“Ci vuole gamba”, questa è una tra le più comuni risposte alle più disparate domande tecniche che possono riguardare il mondo del ciclismo, professionistico o amatoriale.
Questa affermazione, per quanto spesso ironica e ovvia, è molto significativa e più intelligente di quanto ad una prima analisi essa possa apparire, in quanto ci fa capire come, al di la di qualsiasi elucubrazione tecnico/teorica, per andare forte in bicicletta c'è bisogno prima di tutto di avere la gamba “piena”.
Ma di cosa è piena la gamba? Quali sono gli elementi necessari a riempirla?
Forza, tecnica, resistenza, tanti sono gli elementi che si potrebbero elencare come aspetti da allenare per raggiungere l'obiettivo di avere una buona gamba, ma per allenarli c'è bisogno di costanza, conoscenza di se e ascolto del proprio corpo. Ed è qui che entra in gioco l'elemento fondamentale, che sta a monte di qualsiasi allenamento o talento naturale: la testa. È per testa dobbiamo intendere tutto quel sistema complesso di consapevole/razionale e inconsapevole/sensitivo che sta alla base di qualsiasi movimento noi possiamo compiere.
Ciò che più serve ad un ciclista in funzione della costruzione della gamba è un complesso di elementi di emotività, consapevolezza di sé, memoria e ragionamento, i quali, agendo in sincronia, permettono di sviluppare al meglio l'allenamento in funzione della massima espressione delle proprie potenzialità: ogni ciclista ha un potenziale, che dipende da quanto egli stesso riesca a comprenderlo e a fare di tutto per raggiungerlo. Solo in questo modo si potrà progredire, ottenendo il massimo dal proprio allenamento.
La ragione sta nel fatto che i fili che regolano e guidano il movimento, la sua efficienza ed efficacia, le posture, sono enormemente influenzati dalla emotività dell'atleta, che investe le sue esperienze passate ed il suo atteggiamento verso il presente e il futuro: maggiore sarà la consapevolezza e l'ascolto di se, maggiori saranno le potenzialità dell'allenamento.
Le posture, la sensibilità del gesto atletico, la fluidità, la gestione della forza sono in larga parte automatismi che esistono a prescindere dal controllo e dalla consapevolezza che l'atleta possa avere riguardo ad essi:
un atleta arrabbiato, ansioso, che gareggia anche in allenamento, sarà sempre un atleta fisicamente rigido, poco fluido ed armonico, e disperderà inutilmente tantissima energia, la quale verrà consumata a livello nervoso e fisico in maniera non ottimale e non funzionale al raggiungimento dell'obiettivo prefissato.
Al contrario di un atleta consapevole, che si ascolta prima ancora di guardare davanti a se, sarà sicuramente più armonico ed efficace, in grado di gestire al meglio le risorse e di utilizzarle al massimo delle sue possibilità.
Da qui l'importanza dell'allenamento fisico/mentale come unico possibile, improntato sull'ascolto del proprio stato psicofisico in ogni momento dell'allenamento stesso.
Solo in questo modo si potranno regolare, modificare e quindi migliorare elementi che il semplice allenamento fisico non potrà mai influenzare a fondo: la gamba, intesa come insieme di elementi fisici e mentali, va prima di tutto ascoltata, solo così si potrà utilizzare al meglio l'allenamento.
Da qui l'efficacia di alcune tecniche di allenamento mentale, utili agli scopi fino a qui elencati: Training Autogeno, visualizzazioni guidate, allenamento ideomotorio.
Sono tutte tecniche che allenano la consapevolezza corporea e mentale/emotiva, rendendo il gesto tecnico più funzionale ed efficace, e di conseguenza implementano l'efficacia dell'allenamento fisico.
Soprattutto il Training Autogeno, con la sua capacità di agire direttamente dove la motricità e l'emotività si intersecano a livello neurologico, fornisce le basi perchè qualsiasi tipo di allenamento “mentale” successivo possa funzionare, dando contemporaneamente all'atleta uno strumento decisivo per migliorare l'ascolto di sé.
“Ci vuole gamba”, ma la gamba la si può costruire solo a partire dalla testa.
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