Il significato del rancore
Il termine "rancore" deriva dal latino e viene dal verbo "rancere" e si riferisce ad un alimento andato a male, dal caratteristico sapore e odore (cfr. rancido). In realtà, esso si presenta come un sentimento di profonda avversione, un forte risentimento verso una persona, un ambiente, un'istituzione, molto nascosto nell'animo, e derivato in seguito ad un torto ricevuto, ad una offesa, ad un cruccio profondo. Il rancore é un'emozione, ma se si mette in relazione con altre dimensioni emotive, emergono caratteristiche che lo differenziano. In primis, vi é la ruminazione, cioè il continuo rimuginare, quasi ossessivo su quanto accaduto, soprattutto, attraverso il bisogno di parlarne, quasi sperando di cancellare il fatto o la persona o altro, ma nello stesso tempo, lo si mantiene in vita per conservare il tormento.
Il rancore dei giovani é riferito prevalentemente all'amicizia, ai rapporti sentimentali, ai rapporti familiari, alla vita scolastica. Il rancore degli adulti riguarda in particola modo, l'ambiente lavorativo e la famiglia. Tuttavia, questo bisogno - giovanile o adulto - di ritornare sempre sull'argomento sviluppa la fantasia della rivalsa e dell'idea di annullamento del torto subito, accentuando il desiderio di fare un "rewind " per cancellare l'accaduto, rendendolo così un continuo presente. La modalità forte di reagire ad una frustrazione contiene tre aspetti : la persona che lo provoca, il danno arrecato e l'investimento che si era costruito e che si é ora distrutto. Purtroppo, il rancore persiste e resta imprigionato dentro di noi, scavando lentamente, quasi come un demone che vuole tenerlo in vita. É evidente che perseverare nel ricordo di un torto subito, di un tradimento, di una frustrazione o di qualsiasi altra cosa non fa bene a livello psicosomatico e finisce con il limitare lo sviluppo del pensiero e la nostra vitalità.
Nella nostra umana esistenza le difficoltà, gli ostacoli, le lotte che si combattono quotidianamente, insieme alle malattie e agli incidenti superati, devono rappresentare una riflessione sul nostro presente che contiene delle perdite, delle sconfitte, ma anche delle vittorie. Il ricordo di quanto subito deve affievolirsi e allontanarsi proprio in virtù della sofferenza che si va ad elaborare soppiantandola con una nuova e buona dose di autostima. Se si pensa per un attimo alla saggezza di Dante e al suo paradosso quando scrisse : " nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria" (Inferno V canto) ci si accorge che il "rimuginare" può consentire, nonostante tutto, di venirne fuori per quell'istinto di sopravvivenza dell'Io che non deve mai abbandonarci. L'uomo ha il dovere di amare questa vita, con tutti i dolori e i piaceri, consapevole che questa é Realtà e sulle altre vite non esiste una realtà così oggettiva e reale.
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