Vi sentite demotivati, “esauriti”, stanchi, arrabbiati, nervosi ed apatici sul posto di lavoro? Da qualche tempo soffrite di cefalee, disturbi gastrici o cardiovascolari, crisi di pianto o d’ansia? In passato eravate entusiasti del vostro impiego ma ultimamente andare al lavoro ogni giorno diventa sempre più difficile e vi crea grande disagio?
Se vi riconoscete in questa descrizione, è probabile che soffriate della sindrome del burnout,
ovvero un tipo di stress lavorativo che consiste in un vero e proprio esaurimento derivante da certi compiti professionali. Il termine inglese infatti significa letteralmente “bruciato” o “scoppiato” e descrive molto bene alcune sensazioni vissute da chi sperimenta questa sintomatologia.
La sindrome colpisce soprattutto chi svolge professioni d’aiuto (infermieri, medici, insegnanti…) ma anche quei lavoratori che sono costantemente in contatto con il pubblico, come ad esempio avvocati, ristoratori, impiegati delle poste, manager, centralinisti, segretarie, commessi, e così via.
È una malattia in costante aumento nei Paesi Occidentali a causa dei grandi cambiamenti avvenuti nel modo di concepire il lavoro. Il burnout non è soltanto una sofferenza individuale, ma è un problema sociale che interessa le istituzioni: il contesto lavorativo infatti influenza e può determinare l’insorgenza della sindrome attraverso un sovraccarico di lavoro, la mancanza di gratificazioni, il crollo del senso di appartenenza al gruppo, avere dei valori personali contrastanti rispetto a quelli dell’azienda e una bassa retribuzione.
Le persone che soffrono della sindrome del burnout manifestano:
• stanchezza ed esaurimento, apatia, nervosismo, irrequietezza, irritabilità;
• patologie varie, tra cui insonnia, disturbi gastrici e cardiovascolari;
• alta resistenza ad andare al lavoro;
• difficoltà nelle relazioni interpersonali (si colpevolizzano gli utenti e si criticano i colleghi);
• un calo progressivo nell’impegno nel lavoro, non più ritenuto importante e stimolante, ma percepito come sgradevole ed insoddisfacente. Si assume quindi un atteggiamento freddo e distaccato verso il proprio lavoro.
• una diminuzione dell’entusiasmo e della motivazione che vengono sostituiti da rabbia, ansia e depressione uniti a bassa autostima, sensi di colpa e sensazione di fallimento ed inefficacia;
• una drastica riduzione del proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro, attraverso molte assenza e l’isolamento dal contesto lavorativo.
Tale situazione di disagio molto spesso porta la persona ad abusare di alcool, psicofarmaci o fumo. Tali reazioni sono il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione, credendo erroneamente che l’indifferenza sia la strategia vincente. Guarire dal burnout si può, con l’aiuto di uno psicologo esperto e di un percorso di psicoterapia.
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