Gentili Dottori, Ho 25 anni e sono una studentessa di medicina; devo sostenere gli ultimi 7 esami e ho la media del 28. Vivo con i miei genitori e mio fratello; ho avuto un' infanzia ed un'adolescenza serena circondata dell'affetto dei miei amici e dei miei famigliari. Mi sono sempre impegnata in innumerevoli attività extrascolastiche :diversi sport, musica...ho sempre avuto ottimi risultati scolastici senza dover studiare troppo; anche il mio percorso universitario prosegue sempre intoppi. A 17 anni primo viaggio-studio all'estero: per la prima volta mi sono sentita davvero sola, chiamavo mia madre di notte in lacrime perché non riuscivo a dormire...nausea e gastrite per tutta la vacanza, accompagnata da tachicardia e continua ansia ed agitazione. .. c... Assumevo benzodiazepine al bisogno su consiglio del medico curante. Sono poi stata meglio fino a che non è finito il liceo. L'estate prima dell'università è stato un incubo: ero sempre stanca, agitata, irrequieta e con il pensiero fisso che la vita non avesse alcun significato. Pensavo e, penso ancora, che dopo la manciata di anni che ci sono concessi la morte cancella ogni cosa: la vita è dolore e siamo destinati a perdere chi amiamo. Non so perché ho ignorato il problema fino all'estate successiva, quando dopo notti insonni e improvvise crisi di tremore ed angoscia sono andata da uno psichiatra: mi ha diagnosticato un forte stato d'ansia e mi ha prescritto paroxetina una volta al giorno; nelle successive visite non faceva altro che dire che non capita il motivo della mia ansia: ciò mi ha scoraggiato e non mi sono più rivolta a lui. Continuo tuttavia ad assumere paroxetina anche oggi per evitare di sprofondare in pianti e crisi d' angoscia Ad un certo punto credo di aver cominciato ad ignorare l'ansia e a cercare di assumere un atteggiamento di indifferenza nei confronti di tutto. Da circa tre anni è così che mi sento: sempre stanca, annoiata, apatica. Non mi interessa più nulla, fare una cosa o farne un'altra mi è del tutto indifferente; sono sempre nervosa ed irritabile. Non sento più di provare affetto per nessuno. Da tre anni ho un ragazzo: credo di stare con lui perché mi vuole bene e si preoccupa per me; io non provo nulla. Mi rendo conto che sia sbagliato. Vorrei tornare ad amare leggere, scrivere, sciare d'inverno, il mare d'estate. Ricordo la sensazione di libertà e di gioia che provavo in mille diverse situazioni. La serenità di bere un tè con mia nonna o di fare una passeggiata con mia madre. Ricordo cosa significava essere innamorata, il batticuore... ricordo tutto come se appartenesse ad una vita precedente. Ho provato in mille modi a riavere indietro le mie emozioni: ho fatto volontariato in crocerossa, nella pediatria degli ospedali...mi sono costretta ad uscire, andare alle feste. Ho fatto viaggi che sognavo da ragazzina. Ho provato solo noia, desiderio di dormire, totale indifferenza... So che rivoglio indietro le mie emozioni sia le positive che le negative; voglio riuscire a scegliere la specializzazione: ora opterei per una qualsiasi... ho paura di avere dei figli e di non amarli; ho paura di sprofondare in una spirale di tristezza e non desiderare più vivere. Al momento dall'esterno ho una vita normale...ma continuare a fingere è estenuante. Mi rivolgo a Voi per sapere cosa devo fare... ho paura di stare così per sempre...non voglio continuare in questo modo, sento di essere arrivata al limite. Ringrazio anticipatamente
Gentile Rosa,
dal suo scritto traspare al lettore tutto il suo vissuto interiore. Si percepisce la sua fatica di stare in quella “vita normale” di cui parla. Le energie che sicuramente sta cercando di investire per poter stare “dentro qualcosa” che non sente come suo, dunque la fatica di indossare una sorta di “maschera” per paura di rendere evidenti le fragilità che ad un certo punto della sua vita, come lei racconta, sembrano essere emerse; fa sì che il suo stato di “apatia”, “noia”, “indifferenza” si intensifichi maggiormente.
Proprio perché, le sue risorse sembrano essere incanalate più verso le paure che verso la progettualità.
Sicuramente, come lei evidenzia con le sue parole, non si sa a volte nel percorso di vita cosa porta ad un cambiamento di rotta repentino … e purtroppo ciò che resta interiormente è il vissuto di fatica e sofferenza legato soprattutto alla non comprensione di ciò che è accaduto.
Ma proprio perché, la sua traiettoria ha mostrato di poter variare già una volta, fa supporre che vi siano le risorse necessarie per poter riattivare altri cambiamenti in altre direzioni, riattivando il desiderio di conoscere e quindi di comprendere cosa è accaduto nel momento in cui tutto sembra essersi bloccato.
Credo che un percorso psicologico indirizzato a riattivare in modo funzionale le sue risorse, potrebbe essere l’occasione per dare senso e nome alla sua sofferenza.
Cordiali saluti.
Buongiorno, dai sintomi che lei descrive sembra essere prevalente un quadro clinico di depressione: la paroxetina prescritta potrebbe essere il farmaco adeguato anche se, la persistenza di questi sintomi, lascia pensare all'opportunità di aumentare il dosaggio o cambiare la molecola e per questo sarebbe necessaria una consultazione psichiatrica. Dal punto di vista psicologico, con il supporto della farmacoterapia, potrebbe essere opportuno valutare come, nei momenti di passaggio (ad esempio riportava il periodo pre-universitario), questi sintomi tendano ad acutizzarsi e quali obiettivi/valori sono per lei importanti nella sua vita cercando, successivamente, di individuare quali azioni coerenti poter intraprendere per realizzarli.
Ho letto con attenzione la lettera in questione e mi ha colpito la chiara discrepanza tra una vita intellettuale-razionale evidentemente ben sviluppata ed una coartazione emotiva. In parte, questa situazione è normale ed inevitabile quando ci si inoltra in percorsi professionali impegnativi e, soprattutto, quando si vogliono raggiungere buoni risultati.
In parte, però!
La storia precedente e la fatica attuale a reggere il ritmo, infatti, tradiscono la presenza di una difficoltà profonda, come se una parte di sé, per ora contenibile solo con i farmaci, reclamasse sempre più insistentemente un suo spazio esistenziale.
Quando queste parti imprigionate si scatenano può non essere semplice gestirle e possono anche combinare qualche guaio.
Credo che l'obiettivo da porsi sia quello di cercare un assetto personale nuovo che senza combinare troppi guai consenta a queste parti di trovare un loro spazio esistenziale adeguato, il più possibile soddisfacente ed integrato con la persona ed i suoi obbiettivi.
Cara Rosa,
le emozioni che Lei cerca giacciono sopite nella sua mente, probabilmente a causa dei farmaci che ha dovuto
assumere per placare lo stato d'ansia di cui scrive.
La memoria e la rielaborazione del passato possono aiutare a risvegliare la sua anima.
Penso però sia preferibile che si faccia guidare in questo percorso da uno psicologo
che con metodo La indirizzerà verso la ricerca di ciò che nel profondo più La caratterizza.
Restare nel limbo dell'attesa non aiuta, inizi al più presto il cammino alla ricerca della serenità
che Le appartiene.
Cara Rosa,
il suo scritto è davvero molto coinvolgente e chiaramente traspare il dolore per la mancanza e la nostalgia di una serenità vissuta. E' chiaro come sia, ora, tutto molto difficile e la sensazione di paralisi emotiva arriva fino al lettore.
Non posso che darle due suggerimenti, un mio paziente dice sempre che il problema non è tanto la sofferenza in sé e per sé, quanto la difficoltà a dotarla di senso. Credo che ciò che potrebbe fare sia di cercare uno psicoterapeuta e iniziare a capire insieme a lei/lui cosa è successo in quel famoso primo crollo e in che modo il prima e dopo si sono attorcigliati in questa spirale di sofferenza atemporale.
Andrebbe anche monitorata la terapia farmacologica. E' possibile un medico possa optare per dei farmaci più utili o a dosaggi differenti.
Son sicura che data la sua giovane età e risorse sia assolutamente in grado di affrontare una psicoterapia che possa aiutarla a ricostruire un senso profondo di sé..le decisioni verranno poi, senza troppa fatica.
resto a disposizione..
auguri
Gent. Rosa, dalla sua descrizione mi sembra evidente che soffra di una forma depressiva con qualche sconfinamento nella crisi di panico. L’attuale disinteresse per tutto e tutti potrebbe essere in parte indotto dalla paroxetina, ma forse è anche un suo tentativo di difesa dall’ansia e dalla paura della perdita (da ultimo, la morte per l’appunto). Per certi versi efficace, ma il prezzo, l’indifferenza e l’assenza di emozioni vitali, mi sembra davvero molto alto. Senza voler demonizzare i farmaci, spesso davvero utili se ben dosati (sarebbe forse il caso di ridurre la paroxetina? Sotto controllo medico, naturalmente!), è bene ricordare che mettono una toppa sul problema di fondo. Non l’aiutano certamente a sviluppare sue risorse personali in grado di fronteggiare le sue ansie e la negatività dei suoi pensieri. Ha mai pensato di rivolgersi ad uno psicoterapeuta? Potrebbe aiutarla in tal senso, cercando insieme a lei i motivi profondi della sua angoscia che ancora agiscono nascostamente avvelenandole la vita. E’ giovane, ed ha quindi grandi potenzialità di sviluppo e miglioramento. Un caro saluto.
Salve in merito al suo racconto, mi rendo conto che studiare medicina ed essere efficienti e preparati e salvare vite non è una passeggiata. Ad un medico vengono richiesti molti sacrifici, lo studio, il tirocinio, sempre pronti a tutto e per tutti. Il motivo della sua ansia solo lei può saperlo se avrà voglia di interrogarsi e fare un autoanalisi, di certo studiare medicina e mantenere una media del 28 è un impegno. Scegliere la specializzazone è un momento importante e difficile per molti, prenderne una qualsiasi è un rischio, se poi non è adatta si perde tempo ed energie per una specializzazione che diventa faticosa e spaventosa. Provi a rivolgersi a uno psicoterapeuta, non psichiatra e con lo psichiatra o il medico curante rivaluti la possibilità di interrompere o cambiare il farmaco che assume. Spero di esserle stata di aiuto, cordiali saluti.
Buongiorno Rosa,
capisco perfettamente il tuo disagio, è faticoso vivere in questo modo. Comprendo anche il tuo scoraggiamento nell'esperienza di cui parli con lo psichiatra, ma penso sia molto importante la domanda che poni oggi su questo sito perchè rappresenta, in fondo, la tua motivazione a occupartene. Anche i professionisti (psichiatri, psicologi e psicoterapeuti) sono esseri umani e succede di non trovarsi bene. Una singola, spiacevole esperienza non può rappresentare, tuttavia, la base di una rinuncia generalizzata. Puoi scegliere liberamente lo specialista cui riferirti e, probabilmente, avere informazioni chiare ti aiuterebbe. Personalmente, posso dirti che sul sito dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia (www.opl.it) puoi trovare tutte le informazioni che ti occorrono. Inoltre, se approfondisci la sezione denominata "Expo-zone" potrai verificare le date del box itinerante per Milano in questo periodo dove puoi prersonalmente recarti e ricerevere tutte informazioni sulla professione e sulle risposte che il territorio offre per le problematiche come la tua. Dico tutto questo semplicemente per sostenere la tua motivazione perchè so che si può fare molto per te, per restituirti la tua vita. Spero di esserti stata di aiuto, per qualsiasi ulteriore informazione puoi contattarmi tramite il sito di psicologi-italia.
Cara Rosa, mi sembra importante per lei riprendere in mano la sua vita e tornare ad essere protagonista della sua storia. Le emozioni donano alla vita colore, sapore e profondità: sono la bussola che ci orienta nel mondo, danno significato e pienezza alla nostra esistenza. Questo desiderio di recuperarle mi sembra di grandissimo valore. Mi dispiace molto per il dolore che ha vissuto e che sta attraversando. I farmaci sono importanti, in alcuni casi, per aiutare la persona a contenere emozioni troppo forti ed invalidanti tuttavia non risolvono il problema, sottostante, che genera il sintomo. Mi dispiace molto che non le sia stato proposto prima un percorso di psicoterapia utile per andare a gestire e risolvere la causa del suo malessere. Mi colpisce molto il fatto che, la prima volta che lei ha sperimentato l'ansia sia stato in corrispondenza di un viaggio e di una separazione dalla sua mamma. Questo elemento sembra essere un "nodo importante" sul quale lavorare. E credo anche sia collegato a questa convinzione profonda "la vita è dolore e siamo destinati a perdere chi amiamo.". Penso sia importante dedicare tempo a comprendere quando e come si sia generata questa convinzione. Se allontanarsi dalle persone che amiamo, separarci da loro per crescere significa perderle, la strada verso la ricerca della nostra autonomia diventa spaventosa. Un lavoro su questi aspetti, sulla ricerca delle motivazioni della sua ansia mi sembra un punto importante. Così come quello di ritornare a "sentire", ad essere viva e protagonista della sua vita! Recuperare la ricerca dei suoi bisogni, delle sue passioni può aiutarla a scegliere la sua strada realizzandosi pienamente. Se vuole mi farebbe molto piacere accompagnarla in questo percorso. Ricevo in zona Loreto/C.so Buenos Aires. Un grande augurio di felicità!
Gentile Rosa. Il suo toccante racconto trasmette tutta la viva drammaticità del suo vissuto, contraddistinto dall'apatia, dal disorientamento, dallo scoraggiamento e soprattutto dalla paura per il futuro: un "paradiso perduto", ma solo apparentemente.... Mi dispiace moltissimo che questi ultimi 3 anni siano stati così difficili per lei. La sua situazione sembra afferire ad un disturbo Distimico , con la commistione di componenti d'ansia e alessitimia. Le cause con ogni probabilità sono multifattoriali, e a mio avviso sembrano coinvolgere anche e soprattutto tematiche legate al senso della propria vita e del vivere, così come problematiche afferenti allo sviluppo della propria identità. Una mia recente paziente soffriva di vissuti molto simili ai suoi lamentando una profonda nostalgia per la gioia di vita perduta ormai da diversi decenni; fino a quando dopo un meraviglioso lavoro di elaborazione dei propri vissuti non ha scoperto di essere lei stessa la "divinità" che aveva posto in essere quella situazione. Recuperata la consapevolezza di sé stessa e del proprio vero potere personale, gioia e soddisfazione sono tornati progressivamente nella propria vita, insieme ad un nuovo approccio al vivere. È un percorso di guarigione importante che oltre ad un temporaneo supporto farmacologico richiede l'aiuto di un buon psicoterapeuta. La invito a tener presente anche i benefici specifici di una psicoterapia ipnotica, la quale può aiutarla a ritrovare più velocemente in Sè stessa le risorse vitali perdute. Per ogni eventuale chiarimento rimango a sua gentile disposizione .
Gentile rosa,
come ha potuto sperimentare lo psichiatra non ha capito nulla dei motivi psicologici del suo malessere e bene fa perciò a mio avviso a rivolgersi agli psicologi a tale scopo.
Il suo malessere è iniziato con crisi d'ansia, quindi è presumibile che si debba ripartire da lì per programmare una strategia terapeutica. Stante l'assenza di condizioni ambientali gravemente compromesse, come potrebbero essere l'aver sbagliato gli studi, relazioni pericolose ecc. è probabile che il suo problema, che certamente non è da sottovalutare, sia facilmente risolvibile con dei colloqui di psicoterapia. Non indugi perciò a contattare uno psicoterapeuta di sua fiducia per non complicare, forse anche seriamente, una situazione che invece presumibilmente è facilmente sbloccabile e pienamente risolvibile.
cordiali saluti
Roma
La Dott.ssa Valentina Sciubba offre supporto psicologico anche online