Demenza → Sostegno psicologico alle famiglie

La vita talvolta ci stanca
fino a farci gridare perdono
in attesa di un dolce riposo


Le scoperte in campo medico-scientifico hanno da un lato migliorato la qualità della vita permettendo di vivere più a lungo, dall’altro hanno portato ad un progressivo invecchiamento della popolazione. Ciò significa necessariamente andare incontro ad un sempre maggior numero di diagnosi di demenza, e, in generale di malattie legate all’invecchiamento. Si stima attualmente che l’incidenza di queste malattie sia in media del 5% con un andamento esponenziale (raddoppio ogni 5 anni).
Ne deriva la necessità sociale di affrontare questa problematica non solo attraverso l’individuazione e la diagnosi specifica della malattia, ma anche con la presa in carico di tutto il nucleo familiare.

Se pensiamo alle difficoltà a cui un anziano senza problematiche particolari va incontro, ci vengono in mente alcune considerazioni che riportano al tema della solitudine, della sensazione di scarsa autonomia e indipendenza, di problemi di salute fisica , di preoccupazione per il proprio presente e il proprio futuro. Proviamo a pensare ad un anziano affetto da demenza: ai problemi sopraelencati si vanno ad aggiungere deficit specifici legati a determinate aree cognitive come, in particolar modo, la memoria, l’attenzione, il linguaggio, l’area prassica, con un conseguente rivoluzionamento della personalità dovuto sia a compromissione di aree specifiche, sia agli inevitabili effetti legati alla messa in crisi del proprio ruolo e della propria individualità.
Una volta effettuata una diagnosi specifica, che abbia come obiettivo sia la classificazione nosografia, sia la fase in cui si trova la malattia, sia il possibile decorso, risulta necessario attuare un progetto di presa in carico sia della persona che della famiglia in cui venga messa in gioco tutta la rete socio-assistenziale.

Nelle fasi iniziali della malattia, quando le capacità cognitive sono ancora preservate, è possibile pensare ad un percorso di riabilitazione, che abbia come obiettivo la conservazione di queste capacità per il maggior tempo possibile. Nelle fasi successive, a seconda del livello in cui ci si trova, è necessario pensare a strutture ed interventi specifici, come l’assistenza domiciliare, i centri diurni, le strutture residenziali, i ricoveri.
È evidentemente importante, in parallelo prendere in carico tutto il nucleo familiare, il quale svolge un ruolo primario nell’assistenza e nella cura sia da un punto di vista materiale che sociale e psicologico (care-givers). Non si può trascurare il fatto che una rete familiare solida possa risultare indispensabile per sostenere un momento della vita del paziente estremamente difficile e doloroso.
È dunque necessario fare una valutazione “clinica” delle dinamiche intra-familiari, sia passate sia presenti, attraverso osservazione diretta, test e colloqui, che prendano in considerazione tutte le variabili possibili, come ad esempio la presenza di altri familiari con problemi di salute, di bambini piccoli, le difficoltà economiche, i conflitti pre-esiistenti, la volontà di affrontare una situazione sicuramente impegnativa sia a livello di tempo che di coinvolgimento emotivo.

Questo discorso introduce il tema del sostegno psicologico alle famiglie o persone che si prendono cura dei malati affetti da demenze. Il fil rouge che attraversa la grossa tematica dell’anziano in generale, e del problema delle demenze in particolare, è il tema dell’etica. I familiari vanno assolutamente sostenuti e consigliati per ciò che riguarda le scelte più adeguate non solo per la persona direttamente coinvolta, ma anche per se stessi. Ciò non significa sollecitare al disinteresse e allo scarico di responsabilità, ma far prendere consapevolezza dei limiti oggettivi, rassicurando sulle decisioni prese.
Il senso di colpa, l’idea che non occuparsi fino allo stremo di un parente sia un grave peccato, porta spesso i familiari a scelte inadatte. Quello a cui vengono chiamati i familiari di pazienti con gravi disabilità, non è tanto e non solo la cura in senso stretto della malattia, di cui si possono fortunatamente occupare persone qualificate e competenti, ma la cura del legame.
Essere presenti affettivamente, riconoscere le qualità e le capacità di chi sta male, mettersi in gioco per affrontare personalmente il dolore e il fantasma del lutto e della perdita, dare fiducia a chi si prende cura dei propri cari, mettere in discussione il precedente assetto familiare preparandosi a costruirne uno nuovo., in definitiva esserci.

Si può in conclusione affermare che le demenze, le malattie neurologiche, oncologiche e le gravi disabilità in generale sono malattie familiari e non solo individuali, proprio perché coinvolgono tutte le persone che ruotano intorno al malato, in particolar modo proprio i familiari a cui è necessario dare un massiccio supporto psicologico che comprenda anche un accompagnamento sul piano pratico, assistenziale e sociale.


When one is sich…
Two need help.
Quando uno si ammala
Sono in due ad avere bisogno d’aiuto.
-RANDAL-

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