Idealizzazione

E' stato John Bowlby che per primo ha sottolineato l'importanza dello schema di adattamento del bambino, nella successiva strutturazione dello schema da adulto. Secondo l'autore, il rapporto sentimentale tra adulti, ha forti legami con le esperienze del passato. Si ricerca nel partner, infatti, tutto ciò che ha caratterizzato la propria figura di attaccamento infantile: si costruisce un modello interiore, al quale il partner deve corrispondere. Le scelte sentimentali possono così essere diverse.

Sono stati individuati tre tipi di attaccamento: sicuro, evitante e preoccupato. I soggetti sicuri, che hanno avuto una madre disponibile, affettuosa e presente, riportano dentro di sé una fiducia, che li guiderà  a scegliere partner adeguati. 

I soggetti evitanti  sono quelli che non hanno avuto figure di riferimento affidabili, per questo evitano il coinvolgimento, non aspettandosi nulla dall'altro.

In ultimo, gli insicuri che vivono nella paura dell'abbandono e cercano partner che faranno rivivere loro, l'esperienza dell'abbandono.

 

Cosa caratterizza un sano?

Umberto Galimberti, nel suo libro 'Le cose dell'amore' presenta un'attenta osservazione del fenomeno dell'idealizzazione in amore. Riporto di seguito le sue parole: "Agli innamorati che idealizzano la persona amata, la psicoanalisi ricorda che l’idealizzazione è una regressione infantile, perché trasferisce sulla persona amata quel senso di unicità che da bambini attribuivamo ai nostri genitori, quando li sopravvalutavamo perché da loro dipendeva la nostra vita e ancora non avevamo visto le loro ombre".

Se l'idealizzazione dei genitori è utile ai bambini, perché crea in loro quella fiducia di base necessaria per crescere con un minimo di rispetto di sé, è terribilmente pericolosa quando ci si innamora, perché gli ideali si appannano facilmente, gli incantesimi si spezzano, gli effetti magici si dissolvono, i trucchi prima o poi vengono a galla.

L'idealizzazione ci impoverisce, perché tutto ciò che ha valore, è collocato nell'altro. E se l'altro non cambia l'idealizzazione di cui è stato investito, se quanto abbiamo trasferito in lui non ritorna, allora o siamo capaci di rompere l'incantesimo e vedere l'altro in una prospettiva più sobria e realistica, o precipitiamo nel rifiuto di noi stessi, svuotati  di ogni nostro valore. Idealizzando l'altro, ci siamo svalutati e staccati dalla realtà.

Idealizzare è pericoloso, ma inevitabile. Perché il desiderio non si attiva senza idealizzazione, senza immaginare nell'altro quelle qualità che lo rendono unico, speciale, straordinario. Da questo punto di vista, l'oggettività è un ideale impossibile, è il desiderio di pervenire ad una sicurezza che non sarà mai raggiunta.

Nel rapporto di coppia sano, le due persone mantengono la propria individualità,  la propria identità. In questo senso, non si vive dell'altro, ma si vive di uno scambio reciproco tra due individui, esistenzialmente separati, seppur uniti nell'amore.

All'inizio, nella fase dell'innamoramento, l'idealizzazione dell'altro, come abbiamo visto, è inevitabile, essenziale per potersi innamorare.

Andando avanti nella relazione, si conosce l'altro per quello che realmente è, senza i nostri investimenti di bisogni infantili, senza il tentativo di trovare nell'altro quello che è mancato a noi. Questo non significa, necessariamente, che amiamo l'altro come se fosse nostra madre, ma che, come afferma Bowlby nella sua teoria dell'attaccamento, vi sono delle associazioni molto profonde tra i due tipi di legami.

Sono numerose le ricerche effettuate per studiare le diverse fasi che attraversa la coppia.

Tra queste, ho trovato interessante lo studio effettuato da Giusti e Pitrone, secondo cui, le varie fasi portano necessariamente a delle trasformazioni nell'organizzazione interna della coppia stessa.

  • la nascita della coppia: la fase dell'innamoramento, dell'amore, la convivenza o il matrimonio. Si comincia a costruire l'identità della coppia, diversa da quella della famiglia d'origine, con dei confini delineati.
  • la nascita del primo bambino: i confini vanno ridefiniti sia all'interno della coppia, che nei rapporti con l'esterno.
  • la coppia con figli adolescenti: è necessaria una nuova organizzazione, sia per affrontare la crescita dei figli, la loro educazione, sia in funzione del confronto tra la propria adolescenza e quella dei figli.
  • la coppia che affronta lo svincolo del figlio: il figlio cerca altre relazioni e queste ultime richiedono la trasformazione della relazione genitore-bambino, in una prima relazione adulto-adulto.
  • la coppia durante la fase del pensionamento: i rapporti sono con i figli adulti, a loro volta genitori. Si sperimenta la terza età, con tutte le sue implicazioni.

Secondo la Mahler, che affronta lo studio della coppia sulla base del concetto di autonomia e di separazione-individuazione, si parte da una fase di dipendenza per giungere ad una di interdipendenza.

Nella prima fase della dipendenza, la coppia vive una simbiosi con una idealizzazione estrema dell'altro, che viene visto come unico, speciale, meraviglioso, sperimentando in tal senso una sorta di psicosi.

Da questa fase si passa a quella dove compaiono i primi conflitti e dove si manifestano le prime crisi di ansia, utili per sciogliere la simbiosi.

Troviamo quindi la fase della contro-dipendenza, caratterizzata dal desiderio di differenziazione, con la presenza di un senso di disillusione, di dolore dovuto alla scissione tra l'ideale ed il reale. Possono manifestarsi sintomi depressivi, dovuti alla difficoltà di gestire la rabbia data dalla scoperta dell'altro, diverso da quello che si era pensato.

La fase dell'indipendenza è caratterizzata dal bisogno di sperimentare l'esterno. Sono presenti rimpianti e speranze, in alternanza tra loro.

L'ultima fase è quella dell’interdipendenza, che si basa sull'accettazione di un legame non perfetto, e da questa consapevolezza deriva una sorta di riavvicinamento nella coppia.

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