Riflessioni sul laboratorio del 9 MARZO 2023 condotto da Caterina Ventura: «Cosa succede quando il paziente pone al terapeuta una domanda sulla sua vita personale?» Come comportarsi nel caso in cui, durante una seduta, i toni diventino confidenziali? Come riportare il colloquio sul piano asimmetrico affinché il lavoro non perda la sua efficacia? Ma, soprattutto, perché il paziente a volte sente il bisogno di lasciarsi andare a domande che paiono esulare dalla terapia? Premesso che anche nella vita quotidiana capita di umanizzare rapporti solitamente ingabbiati nella rigidità dei ruoli sociali, in seduta ciò avviene con maggiore frequenza in virtù dei meccanismi più o meno inconsci che si attivano durante la relazione terapeutica. Le dinamiche transferali di cui parla Freud sono di fondamentale importanza per il buon esito della terapia. L’investimento emotivo, affettivo ed oggettuale sul terapeuta consente infatti di rivivere nel qui ed ora le relazioni di odio e amore avute con i genitori, reali o fantasmatici. Essere amati vuol dire essenzialmente essere riconosciuti ed un paziente mette in atto, in maniera implicita e/o esplicita, a volte provocatoria, tutte le strategie affinché questo riconoscimento avvenga da parte del terapeuta così come è stato messo in atto nei confronti dei genitori, soprattutto nella fase edipica. Ciò è funzionale alla terapia in quanto il terapeuta tocca con mano ciò che aveva ipotizzato attraverso il racconto del paziente. Osserva l’agito. Il transfert, d’altro canto, nel mentre si attua distrae l’inconscio da sé lasciandolo concedersi più agevolmente nel racconto dei sogni affidati al lavoro interpretativo del terapeuta, aggirando così le difese dell’Io sempre in agguato. Come gestire dunque la seduzione del paziente? Qui subentra il concetto di potere che dà significato alla relazione asimmetrica. Il potere è anche responsabilità perché consente di guardare oltre rispetto a chi lo detiene. È il potere dei protagonisti della storia, dei vertici di governo o di grandi aziende, ma è anche il potere dei genitori, soprattutto di figli adolescenti, il cui compito è quello di traghettarli verso lidi più sicuri dove le forze emotive trovano un maggiore equilibrio. Un potere dunque che non è controllo ma possibilità di accogliere e restituire, con garbo e disinvoltura, su un piano di accettabilità che, da un lato, consenta una certa dose di espressione d’amore da parte del paziente e, dall’altro, mantenga il terapeuta nei margini del controtrasfert funzionale alla terapia. È necessario che il terapeuta gestisca il potere della conduzione in modo da toglierlo laddove questo blocchi la comunicazione come, ad esempio, all’interno di una coppia. Spesso sono sufficienti anche solo poche domande, piccoli spostamenti posturali affinché si produca uno sblocco di energie ed il ripristino del dialogo. Il potere è forza che determina, energia che accompagna e genera nuove possibilità.
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