Secondo la Società Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) circa il 20% della popolazione mondiale soffre di qualche forma di dolore cronico, includendo il dolore oncologico, quello post-chirurgico o post-traumatico e quello muscolo-scheletrico. La fibromialgia, o sindrome fibromialgica, è una malattia reumatologica che rappresenta una delle cause più frequenti di dolore cronico diffuso di tipo muscolo-scheletrico. Oltre al dolore diffuso, nella fibromialgia sono spesso presenti altri sintomi sia fisici sia di natura psicologica; un numero elevati di pazienti presenta astenia, disturbi del sonno, ansia, depressione, difficoltà di concentrazione e attenzione, parestesie, disturbi gastro-intestinali, rigidità soprattutto al risveglio e altri ancora a carico di diversi organi e apparati. E’ facile comprendere come questi sintomi concorrono al peggioramento della qualità di vita dei pazienti e alle limitazioni della loro quotidianità.
Il Italia è stato stimato che la fibromialgia colpisce circa 1,5 milioni di persone e in modo particolare le donne (rapporto maschi: femmine risulta di 1:9). Il motivo di questa differenza di genere non è ancora stato chiarito, ma si ipotizza che dipenda da una diversa interazione nei due sessi tra fattori genetici, biologici, psicologici e socio-culturali; potrebbero essere implicati fattori di natura ormonale (ruolo degli estrogeni), di stress, di ruolo della donna all’interno della cultura. La prevalenza della fibromialgia aumenta con l’età, raggiungendo il picco nella fascia d’età tra i 40 e i 70 anni.
La diagnosi di fibromialgia viene posta dal reumatologo secondo i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR); essi includono la presenza di dolore cronico diffuso (che interessa cioè tutto il corpo) e di dolorabilità alla pressione di almeno 11 punti specifici del corpo, definiti Tender Points, su 18. Al di là dell’esame obiettivo dei tender points, la diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce, come il dolore, l’astenia, il sonno non ristoratore, deficit cognitivi e così via.
L’eziologia della fibromialgia risulta ad oggi sconosciuta, ma ciò che si può affermare con relativa certezza è la sua natura multi-fattoriale, nel senso che diversi fattori di natura biologica, psicologica e sociale interagiscono tra loro influenzandone insorgenza e decorso. Questo inquadramento permette di concettualizzare la fibromialgia come il risultato dell’interazione tra le esperienze di vita avverse, la capacità di gestione dello stress e i meccanismi di processazione e modulazione del dolore a livello del sistema nervoso centrale. La suscettibilità alla FM sembrerebbe dovuta ad una iperattivazione del sistema dello stress geneticamente determinata, la quale, interagendo con esperienze precoci negative e fattori ambientali causa di distress, esiterebbe in alti livelli di stress fisico e psicosociale e nell’insorgenza della malattia. In una percentuale piuttosto alta di pazienti, sono presenti eventi traumatici nella storia di sviluppo (abusi fisici e sessuali, violenze familiari, morte di un genitore, neglet); tali esperienze potrebbero aver sensibilizzato il sistema dello stress rendendo più probabile l’insorgenza della fibromialgia in seguito a fattori stressanti di minore portata (es. fine di una relazione, perdita del lavoro).
La terapia farmacologica può dare risultati soddisfacenti, sebbene solo una percentuale limitata di pazienti risponda in modo efficace al trattamento. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia di approcci psicologici di tipo cognitivo-comportamentale nel trattamento della fibromialgia, in modo particolare quelli basati sulla meditazione mindfulness, definita come la capacità di prestare attenzione in modo intenzionale e non giudicante al momento presente (Kabat-Zinn, 1990). La mindfulness aiuterebbe i pazienti a sviluppare un nuovo rapporto con i sintomi e con il dolore, a prendere le distanze dai giudizi negativi, dalle emozioni dolorose, dai pensieri, in modo da non rimanere ‘intrappolati’ nel ciclo della sofferenza. Attraverso la meditazione è possibile acquisire la capacità di relazionarsi al dolore e agli altri sintomi in maniera più adattiva e flessibile, in modo da ridurre l’impatto che essi hanno nella vita dei pazienti migliorandone in questo modo la qualità di vita.
Il libro di Ciro Conversano e Laura Marchi, “Vivere con la fibromialgia. Strategie psicologiche per affrontare il dolore cronico” (ECLIPSI, 2017), offre le informazioni scientifiche più aggiornate riguardo alle caratteristiche, alle cause e alle possibilità di cura della fibromialgia, e accompagna il lettore passo per passo, attraverso esercizi e file audio per le meditazioni, in un percorso di auto-aiuto psicologico che lo aiuterà ad affrontare più efficacemente il dolore, con conseguenti miglioramenti della propria qualità di vita.
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