Il problema della solitudine in rete
É noto, nonché opinione diffusa che le nuove tecnologie derivanti dall'arrivo di Internet ed il proliferare di Social di ogni tipo - da FB a Twitter, Tik Tok ecc. - allontana sempre più dalle relazioni sociali autentiche, strutturando un legame reale di attaccamento con tutti i dispositivi esistenti. Sono proprio questi strumenti che finiscono per diventare gli interlocutori per le incertezze, le comunicazioni personali, le questioni quotidiane conferendo loro questo ruolo, anche se in realtà, essi non sono adatti per questo compito. Eppure, tutto ciò é in relazione sia ad una finta possibile comprensione, basta rifarsi alle chatbot esistenti oggi (intelligenza artificiale concepita con lo scopo di imitare il ragionamento per condurre conversazioni semplici e varie) o più semplicemente a Siri (applicazione informatica creata dalla Apple che é in grado di comprendere le istruzioni verbali e di rispondere), sia al mancato rischio di provare delusioni relazionandosi con i propri simili. Le macchine offrono un'illusione di amicizia, di relazione senza alcuna intimità e le persone portano avanti delle comunicazioni serie o meno per divertirsi sperando di ottenere da Siri o simile, una sorta di risposta.
Come terapeuta, mi é capitato di sentire espressioni di questo tipo "quando parlo, nessuno mi ascolta" e si ricorre a questi mezzi, spesso, per avere degli uditori anche se automatici, virtuali, non riuscendoci in un contesto di relazione umana. Fino a pochi anni fa, le persone si rifiutavano di ammettere l'esistenza di una dipendenza da queste nuove tecnologie, oggi quasi tutte la riconoscono. Infatti, per esempio, é sconvolgente andare al ristorante o in un bar e scoprire che sui tavoli tra gli oggetti compare subito il cellulare. Purtroppo, il problema é il cattivo uso che si fa, al punto da trasformarsi in una dipendenza vera e propria, impedendo ogni comunicazione anche quando ci si incontra fisicamente.
Tuttavia, non bisogna disconoscere i traguardi raggiunti dalla robotica nei campi della medicina e nei sistemi di cura, ciò che deve preoccupare é l'utilizzo personale, smoderato e smisurato che fa male al cervello ed alla psiche in quanto allontana dalla realtà vera, dalla relazione tra uomini, generando patologiche solitudini in rete, che si trasformano in stati nevrotici e, di frequente, anche depressivi. É evidente il fatto che il bisogno di connettersi é più un sintomo che una cura, determinando quasi un cambiamento di ciò che le persone pensano di se stesse. Si tratta di accogliere l'espressione "condivido, dunque sono" e ciò avviene attraverso la condivisione di idee, di emozioni, di pensieri e, quando non si è connessi, non ci si sente più se stessi. Purtroppo, più la connessione aumenta, più l'isolamento é garantito!
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