Il termine psicodramma evoca nozioni in chiunque si accosti ad esso. Messa in scena, gioco psicodrammatico, sono parole di cui si intuisce il significato e non troppo distanti dalla pratica dello psicodramma. Jacob Levy Moreno ha creato tale tecnica, ed è riuscito in poco tempo a divulgarla, rendendo quotidiano l’uso di un termine (e di uno strumento) che si diffonde trasversalmente in molti ambiti. Le caratteristiche dello psicodramma moreniano sono: la catarsi, la spontaneità e l’improvvisazione, l’azione e la creatività, il gruppo e la presenza di un direttore che fa da regista. Ad oggi, numerose correnti psicologiche si avvalgono dello psicodramma come tecnica terapeutica e/o pedagogica, bisogna però porre attenzione, nel nostro caso, al termine “freudiano”, chiave del metodo utilizzato, che non prevede un direttore/regista, né un pubblico né tantomeno vuole avere un effetto puramente catartico.
Paul e Gennie Lemoine nel 1963 applicarono le teorie psicoanalitiche allo psicodramma, fornendo la cornice teorica lacaniana al dispositivo. Lo psicodramma freudiano è condotto da due terapeuti: un animatore e un osservatore. In seduta, ogni soggetto è invitato a raccontare qualcosa di sé, secondo la regola analitica delle libere associazioni. A partire dal racconto di ogni soggetto, l’animatore fa focalizzare l’attenzione su una scena specifica ed ascoltando il discorso del gruppo, decide di chiamare il partecipante a mettere in scena quanto raccontato. Spesso, per quanto distanti i racconti, i sintomi e le situazioni di vita, queste scene funzionano da risposta alla questione posta da un altro. La messa in scena risveglia in ciascuno degli altri partecipanti degli echi e il discorso circola dall’uno verso l’altro. Il lavoro si basa sul transfert verso il terapeuta (come nelle sedute psicoanalitiche individuali) e le identificazioni con gli altri partecipanti, ma si mantiene come terapia in gruppo e non di gruppo: non si mira a costruire un “noi” del gruppo, ma si lavora uno per uno, ognuno con le proprie questioni. Non si consigliano le relazioni tra i pazienti al di fuori del gruppo di psicodramma che deve restare un "luogo Altro", in cui mettere in gioco sé stessi. Nella parte finale della seduta, l’osservatore rimanda con delle sottolineature del discorso i tratti comuni o gli scarti e le differenze nel detto dei partecipanti, in modo da aprire delle questioni e favorire la riflessione.
All’interno dei gruppi di psicodramma si richiede di rispettare la riservatezza riguardo i temi trattati e le persone appartenenti al gruppo.
Il tempo di una seduta di psicodramma freudiano è di circa 1 ora e mezza.
PERCHÉ SCEGLIERE UN GRUPPO DI PSICODRAMMA FREUDIANO COME TERAPIA?
La domanda di cura alla quale un gruppo di psicodramma freudiano può rispondere può generarsi dalla difficoltà a gestire un sintomo divenuto pressante: ansia, depressione, attacchi di panico, anoressia, bulimia, obesità, dipendenze con o senza sostanze.
Può però fornire anche un ottimo punto di inizio di un percorso di riflessione personale che parta da un disagio come lo stress sia familiare che lavorativo, la difficoltà a fronteggiare lutti, il sostenere dei cambiamenti importanti come la conclusione di una relazione amorosa oppure la separazione o il divorzio.
Lo psicodramma freudiano è uno spazio e tempo condiviso in cui l'altro simile ma con le sue questioni specifiche rimanda, come in uno specchio , alcune parti dell'altro. Grazie ai terapeuti, si può cogliere una parte di sé e dei propri sintomi in una prospettiva diversa per trovare una modalità unica e nuova di fronteggiare le difficoltà che ostacolano il buon andamento della vita.
Ma la scelta dello psicodramma freudiano come percorso non si fa da soli: le sedute individuali preliminari con uno dei due terapeuti permettono di inquadrare le questioni dolorose per poi lavorarle nel dispositivo terapeutico in un percorso protetto e sicuro.
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