Schizofrenia e Cinema

Macchinalmente tenere ogni filo/ del sortilegio
infermo, come i ragni/ tessevano
M. Bocchiola - Il ragno

 

Spider di David Cronenberg

Spider è il nomignolo che ricollega il protagonista, attraverso retrospettive temporali più simili a sovrapposizioni mnestiche che a veri e propri flashback, alla madre affettuosa e avvolgente.

Spider, uno schizofrenico cronico simile a tanti altri, sofferente come tanti altri, senza futuro se non quello di convivere con l’angoscia della fusione rintracciabile nella memoria e nella perenne tessitura di una ragnatela/verità delirante. Spider, una triste ombra che, attraverso eleganti e delicate scelte stilistiche di regia, si aggira in labirinti spazio-temporali confusamente e fusionalmente nel tentativo di non smarrirsi nel profondo del suo dolore.

Spider, alla ricerca ininterrotta della madre, rintracciabile attraverso una proiezione immaginaria nelle figure femminili della pellicola, interpretate dalla medesima attrice (Vanessa Redgrave).

Spider, lacrimante, dolorante nel tentativo di fondersi con la terra creatrice e generatrice, sdraiandosi su di essa in un atto di eterna sofferenza. Cronenberg, fedele al romanzo oltre che alla malattia mentale, avvicinata e narrata con rispettosa cura, crea concatenazioni di immagini, volti, dialoghi che riproducono la schizofrenia, paurosa e destrutturante, allucinata e stigmatizzata. Ricrea con altrettanta cura il nido manicomiale, consueto e rassicurante, a cui Spider non può che fare ritorno per non perdersi nell’eccessiva estraneità ed alienità dell’esperienza quotidiana.

Il film rappresenta un interminabile viaggio tra le immagini dell’inconscio, tra le angosce della psiche e dell’animo umano, tra le ferite del cuore. Una proiezione violenta e delicata nello stesso momento attraverso la magia creativa del cinema, arte capace di riprodurre con incredibile realismo la vita.

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