Ma sono sempre davvero gli altri a sbagliare e noi le vittime?

Nella pratica clinica che svolgo da diversi anni, sempre più persone si rivolgono a me per risolvere problematiche di coppia. Dalle quali derivano grandi malesseri in chi mi chiede il supporto.
Col tempo, però, ci si rende conto che nella stanza di terapia siamo in tre, e talvolta anche in quattro: la persona, io, il partner e una madre (della persona o del partner della persona). 
Questo è un serio problema. Perchè gli altri non possono essere cambiati come vorremmo noi. Ed è impossibile tentare di uscire da una situazione dove noi pretendiamo che sia l'altro (o l'altra) a cambiare atteggiamento o, peggio ancora, carattere, senza la loro volontà. 
In tante occasioni ho visto donne e uomini restare insoddisfatti dalle mie parole, al fatto che dicessi loro che gli altri non possiamo cambiarli secondo le nostre esigenze. 
Lo dico sempre quando si inizia un percorso di psicoterapia: quando si sceglie di venire da noi, e c'è la volontà e il desiderio di uscire dai tormenti che ci affliggono ogni giorno, la strada che abbiamo davanti implicherà un notevole sforzo personale. Metterei da parte la questione economica - in quanto il professionista va sempre incontro alle esigenze di ciascuno di noi al fine di trovare un accordo e poterlo realizzare. 

È uno sforzo interno, che costa fatica, dolore, lacrime. Mi si potrebbe obiettare del perchè tutto questo. Rispondo che il percorso di psicoterapia è molto simile ad un intervento chirurgico, sotto alcuni aspetti: subìto l'intervento, la parte coinvolta nell'operazione duole. Ma noi sappiamo che quel dolore è necessario per stare poi meglio. Non è un dolore che si propaga fine a sé stesso. Non è come un virus o un batterio che vive per scopi parassitari e prospera sui nostri nervi e sulla nostre sofferenze per poter vivere lui. È un dolore che il nostro corpo sente per tornare nuovamente ad essere integro, e vivere pienamente così l'esistenza.
La psicoterapia significa mettere in conto che ci saranno sedute dove ne usciremo svuotati, doloranti, a volte feriti. Ma sarà un dolore necessario per poter stare meglio. Immaginate di chiedere un consulto o il supporto a seguito della morte di una persona cara: prima di poter riprendere a vivere nel presente - e quindi anche ad avere prospettive nel futuro - dobbiamo ammettere davanti a noi stessi che quella persona non c'è più. Non potremo più abbracciarla, se non nei nostri sogni o fantasie. Ma non nella realtà.
È la realtà. 
Poi, però, grazie a quella splendida invenzione che è il nostro cervello che è programmato per adattarsi al meglio all'ambiente in cui si trova, con tempi nostri, le lacrime smetteranno di cadere e inizieremo nuovamente a sorridere. Passeranno le ore, i giorni, e la mancanza di quella persona assumerà un altro aspetto, che ci farà destabilizzare di meno. Ci ritroveremo cambiati, un pochino diversi, e ci sentiremo meglio, anche più forti.
Può però accadere che i risultati sperati - cioè che il terapeuta potesse aver fatto in modo di cambiare l'altro, il compagno, la moglie, il figlio - non avvengano. Ed è naturale che sia così. Guai se riuscissimo a cambiare persone non presenti nella stanza della terapia e senza la loro reale volontà.

Una paziente un giorno mi disse che a lei non interessava sapere quali lati di lei fossero sbagliati o non adattivi, ma che io gli togliessi dalla testa il comportamento di una sua fiamma che non la voleva più. Un'altra persona impegnò diverse settimane affinché io potessi fare diventare il partner più sensibile alle sue esigenze e a quello dei figli.
Non ho fatto nulla di questo. Si può dire che abbia fallito? Queste considerazioni fatele voi, lettrici e lettori. Tentai in tutti i modi di rendere meno amara la vita di questi clienti, ma arrivammo ad un certo punto dove fu netta la loro volontà che non volevano cambiare, in quanto dal loro punto di vista chi sbagliava era sempre l'altro.
Uno psicoterapeuta non è come un detersivo che si compra uno scaffale in un supermercato.
L'uso della psicoterapia non è simile all'atteggiamento che adoperiamo quando andiamo dal meccanico e sistema o ripara la macchina mentre noi aspettiamo.

La psicoterapia è un percorso di vita, che può durare settimane, mesi od anni, dove cambiamo nel corso del tempo, terapeuta compreso. Non adopereremo un atteggiamento passivo simile a quando assumiamo una pastiglia per il mal di testa: siamo noi stessi che interveniamo nel processo di guarigione.
Ma anche nella sconfitta, se non abbiamo chiare queste premesse.
Val la pena riflettere e stare con noi stessi prima di iniziare una psicoterapia. Altrimenti ci limiteremo al supporto psicologico, che è diverso, perchè nel supporto non si va così a fondo come nella terapia.
Pensiamoci.

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