Lo stalking è un fenomeno psicologico e sociale che viene descritto come ‘sindrome del molestatore assillante e ossessivo’. Questo termine è mutuato dal linguaggio venatorio che significa ‘fare la posta’ cioè mettere in atto una serie di comportamenti e/o strategie per ‘cacciare/catturare la preda’.
L’argomento stalking si può intravedere già nell’antica Grecia dove Ovidio nelle ‘Metamorfosi’ descrive Apollo come persecutore amoroso (quindi nei panni dello stalker) e Dafne come vittima rifiutante. Sappiamo che la vicenda termina con la trasformazione di Dafne in albero di alloro perché non ha accettato l’insistente corteggiamento di Apollo che si rivolge a Dafne che fugge dicendole: ‘non inseguo hostis, amor est mihi causa sequendi’ (non sono un nemico, è per amore che ti inseguo).
Nel periodo attuale si é iniziato a parlare di stalking con alcune vicende che risalgono agli anni fine 1970 inizi 1980 ed i casi mediatici sono numerosi e non serve elencarli, di quel periodo basti ricordare il drammatico ’Caso del Circeo’ ed inoltre i films paradigmatici ‘Attrazione fatale’ e ‘Presunto innocente’ che ritengo molti di noi abbiano visto. Dopo l’entrata in vigore della legge n.38/2009 gli arresti ed i fermi sono stati molti; però c’è da precisare che, in alcuni casi, le denunce ed i relativi fermi di polizia (anche in carcere) si sono rivelati veri e propri casi di strumentalizzazione con lo scopo di ottenere vantaggi secondari (es.: ottenere un affidamento esclusivo dei figli).
Lo stalking è fenomeno non omogeneo dal punto di vista psicopatologico ed é agito da soggetti chiamati appunto ‘stalkers’ Inoltre non è una problematica di genere poiché è messo in atto sia da uomini (casistica più numerosa) che da donne (casistica sporadica).
Fino ad oggi - da studi ed osservazioni del fenomeno (rif. Barsottii/Desideri/Modena Group) - sono state individuate diverse tipologie dello ‘Stalker’ e qui di seguito ne indico alcune:
a) il rifiutato (ex partners e non);
b) molestatore sessuale (ossessione sessuale - soggetto isolato socialmente e con scarse relazioni socio/affettive);
c) il predatore che insieme ai due precedenti sono i più pericolosi poiché mettono in atto sequenze comportamentali e persecutorie tali da limitare la libertà di una persona e di violare la sua privacy; comportamenti che si possono ascrivere ad un disturbo grave della personalità di colui/colei che li compie/agisce;
d) l’offeso (rancoroso/vendicatore (es. cliente insoddisfatto e che non ritiene giusto un trattamento ricevuto);
e) il corteggiatore inadeguato (comportamenti ed atteggiamenti inopportuni nel corteggiamento- es.: i fans di una star);
f) il bisognoso di affetto.
Lo stalking è un argomento che è stato da poco tempo preso veramente in esame (ca. 20 anni che in un arco storico non sono molti) quindi dovrà essere ulteriormente studiato, analizzato ed approfondito. Tuttavia, fin qui, si sono fatti notevoli passi in avanti che ci permettono di poter ipotizzare e descrivere un attuale profilo della personalità dello stalker.
Per riprendere ciò che Massimo Lattanzi descrive nel suo libro ’Rifiuto tossico’, trattasi di persona con una storia dolorosa fin dall’infanzia. Una sofferenza che riguarda il rifiuto, l’abbandono, la separazione ed il lutto. Nell’ anamnesi di tali soggetti si può spesso individuare un vissuto relazionale/affettivo di estrema indifferenza da parte dei caregivers, a cui il soggetto fa fronte con un meccanismo di ‘negazione dell’amore’ di cui invece ha un assoluto bisogno. La debole personalità dello stalker, quindi, si struttura su una dolorosa percezione di ‘rifiuto originale’ che instaura nel fanciullo una pregnante ’insicurezza affettiva’ che lo predispone alla paura cronica dell’abbandono e della separazione dalle figure di attaccamento emotivo/affettivo. L’elaborazione del lutto che ne consegue sarà resa impossibile per le fragili e scarse risorse interiori che non sono state acquisite dal fanciullo, il quale - non avendo potuto esperire e introiettare un sano amore - svilupperà un attaccamento carente, inadeguato e immaturo. In sintesi l’individuo "così formatosi" - sarà un ‘analfabeta emotivo’ cioè non in grado di riconoscere, valutare ed adeguatamente gestire i propri vissuti emozionali e controllare i propri impulsi.
Vediamo, quindi, come il bambino può divenire un potenziale stalker da adulto (ma non solo da adulto) in quanto cercherà costantemente di creare legami/relazioni affettivi duraturi ed ogni qualvolta che avvertirà - anche larvatamente - la possibilità di essere allontanato/abbandonato si produrrà in lui una regressione psichica emotiva (ritorno del rimosso non ben elaborato) talmente dispotica ed invasiva che rievocherà il ’supremo abbandono’ e non gli permetterà di cogliere ed analizzare in modo idoneo la realtà affettiva che lo coinvolge, producendo in lui meccanismi difensivi non equilibrati. I suoi comportamenti saranno improntati al continuo e morboso recupero affettivo della persona oggetto del desiderio e pervasi da elementi ansiogeni, insicuri, ambigui che diventeranno sempre più assillanti/ossessivi, incoerenti fino a diventare completamente distruttivi. Tutto ciò lo porterà a sentirsi sempre più rifiutato ed emarginato anche a livello sociale.
Un breve inciso: è stato riscontrato che alcuni comportamenti stalkizzanti possono essere indotti dall’assunzione/abuso di sostanze psicotrope.
Dal profilo psicologico anzidetto si può diagnosticare almeno una forma di patologia mentale: quella compulsiva-ossessiva (craving) ma è qui d’obbligo precisare (d’accordo con diversi professionisti e colleghi) che ancora è molto difficile fare una precisa classificazione diagnostica dello stalker o identificare sempre la presenza di una vera e propria patologia mentale di riferimento ed anche se esistono alcune forme persecutorie che sono agite nel contesto di un quadro psicopatologico, ciò non è sempre verificabile ed in alcuni casi potrebbe anche essere fuorviante. E’ certo però che lo "stalker" nella maggioranza dei casi è una persona capace di intendere e volere (in rarissimi casi non è così) e dotato di una discreta intelligenza; è anche però una persona con un forte isolamento ed immaturità affettivo/sociali ed è alla continua ricerca di intimità ed attenzioni con modalità inadeguate, antisociali e disturbate. E’ risaputo che lo stalker più frequente è un "ex’" (compagno, fidanzato, coniuge). Possiamo quindi asserire che la sfera familiare emozionale-affettiva è quella in cui si forma e si sviluppa questo tipo di personalità.
Nella mia esperienza professionale nel penitenziario, sono spesso venuta a contatto con persone a cui è stato attribuito il reato di stalking. In ognuno di loro ho potuto individuare reazioni differenti a seconda della gravità del reato ma quasi tutti all’inizio non hanno la reale percezione della gravità del tipo di reato di cui sono accusati.
Nei casi in cui la denuncia effettuata dalla vittima è relativa alle sole molestie di comunicazioni e comportamenti indesiderati (lettere, telefonate, sms, scritte murali) ripetute ad oltranza ed altrettanto rifiutate, all’inizio la reazione dello stalker è soprattutto legata all’arresto che viene percepito, dal medesimo, come un affronto e vissuto come eccessivo; nel dialogo riferisce di non comprendere la non accettazione da parte della vittima destinataria delle sue attenzioni (che non riconosce dannose) ma nel contempo giustifica la denuncia effettuata dalla vittima. Tende a minimizzare il suo comportamento ed in parte è pronto ‘apparentemente’ a discuterne. Vive un’angoscia e un disagio confusi e continui.
Nei casi più gravi quando il controllo ossessivo della vittima oltre a riguardare le molestie assillanti verbali, scritte o implicite, riguarda anche atti violenti più o meno aggressivi (lesioni aggravate, ricoveri ospedalieri, tentato omicidio, omicidio) ho potuto constatare che nello stalker è quasi assente il sentimento di rimorso e/o vergogna e se in alcuni casi viene verbalizzato non è effettivamente ‘percepito’ e ‘sentito’. E’ invece presente ancora l’atteggiamento rancoroso; la rabbia che ne scaturisce è soprattutto relativa alla restrizione carceraria che non gli permette più il massimo controllo della vittima (se non uccisa). Secondo la struttura psicologica dello stalker si può dire che gli atteggiamenti assillanti/ossessivi lo aiutavano a tenere a bada i sentimenti dell’abbandono e della separazione mentre nella restrizione carceraria egli è messo ineluttabilmente di fronte al ’sommo e primitivo rifiuto’ di affetto/amore vissuto nella fase evolutiva; rifiuto che sarà perpetrato anche nella particolare modalità di restrizione carceraria in quanto "di solito" all’inizio della detenzione è inserito con regime di isolamento da altri detenuti (a scopo di proteggerlo da se stesso e da altri). Il suo atteggiamento è soprattutto di disorientamento emotivo e cognitivo. Potrei dilungarmi oltre in questo argomento ma vorrei anche fare un accenno alle vittime dello stalking.
La stalking victim
Anche nel caso della vittima, secondo alcune ricerche, sono state identificate diverse classificazioni:
A) La vittima personale: persona che ha avuto un rapporto amoroso (ex partner) o di amicizia con lo stalker il quale agisce per riconquistare o per vendicarsi;
B) La vittima professionale: di solito la vittima appartiene alle cosiddette ‘professioni di aiuto’ o di helper in genere (medici, psicologi, educatori, infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali, insegnanti, avvocati, sacerdoti etc.) contro cui lo stalker mette in atto comportamenti molesti per bisogno di vendetta o semplicemente per attirare attenzione;
C) La vittima del lavoro: un lavoratore che subisce comportamenti vessatori da parte di un superiore (mobbing verticale o bossing) e/o da parte di colleghi (mobbing orizzontale); in questo caso i comportamenti stalkizzanti iniziano sul lavoro ma possono proseguire nella sfera privata del soggetto;
- ed ancora vittima mediatica - vittima del conoscente e si può includere vittima del bullismo ma in quest’ultimo caso si deve fare un’analisi un po’ più differenziata sia sotto l’aspetto psicologico che sociale.
Impatto dello stalking sulla salute delle vittime: ormai è risaputo che la maggioranza di loro soffrono di ‘disturbi post-traumatici da stress’: rivivere il trauma sotto forma di pensieri, ricordi di vissuti intrusivi, ricordi di episodi e scene traumatici, hyperarousal (irritabilità, aggressività e tensione generalizzate), sogni ricorrenti, paure e sospettosità esagerate, evitamento di luoghi, persone e/o eventi. Quasi sempre questi disturbi/disagi sono accompagnati da attacchi di panico. A tali effetti psicologici seguono altre conseguenze collaterali che continuano a limitare la libertà del soggetto: le vittime si vietano di fare visita a parenti e /o amici; si sentono costrette a cambiare n.ro telefonico, serratura della porta di casa; in alcuni casi devono sostenere spese per atti vandalici subiti dallo stalker; in altri casi devono cambiare residenza o lavoro etc. Questo tipo di sindrome può durare a lungo nel tempo anche quando gli atti stalkizzanti sono cessati.
In studio, il lavoro con certi pazienti è lento e meticoloso: qualora non vi sia ancora una denuncia, bisogna prescrivere di troncare immediatamente qualsiasi contatto con lo stalker (ex fidanzato o marito); si procede con l’analisi della vita evolutiva dell’interessata/o che si sovrappone al vissuto emotivo attuale; l’obiettivo della terapia è quello di ricostruire piano, piano la vita della persona cercando di sollecitare, in lei/lui, le motivazioni, gli interessi, gli argomenti ancora sane e/o sanabili. In alcuni casi più gravi si deve ricorrere “ per un certo periodo di tempo - anche ad un sostegno farmacologico.
A questo punto considerato che il fenomeno dello stalking per ora non sembra diminuire e che il soggetto stalker nasce dal ‘RIFIUTO’ e diventa lui stesso un ‘RIFIUTO’ che M.Lattanzi chiama ‘Rifiuto tossico che danneggia, avvelena ed uccide, la domanda che da più parti viene evidenziata è la seguente:
Cosa fare per aiutare le vittime di stalking?
Come agire verso coloro che commettono reato di stalking?
Per me la risposta risulta ovvia: approfondire ulteriormente il fenomeno affinché si possa giungere ad una adeguata soluzione nel trattamento ed aiuto dei protagonisti e nel contempo fare prevenzione! Come? Innanzitutto fare ricerca ed informazione ad oltranza anche nella prima e seconda adolescenza (scuola e non solo). Verifica della nuova legge art. 9 n.38/2009 se deve essere modificata e/o migliorata. Per fare prevenzione bisogna mettere l’accento anche sullo stalker, su come affrontare questo tipo di comportamento/reato. Carcere o psicoterapia? L’uno non esclude l’altro purché entrambi i metodi siano condotti con professionalità e competenza e mirino:
a) alla protezione e risanamento della vittima;
b) alla diminuzione dei futuri stalker (prevenzione);
c) alla completa ottemperanza della legge.
Condividendo il parere di Susanne Preusker (psicologa tedesca stalkizzata), asserisco che non tutti i maniaci ossessivi sono uguali, si deve valutare di volta in volta e quindi per alcuni si deve tentare una terapia psicologica riabilitativa per altri forse è il caso che, anche effettuando una psicoterapia, si abbia il coraggio di tenerli in carcere!!! (v. caso Izzo lo stalker del Circeo).
Concludo questo mio scritto (che non ha la pretesa di essere esaustivo) auspicando che in futuro lo stalking diminuisca Ciò può avvenire cercando di sensibilizzare ulteriormente le persone promuovendo l’educazione, la conoscenza e l’informazione della problematica in modo da facilitare un’incipiente presa di coscienza ed un subitaneo riconoscimento di tale fenomeno.
Esempio di ampliamento e diffusione: anche le donne che aspettano un figlio vanno aiutate/educate emotivamente affinché non commettano l’errore di essere ‘assenti affettivamente con i loro neonati’; le future mamme devono sapere quanto il loro comportamento relazionale con il figlio/a è importante e quanto può diventare dannoso per i loro figli e per la società in genere.
Roma, 13 ottobre 2012
Laura Tienforti
Bibliografia:
A.Barsotti - G:Desideri - 2011 - Stalking
F.Paciello - 2009 - Lo stalking victim
F.Bruno - 2009 “ Stalking: forma/e di abuso sulle donne ..
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