Nel 1936 Hans Selye formulò un modello interpretativo sulla patogenesi dello stress, a cui diede il nome di sindrome generale di adattamento (General Adaptation Syndrome). Di fronte a degli stimoli (psicosociali, fisici, biologici) o stressors, si verifica una attività fisiologica che mette il nostro organismo nelle condizioni migliori per far fronte alla richiesta, attraverso un comportamento di lotta o fuga. Persistendo gli stimoli l’ individuo si organizza in senso difensivo a tollerare gli agenti stressanti. Si entra quindi nella fase di adattamento. Con il continuo perdurare degli stressors, si esaurisce nell’ individuo ogni capacità di adattamento e si determina un sovraccarico funzionale che si traduce nella sindrome da stress, vera e propria anticamera di malattie (TAB. 1).
Come evidenziato da vari ricercatori (F. Gohen e coll. – Dundee) l’ eccesso di stress è la causa di gravi malattie (neoplasie, diabete, malattie cardiache). Il perdurare di situazioni stressanti, infatti, determinerebbe una incessante produzione di adrenalina, che, a livello cellulare, si tradurrebbe in una iperattivazione dei normali processi biochimici, quale la fosforilazione ossidativa, con esaltata produzione di energia. Persistendo lo stress, le cellule andrebbero così incontro ad un sovraccarico funzionale. Ulteriori conferme giungono da altri autori (T. Holmes e R. Rahe – Univ. Washington) secondo i quali esistono correlazioni significative tra una serie standardizzata di cambiamenti di vita, accumulati in un breve periodo di tempo, suscettibili ad indurre una reazione di stress, e il manifestarsi di diverse malattie, tra cui l’ infarto del miocardio (TAB.2).
Anche alla luce di queste considerazioni viene meno quel dualismo che per secoli ha diviso la mente dal corpo, la salute fisica da quella psichica. Ennesimo contributo a questa visione dell’ uomo come unità biopsichica ci è fornito da Rita Levi Montalcini, secondo la quale l’ Ngf (Nerve Growth Factor) metterebbe in relazioni situazioni ambientali, S.N.C., sistema nervoso endocrino ed immunitario. Tale concetto permette una maggiore comprensione dei disturbi psicosomatici ed evidenzia come fenomeni psichici (ansia, depressione, stressors) e condizioni del nostro organismo siano strettamente correlati. C’ è da porsi a questo punto la domanda se esistono delle possibilità per far fronte allo stress. Al di là delle possibili soluzioni sul piano socioculturale, una risposta ci è fornita da Schultz, il quale agli inizi del secolo ideò un metodo psicoterapeutico di rilassamento: il training autogeno. Questo consiste in una tecnica di auto distensione che consente, attraverso l’ apprendimento di una serie di esercizi, la realizzazione di spontanee modificazioni del tono muscolare, della funzionalità vascolare, dell’ attività cardiaca e polmonare, dell’ equilibrio neurovegetativo. In altri termini, lo stesso soggetto, appresa la tecnica del training, è in condizioni di applicarla a se stesso in ogni momento per prevenire o trattare specifici disturbi. In tal modo, così come ala totalità biopsichica di fronte a situazioni stressanti e conflittuali genera una serie di fenomeni psichici e somatici (aumentata secrezione di catecolamine, ipertonia muscolare, senso di freddo viscerale, palpitazioni, tremori, affollamento di pensieri), così con il training autogeno si riesce a generare il quadro opposto, cioè l’ opposto della sindrome da stress. Ma quali sono i meccanismi neurofisiologici che determinano i predetti cambiamenti? Per alcuni sono determinati dall’ attivazione di un meccanismo regolatore diencefalico; per altri la fenomenologia rientra nel campo dei riflessi condizionati. Per M. Farnè, i meccanismi di azione del T.A. dipenderebbero dalla modulazione del sistema reticolare sul tono della corteccia cerebrale, nonché sull’ ipotalamo e quindi sull’ equilibrio simpatico-parasimpatico e sulle ghiandole endocrine.
In conclusione possiamo affermare che grazie ad una tale psicoterapia, che ha fatto dell’ equilibrio mente-corpo il suo credo, è possibile attenuare o rimuovere sintomi disturbanti, agire su equilibri funzionali alterati, modificare (attraverso la comprensione del significato simbolico dei sintomi) la personalità dell’ individuo, superare l’ angoscia e lo stress che incalzano in modo sempre più insidioso l’ uomo d’ oggi. E’ infine auspicabile che il training autogeno incontri la dovuta considerazione da parte di medici e psicologi, al fine di poter attenuare le conseguenze più penose dello stress ed aiutare i pazienti a liberarsi delle proprie inquietudini, per affrontare con maggiore serenità la vita.
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