Sono in terapia circa da 7 anni presso una psicoterapeuta. Volevo chiedere se è possibile e normale che la stessa dottoressa possa tenere in cura mia moglie e altri due amici marito e moglie, che fanno parte della mia vita quotidiana. Faccio questa domanda perchè ultimamente ho l'impressione che questo abbia creato dei problemi di fiducia tra me e non solo con la dottoressa. Grazie per l'attenzione
15 risposte degli esperti per questa domanda
Caro Pietro Gia il tempo di sette anni mi sembra un pò eccessivo per una psicoterapia, probabilmente avresti necessità di un periodo di riflessione o cambiare terapeuta. Per quanto riguarda l'eventualità di avere in terapia moglie e amici, dipende dalla deontologia del professionista se è capace e in grado di non fare i vasi comunicanti poichè si possono creare tensioni. Se sostieni di avere dubbi e di non aver scambiato la psicoterapeuta come una figura di attaccamento, consiglio, dopo un periodo di distacco di riflettere se ritieni opportuno cambiare psicoterapeuta. Auguri
Buongiorno, rispondo volentieri al suo quesito. Dal suo messaggio non è chiaro che tipo di terapia lei stia seguendo, se individuale o se di tipo famigliare. E’ chiaro che se si trattasse di terapia famigliare la moglie entra in seduta insieme a lei, non certo gli amici. Nel caso si tratti invece, come mi pare di capire, di terapie individuali, allora la questione è diversa, per potere lavorare in un clima di maggiore fiducia forse sarebbe opportuno uno spazio autonomo e separato per entrambi. Ritengo che la cosa migliore sarebbe che lei parlasse apertamente alla sua Dottoressa di questo suo dubbio e del fatto che questo le da problema: sono sicuro che avrà una risposta esauriente. Cordialmente
Caro Pietro, difficile dare pareri, ogni caso è a sè. Di solito non si seguono persone vicine affettivamente o per lavoro al cliente iniziale. La durata della psicoterapia è soggettiva ma normalmente va da 2 anni a 5 con frequenza settimanale. Se trattasi di analisi, invece, con frequenza 4 volte a settimana, può durare anche 8 anni. Le consiglio di parlare direttamente e apertamente di queste cose con la sua psicoterapeuta. Cordialità
Gentile Pietro, avere in terapia individuale persone che appartengono alla stessa famiglia o alla stessa cerchia di amici, in caso di rapporti molto vicini, può in effetti dare problemi. Se come scrive, sente che se ne sono creati nella relazione con la sua psicoterapeuta, è fondamentale che gliene parli, in modo da risolvere la situazione, rendendo più chiare le cose, soprattutto in relazione a lei e sua moglie, la quale potrà farsi indicare un collega per essere a sua volta seguita con maggiore serenità e chiarezza. Saluti.
Modena
La Dott.ssa Claudia Galli offre supporto psicologico anche online
In genere non si fa, ma poi dipende dalla sensibilità di ogni terapeuta. Le consiglio di parlarne in terapia per vedere se è un problema che rimanda ad altre problematiche sottostanti (come ad esempio il sentirsi esclusi, messi da parte, poco valorizzati e simili, che in tal caso riguarderebbero una carente autostima). Distinti saluti
Buongiorno. La sua domanda è legittima e purtroppo non c'è una risposta unica e giusta. Diciamo che in linea di massima dipende dall'orientamento teorico della sua psicoterapeuta; certamente l'aver preso in cura anche sua moglie, se non si fa una terapia di coppia (prevedendo colloqui individuali divisi ed insieme) è una scelta un pò rischiosa e di solito evitabile. Lo stesso dicasi per la coppia dei vostri amici, se come lei sostiene, la frequentazione è piuttosto intensa. Rispetto alla fiducia, sono certa che la sua psicoterapeuta in 7 anni avrà costruito con lei un ottimo rapporto e mi sento di rassicurarla totalmente sul rispetto del segreto professionale a cui è tenuto ogni professionista serio. Diciamo che in una situazione del genere, le difficoltà di "gestione" sono tante per il terapeuta in primis. Cordiali saluti
Se è una terapeuta di coppia come me, può farlo. Le consiglio di espremere con franchezza queste impressioni alla sua terapeuta, meglio affrontare la cosa e risolverla tra di voi....buona seduta!
Caro Pietro, qualsiasi psicoterapia, a prescindere dalla scuola psicologica di riferimento, può aspirare ad una risolozione del disagio del paziente solo se questo si ritiene accolto, ascoltato, rispettato e se il contratto terapeutico, quali obiettivi ci poniamo, in quali tempi, con quali strategie, è condiviso. Quindi il problema non è tanto se la sua psicoterapeuta può seguire persone a lei vicine ma se il contratto terapeutico tra voi concordato sia oggi da rivedere. Se non si trova a suo agio con l'attuale percorso vedo difficile un lavoro terapeutico efficace. Ne parli con la psicoterapeuta. Cordialmente
Gentile Pietro, non mi stupisce il fatto che se una coppia di suoi amici e addirittura sua moglie sono in terapia con la sua stessa terapeuta ciò stia creando problemi di fiducia nella relazione terapeutica. In genere, infatti, non si prendono nello stesso periodo in terapia individuale persone che hanno un coinvolgimento affettivo tra loro. Altra cosa è, ovviamente, se si tratta di una terapia di coppia durante la quale i partners vengono visti simultaneamente, sebbene ci possano essere sedute condotte singolarmente con i coniugi separati. Pertanto, la invito a parlarne chiaramente con la sua terapeuta, esprimendo il suo disagio, in modo da gestire all'interno della terapia questa difficoltà di relazione che si è venuta a creare e, quindi, eventualmente, a riparare precocemente le "rotture" con la sua terapeuta.
Firenze
La Dott.ssa Irina Boscagli offre supporto psicologico anche online
Gentile Pietro, quella che descrive si configura come una "relazione triangolare": lei, terapeuta, altri. Anche se non vietata esplicitamente dal Codice Deontologico, viene considerata in generale come una situazione "a rischio", cioè non necessariamente, ma potenzialmente pericolosa per la possibilità di insorgenza di un conflitto d'interesse fra i soggetti coinvolti (lei, la moglie, amici..). Viene perciò generalmente evitata, a meno che non si tratti di un contesto specifico che la prevede, come la terapia di coppia, familiare,o di gruppo. E' una situazione difficile da gestire per un professionista, la sua terapeuta se ne rende conto e senz'altro sarà consapevole dei rischi, perciò la cosa migliore e, direi urgente, è affrontare apertamente questo problema in seduta, chiedere le spiegazioni ed esplicitare i suoi sentimenti di sfiducia. E' un passo indispensabile per evitare che i dubbi possano rovinare quello che avete fatto finora. La fiducia è una componente essenziale della relazione psicoterapeutica. Tanti auguri
Gentil.mo, purtroppo eticamente non sarebbe possibile tenere in terapia contemporaneamente lei e sua moglie se fate terapia individuale, se invece è una terapia di coppia con anche sedute individuali il progetto terapeutico è attuabile. Inoltre sarebbe più corretto che gli amici fossero seguiti da qualche altro professionista, a meno che la terapia con lei non sia conclusa; ciò permette maggiore obbiettività professionale alla terapeuta. Il tutto però andrebbe meglio chiarito con la sua psicologa per capire la sua scelta. In bocca al lupo.
Gentile Pietro in effetti non è consigliato seguire persone in terapia individuale facenti parte della stessa famiglia e/o amici e colleghi con i quali ci si vede o sente con una certa frequenza. Qualora si tratti, invece, di una terapia di coppia o familiare ciò naturalmente è possibile ed in diversi casi opportuno. Sarebbe consigliato quindi parlarne con la sua psicologa per chiarire tale situazione che sembra stia iniziando a creare dei problemi. Cordiali saluti
Gentile signore trovo la sua osservazione legittima. Mi sorprende che ci siano persone che si trovano, dopo sette anni ancora in psicoterapia. Il problema fu affrontato già da Freud in "Analisi interminabili". Comunque, se ci sono problemi di fiducia è bene parlarne con il suo psicoterapeuta in quanto è davvero sorprendente che lei ponga questa domanda a me che sono un emerito sconosciuto e non al suo analista. Saluti cordiali
Ovviamente quello che lei mi sta descrivendo è un comportamento deontologicamente scorretto; ci sarebbero gli estremi per l'espulsione dall'albo. Questo perchè: lei ha il diritto di avere uno psicoterapeuta che si occupa di lei e basta. E' vero che a volte si fa entrare il coniuge nella stanza della terapia ma è per ottenere delle informazioni che il paziente non è in grado di darci o perchè si abbia una seduta a tre che, in alcuni momenti, possa essere chiarificatrice. Comunica al più presto il suo vissuto al suo terapeuta e non abbia timore di confidarglieli tutti: il fatto che tutto ciò descrittomi sta inquinando la terapia è banalmente ovvio che lei preferisce scrivere a noi, che comunque non conosciamo bene il suo caso, rispetto al parlare dei suoi disagi al suo terapeuta.
Immagino. Il problema è la gestione del segreto; mi riferisco non tanto alla capacità della terapeuta di mantenere segrete le realtà/informazioni di cui viene a conoscenza, quanto di non lasciarsene influenzare nelle altre relazioni. Avere in terapia contemporaneamente marito e moglie non è impossibile, purchè si tartti di una terapia di coppia (che può prevedere anche momenti separati e individuali di cui ambedue sono a conoscenza). Talvolta succede di aver in terapia più membri della stessa famiglia, ma in periodi diversi e senza che l'uno sappia dell'altro.
Trento
La Dott.ssa Carla Maria Brunialti offre supporto psicologico anche online