Che cosè la psicoterapia di gruppo? Quali sono le motivazioni che possono portare un terapeuta a proporla ad un paziente in alternativa ad un percorso individuale?
Partiamo col dare una “cornice” al lavoro di gruppo. Esattamente come per la terapia individuale è necessario stabilire delle regole di “setting” (ovvero formali come frequenza, orario, luogo).
Il setting costituisce quindi il primo passo necessario per istituire il gruppo, oltre rappresentare delle regole, rappresenta uno spazio sensoriale ed affettivo per ogni partecipante.
Esistono poi degli “obiettivi” che saranno diversi in base alla terapia che si va ad affrontare ed ai membri che fanno parte del gruppo. Il gruppo può avere un termine, dunque con una durata temporale limitata e stabilita a priori (es. un anno) e dunque affrontare delle questioni specifiche che riguardano tutti i partecipanti (es. problemi di alcol, alimentazione, disagio adolescenziale etc...), oppure avere maggior flessibilità sul termine temporale, senza avere previsioni per la durata, né argomenti specifici da affrontare, prevedendo anche la possibilità di rimanere “aperto”, cioè di poter accogliere nuovi membri in qualsiasi momento della terapia, naturalmente dopo una attenta valutazione preliminare del terapeuta.
In questo ultimo caso la terapia di gruppo è fondata sulla libera circolazione dei pensieri dei partecipanti, che possono esprimersi condividendo emozioni con gli altri, e sentendosi accolti e capiti. Attraverso il gruppo sono possibili identificazioni e funzioni di rispecchiamento. Il gruppo infatti promuove la costruzione dell’intersoggettività, restituendo ai partecipanti un sentimento di identità ed appartenenza. Ciò che caratterizza maggiormente questo tipo di gruppo è la libertà. Intesa come libertà di espressione, di pensiero, libertà di parlare secondo un “ordine emotivo” e non secondo dei turni prestabiliti. Non ci sono regole da seguire su cosa dire o no, sui pensieri consentiti o meno. Questo tipo di libertà è uno strumento terapeutico che aiuta le persone a rendersi più consapevoli e più attive nella realtà, permette lo svilupparsi di una comunicazione meno stereotipata.
Il gruppo terapeutico viene pensato (in questo caso) come un “soggetto unico”. Questo tipo di modalità aiuta a concentrarsi sul gruppo e non sui singoli membri. Viene infatti data da parte del terapeuta un’interpretazione di gruppo e non individuale e specifica per ciascun membro.
Le motivazioni che possono portare un terapeuta ed un paziente ad optare per una terapia di gruppo anziché individuale possono essere molteplici, tra cui: condividere il medesimo problema o disagio con altre persone; confrontarsi con altre soggettività scambiandosi emozioni e pensieri e sentendosi parte di un “contenitore protetto”; relazionarsi e sperimentarsi all'interno di un gruppo con la possibilità di “trasferire” anche all'esterno ciò che si è appreso delle dinamiche tra i vari membri; apprendere la condivisione degli spazi, dei tempi e dell'ambiente.
Di seguito riporto uno stralcio di una seduta di gruppo svolta all'interno di un reparto ospedaliero, che mette in evidenza in modo puiù chiaro ciò che ho descritto fino ad ora:
[….]
Alba: io vorrei tornare come ero una volta…una volta gli altri facevano affidamento su di me.. ero una donna forte, davo sicurezza a tutti. Ora come sono ridotta? Poi il mio fisico sta cedendo….ma ormai ho imparato anche a convivere con questi stati d’animo, con la mia depressione… quella mi fa compagnia da quando sono piccola.
Anna: io soffro tanto a vedere i miei familiari che stanno male…io sto bene…ho solo un po’ di paure…per esempio di non essere capita nei miei comportamenti...
Alberto: si certo ti angosciano ste cose…è normale…
Giuseppe: mah... io non ho questa paura, forse perché non sto male come voi in questo momento..
Alberto: io sarò felice quando l'ansia mi abbandonerà..poi adesso non farò più stupidate, non litigherò più con nessuno, con questa terapia spero di iniziare a star bene...
Anna: io sto male solo per i miei..quando li vedo soffrire soffro anch’io, addirittura piango non so, ho troppa sensibilità verso di loro. Ieri ho visto un gatto guardando fuori dalla finestra..ho pianto... sembro io in gabbia, lui è libero.
[...]
Ciò che può cogliere il terapeuta di gruppo e riportare ai partecipanti è il clima emotivo del gruppo. In questo caso specifico la seduta sembra sia caratterizzata da un clima di rabbia e paura.
La paura è quella di vedere dentro di noi gli stessi aspetti folli, anormali, che vediamo negli altri e che ci illudiamo che non ci appartengano. La paura è rivolta verso se stessi, verso quelle parti che si conoscono poco e che fanno emergere i lati più nascosti della personalità, incontrollati.
L'immagine del gatto fuori dalla finestra e della gabbia, la possiamo considerare come una sorta di immagine simbolica, che rimanda all'idea del dentro-fuori di noi: osservi delle parti di te stesso sia guardandoti internamente che guardando l'altro. Questo tema è un sentimento che può attraversare in generale qualsiasi terapia di gruppo, proprio perchè fa parte in modo profondo delle dinamiche che vi operano, cioè la comunicazione continua tra me e il gruppo.
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