UN FRAMMENTO DI SEDUTA VISTO DALLA FINESTRA
Una persona oggi in studio mi dice che si è sentita spesso triste durante la settimana.
Io le chiedo di descrivermi questa tristezza e lei arriva a comprendere una distinzione importante: non è una tristezza come quando ci si trova sul bordo di un precipizio e si può scivolare dentro e sentirsi sempre più disperati e senza senso, ma è una tristezza che l’ accompagna un po’ tutti i giorni, in diverse situazioni in cui parla con le persone o semplicemente perché se la ritrova dentro di sé, senza fare nulla … e lì e la pensa, se ne rende conto.
Questa donna che è giunta in studio perché provava paure e ansie così intese tanto da provare in certi momenti un’ angoscia tale da non voler o poter stare sola, oggi ha saputo fare questa distinzione.
Era CONSAPEVOLE che:
1. Le tristezze hanno diverse sfumature, come quelle che fanno precipitare verso un buio totale e paralizzanti e quelle che sono vivibili, tollerabili e pensabili.
2. Alcune tristezze sono fisiologiche del vivere quotidiano e quindi appartengono all’esistenza, come la gioia, la paura, la noia …
3. Questa persona riconosce di non voler vivere queste tristezze,e tende ad evitarle. Ha iniziato ad usare la parola difesa, perché aveva sentito e pensato che attivava processi psichici per sfuggirla. Le difese servono a proteggere il proprio mondo interno, ma se troppo spesse camuffano un po’ la realtà.
Queste poche righe sono una breve riflessione su una seduta di oggi.
Ringrazio da subito questa persona che mi ha permesso di svolgerle.
Sono brevi e scritte con un linguaggio il più semplice possibile, ma a livello sottostante implicano processi psichici e terapeutici molto complessi; queste consapevolezze non si raggiungono in una singola seduta e senza fatica, ma guardare dalla finestra cosa si fa in un colloquio psicologico può essere utile per comprendere cosa sia un lavoro terapeutico che fa la persona con la psicologa.
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