Gentile Barbara, inizierei dalla fine della sua e-mail :
“Ora trovo giusto andarmene di casa...come posso andarmene senza discutere? Come posso calmare il mio stress/crollo psicologico? Come posso trovare fiducia in me stessa? Pensa sia giusto andarmene? Come affrontare il mio stress nervoso?
Sono domande molto impegnative che esordiscono con una certezza “Trovo giusto andarmene di casa”, obiettivo auspicabile per un giovane adulto, però nel suo caso tale obiettivo è complicato dalla conflittualità in atto nella sua famiglia. Questa conflittualità indubbiamente amplifica i timori connessi alla costruzione di una propria vita indipendente, in quanto la propria autonomia dovrebbe essere raggiunta possibilmente senza forzature e costrizioni ad andarsene di casa perché l’atmosfera emotiva è diventata irrespirabile, bensì con l’accordo o quantomeno con l’appoggio dei genitori, tenuto conto che sarebbe opportuno che anche in seguito si possano mantenere rapporti di sostegno reciproco.
Tuttavia la sua condizione che lei definisce di ‘stress e crollo psicologico’ oltreché di mancanza di fiducia in sé stessa, non facilita di certo il suo obiettivo di andarsene né tantomeno quello di ristabilire una relazione più equilibrata in famiglia. Che fare? A mio parere in primo luogo sarebbe opportuno richiedere un aiuto professionale per analizzare approfonditamente la situazione, ovvero rivolgersi a uno psicoterapeuta o al consultorio familiare e solo in seguito a un’analisi dettagliata delle risorse emotive ed economiche, prendere una decisione che sia praticabile senza alimentare ulteriormente la conflittualità e le ansie connesse.
Per il momento vorrei fare qualche commento su ciò che lei riporta anche della storia familiare. Lei definisce ‘Classica’ la sua famiglia, fino a quando morì suo padre, ma qui occorrerebbero alcune fondamentali precisazioni: quanti anni aveva lei e quanti anni aveva lui? Che cosa a causato la sua morte? Quanti anni ha sua mamma? Quanti anni ha suo fratello? Qual è la situazione economica della famiglia? Le pongo queste domande in quanto anche tutti questi particolari possono contribuire a determinare uno stato di angoscia dilagante e destrutturazione delle relazioni in un nucleo familiare.
Lei afferma anche che con sua madre ha sempre avuto un ‘brutto’ rapporto e non ne ha mai capito il motivo, quindi qui sembra prescindere dalla presenza di suo padre, vale a dire che anche quando c’era lui il rapporto era difficile? Se così è, varrebbe la pena di analizzare più profondamente questo passato carico di incomprensioni. Essendo poi il rapporto peggiorato durante l’adolescenza, più che per mancanza di affetto, ciò potrebbe essere stato provocato dalla insufficienza di risorse psichiche necessarie per affrontare fasi della vita assai complesse e cariche di emotività, sia per lei che per sua madre; se poi suo padre non c’era già più, va considerato il fatto sostanziale della mancanza della figura paterna che dovrebbe fornire un apporto affettivo sicuro e un riferimento sostanziale per una valida regolazione delle estremizzazioni emotive circolanti. Evidentemente diverse cose non sono andate bene in famiglia, credo al di là della volontà e delle intenzioni di tutti, ma si sa che le buone intenzioni non sono sufficienti ad affrontare le prove a cui ci sottopone la vita:
in primo luogo le intenzioni dei suoi genitori, i quali certamente l’hanno desiderata e amata, anche se poi lei e sua madre non siete ancora riuscite a sintonizzarvi, però la delusione e la sofferenza che ognuna di voi due esprime verso l’altra, denota un’affettività ferita e per questo molto presente, sia pure in modo doloroso;
in secondo luogo azzardo l’ipotesi ( sottolineo che sto proponendo una chiave di lettura solo ipotetica) che sua madre forse ha voluto compensare una sensazione di fallimento con lei, quasi attribuendo all’adozione la causa della difficoltà di sintonia emotiva, per cui potrebbe aver esagerato un comportamento servizievole nei confronti del figlio ‘biologico’ ( non direi ‘naturale’ perché ‘naturale’ è anche lei in quanto è naturale che le persone umane adottino e diventino genitori a tutti gli effetti e i figli adottivi diventino figli naturali a tutti gli effetti ), non tanto perché lo amasse di più, ma come reazione alla difficoltà incontrata per farsi amare da una bimba di 6 anni che aveva già subito il trauma dell’abbandono. Tant’è vero che anche suo fratello, nonostante i servigi eccessivi ricevuti dalla madre, ora è in aperto conflitto e totalmente sprezzante con lei. Come può inoltre constatare, tutti si scagliano contro tutti e suo fratello tratta allo stesso modo lei e la madre, sia pure con epiteti diversi e le espressioni aggressive e di disprezzo che egli scaglia su di lei e sulla madre, sono talmente banali e scontate da denotare solo una rabbia scomposta, in un clima di ansia e scontentezza generali, in cui tutti stanno male.
In conclusione il quadro relazionale ed emotivo che lei descrive richiede certamente un intervento psicoterapeutico sia sul piano individuale che possibilmente sul versante familiare; intervento finalizzato alla gestione dell’angoscia e alla regolazione emotiva, oltre allo studio approfondito delle dinamiche familiari, che pur partendo da intenzioni costruttive e affettivamente positive, hanno invece prodotto questo sovraccarico di sofferenza. In tal modo lei potrà sviluppare una competenza utile a ottenere la sua indipendenza nel modo meno doloroso possibile e acquisire una forza d’animo e una fiducia in sé stessa derivante da una nuova e più profonda capacità di comprensione psicologica. Cordiali saluti.