La parola “stress” è forse una delle più usate del nostro tempo, pensiamo semplicemente a quante volte ci dichiariamo stressati a fronte di momenti di nervosismo o di sintomi fisici che ci disturbano.
Ma di cosa parliamo davvero quando parliamo di stress? E come possiamo imparare a gestirlo?
Spesso tendiamo a descriverlo come la causa di una serie di sintomi o malesseri di tipo psicologico o somatico.
Ma siamo sicuri che le cose stiano proprio così?
A ben guardare quando parliamo di stress non facciamo riferimento ad una causa, ma ad una risposta fisiologica della nostra unità mente-corpo, ad una serie di stimoli (stressor) che arrivano dal mondo esterno e che ci troviamo a dover fronteggiare: la risposta di stress, appunto.
Essa è, di per sé, naturale ed adattiva, ad innescarla non sono solo le situazioni a cui attribuiamo un significato negativo, ma anche quelle a cui attribuiamo un significato positivo e che ci rendono felici. Entro certi limiti, inoltre, ci dà una marcia in più nell'affrontare una prestazione o un compito.
Proviamo, però, a capire meglio cosa ci accade e quando è che qualcosa di assolutamente naturale, rischia di diventare problematico per noi.
A fare davvero la differenza sono alcuni aspetti fondamentali: l'intensità e la durata degli stimoli stressanti che dobbiamo affrontare e, naturalmente, le risorse psicofisiche e sociali di cui disponiamo per farvi fronte.
Selye descrive tre fasi di quella che chiama Sindrome generale di adattamento: allarme, resistenza, esaurimento.
La prima è quella fase in cui ci attiviamo per affrontare uno stressor di breve durata e commisurato alle nostre risorse, una volta data la risposta allo stimolo esterno, torniamo in una fase di riposo. Se la situazione stressogena si protrae, entriamo in una fase di resistenza, dopo la quale possiamo ancora recuperare energie psico-fisiche tornando alla condizione di riposo. Se, però, le condizioni stressogene continuano e noi non riusciamo a fronteggiarle adeguatamente, entriamo nella fase di esaurimento, sostanzialmente una fase che ci indica che siamo andati oltre le nostre forze, attraverso una serie di sintomi psicofisici molto pesanti e piuttosto difficili da far rientrare.
A questo punto è la nostra unità mente-corpo a fermarci ed a metterci nella condizione in cui prenderci cura di noi stessi: non è più una possibilità, ma una condizione necessaria.
Eppure possiamo intervenire per tempo ed imparare a gestire la nostra risposta di stress.
Questa infatti, porta con sé una serie di variazioni psico-fisiche, che se ascoltate ci possono dire molto. Quante volte ci capita in momenti molto impegnativi di sentirci nervosi, distratti, tristi, oppure di avere mal di testa, difficoltà a dormire, disturbi gastrointestinali, tachicardia, dermatiti?
Attraverso sintomi di questo tipo riceviamo dei segnali, delle vere e proprie richieste di attenzione, che se ignorate possono sfociare in una sintomatologia ben più grave. Se sapremo rispondere immediatamente al messaggio del nostro corpo e tutelarlo, invece, molto probabilmente riusciremo a recuperare le risorse necessarie senza troppa difficoltà.
Ma come fare?
Il primo passo è ascoltarsi, darsi attenzione e, se possibile, cercare di risolvere la situazione che ci mette eccessivamente sotto pressione.
Non sempre, però, possiamo modificare ciò che stiamo vivendo ed allora?
In questo caso possiamo cercare di sviluppare nuovi punti di vista, nuove strategie per affrontare la situazione che stiamo vivendo ed alleggerirci. Un importante strumento, inoltre, è dato dall'uso abituale di tecniche di rilassamento o pratiche per il benessere. Queste, infatti, riescono ad innescare una serie di cambiamenti fisiologici nel nostro organismo che contrastano la risposta di stress, trasformandola in una risposta di rilassamento e contribuendo giorno dopo giorno a promuovere la nostra salute.
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