Dappertutto è possibile acquisire piccole nozioni di psicologia: l social sono pieni di pagine del genere e, del resto, anche la mia si configura in tal senso.
Informazioni facili da reperire, ottenute col minimo sforzo, scrollando la bacheca, mettendo like alla pagina giusta. La conoscenza, senza neanche troppo tanto impegno, arriva a casa nostra, nella nostra mente. Come un qualsiasi vestito comprato su Amazon.
Non è necessario neanche più di tanto cercare oramai. Tanti sono i portali dove si parla di disturbo narcisistico, di dipendenza affettiva, di disturbi di ogni sorta.
Sono contenta della diffusione che la conoscenza psicologica sta avendo. Non c’è dubbio che sta raggiungendo una miriade di persone, anche coloro che erano più refrattarie all’argomento e che sembravano più riluttanti ad approcciarla.
Temo solo che questa grande disponibilità di informazioni pre-confezionate alimenti un fenomeno parallelo, secondo me estremamente pericoloso: la semplificazione.
Parlare di disturbo narcisistico è parlare di un’etichetta astratta, che non esiste. Esistono persone che mostrano determinate caratteristiche, che hanno determinate esperienze, specifiche relazioni ed emozioni di un certo tipo. Non sono né buone né cattive, né giuste né sbagliate. Sono umane.
Per di più, si rischia di confondere queste etichette con una più profonda e spontanea conoscenza di sé.
Non si diventa se stessi etichettandosi continuamente, aggiungendo definizioni su definizioni. Ma lo si diventa con sforzo, impegno e pazienza. Lo si diventa con il desiderio di cercare, capire, scandagliare, mettendosi continuamente in discussione.
Si diventa se stessi in solitudine, in quello spazio vuoto che è la mia interiorità e che solo io posso percepire. E si impara ad abitarlo. Ad accoglierlo e a non rifiutarlo.
Si diventa se stessi imparando a camminare in equilibrio sui paradossi che hanno determinato la nostra stessa esistenza. Si diventa se stessi accettando che in ogni istante è possibile il cambiamento, che non siamo mai uguali a ciò che pensiamo di essere e non saremo mai identiti a ciò che ci aspettiamo di diventare.
Un percorso di psicoterapia per me è un mezzo, uno dei tanti, attraverso cui diventare se stessi, imparando ad eliminare le etichette che gli altri e noi stessi ci affibbiamo e iniziando ad esplorare quello spazio interiore di cui troppo spesso neghiamo l’esistenza.
E richiede tempo, impegno, ricerca. E tanto amore. Richiede esserci, stare, scavare. Non scrollare.
Mi auguro che le pillole di psicologia siano solo un assaggio che vi possano stuzzicare l’appetito di conoscenza su voi stessi.
Siete un mondo molto più complesso e vasto di ciò che internet può offrirvi.
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