamenti disadattivi. Queste tecniche comportano un esame consapevole, una sfida alle proprie credenze sul mondo, bias e distorsioni, proponendo una loro possibile sostituzione con schemi più adattivi e positivi.

Il loro approccio “evidence-based” segue un percorso top-down, un’elaborazione di tipo induttivo, basata su dati comportamentali e sulle loro conseguenze. Nei disturbi di personalità ad esempio, grazie all’approccio cognitivo-comportamentale, si agisce sui pensieri e sulle credenze consce, elaborando verbalmente la propria psiche in maniera lucida e razionale. Questo si contrappone ad un percorso analitico Immaginario, di stampo psicodinamico e di tipo deduttivo-simbolico, che utilizza il materiale inconscio immaginifico, come l’imagérie, i sogni, le associazioni libere ed intuitive, unitamente alla teoria ed alla tecnica psicoanalitica, per favorire l’insight.

Come disse il fisico Albert Einstein:”La logica ti porta da A a B. L’immaginazione ti porta ovunque.”
Per stabilire un cambiamento radicale e duraturo è necessario che la struttura di significato del paziente venga attivata anche a livello emotivo (Greenberg& Malcolm, 2002; Holmes e Mathew, 2005). Qualora le tecniche di elaborazione verbale CBT non fossero in grado di modificare il nucleo delle patologie (come in alcuni disturbi di personalità), l’integrazione di tecniche esperienziali, specie quelle immaginative, acquisisce un ruolo centrale per l’elaborazione delle emozioni (Lang, 1987).Le immagini rappresentano una via d’accesso diretta alle emozioni ed al loro utilizzo, risultano più efficaci dell’elaborazione verbale ed attivano le stesse aree cerebrali coinvolte nella percezione (Holmes e Matthews, 2006; 2010). Dove l’approccio CBT permette un’elaborazione top-down, il lavoro svolto in parallelo a livello bottom-up da immaginazione ed immaginario, promuove un effetto sinergico e diffuso di varie reti neurali associate alla cognizione, alla memoria, all’emozione, ed al comportamento.

Quando elaboriamo i pensieri usiamo il cognitivo e la razionalità, quando interagiamo con le immagini mentali utilizziamo la nostra intuizione. Quando immaginiamo volutamente mescoliamo immagini, proposte di azione, ricordi, esperienze in tempo reale, nonché suoni, storie e sentimenti. La nostra mente diventa un processore multimediale che si sposta lateralmente tra le connotazioni, anziché seguire un percorso logico lineare verso il basso attraverso un processo d’inferenza. L’integrazione CBT-Immaginario facilita di fatto sia il pensiero verticale, che quello orizzontale.

Nella cura e nel sostegno psicologico, questa integrazione può rappresentare una potente via regia per la promozione del benessere olistico dell’individuo. Il collegamento di questi due approcci evidenzia un coinvolgimento sistemico di diverse regioni cerebrali chiave, come la corteccia prefrontale, il sistema limbico, la corteccia cingolata anteriore, l’insula ed il sistema della condizione di default (DMN). Combinando queste due modalità terapeutiche i professionisti possono attingere sia agli aspetti ‘pensabili’ che ai‘ non pensabili’ della psiche dei pazienti, aumentando l’efficacia nonché l’efficienza dei processi evolutivi del profondo e del comportamento, per il benessere sistemico ed integrato della collettività.

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