Comunicare e informare al tempo del covid: conseguenze psicologiche
In quest'anno abbiamo sicuramente arricchito il lessico e molti, purtroppo, hanno sperimentato cosa significa paura ma soprattutto cosa comporta convivere con l'ansia, l'angoscia, la rabbia, la tristezza; gestire il tempo e gli spazi in comune, fare i conti con lo stress, avere un sonno disturbato, mangiare compulsivamente.
Inoltre, non abbiamo più potuto abbracciare gli amici, abbiamo spesso guardato il prossimo come un probabile untore. Per non parlare del non potersi muovere liberamente in lungo e in largo per le vie delle città, dovendo giustificare o meglio autocertificare ogni spostamento o azione quotidiana. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle anche un'altra parola orribile: coprifuoco. Oltre a parole come lockdown, dispositivi di protezione individuale, distanziamento fisico, sociale e assembramento.
Siamo passati da una fase di incredulità e ottundimento ad una fase di “ce la faremo” e “andrà tutto bene” fatta di comunione di intenti, ad un'altra di stanchezza, di perché e di accuse.
Gli spot ripetuti come un mantra e mandati in onda su ogni canale televisivo o radio televisivo 24 ore al giorno, sette giorni su sette, i bollettini dei morti ogni sera puntuali, le immagini dei camion con le bare, talk show dove chiunque, esperto o no, diceva tutto e il contrario di tutto, post e ancora post della qualunque, fake news; in sostanza una vera e propria infodemia che ha contribuito ad aumentare il livello di fragilità psicologica in molte persone.
Per farla breve, alla nostra psiche non è mancato nulla. Un vero terremoto emotivo.
Tutto questo resterà per sempre nella memoria di ognuno e per molti non resterà solo un ricordo confinato in qualche “cassetto” della nostra memoria a lungo termine, ma diventerà (in alcuni casi è già diventato) la fonte di un disagio psicologico che sarà complicato debellare.
Oltre all'aumento dei disturbi emotivi, cognitivi e comportamentali, già citati, un dato molto preoccupante è quello dovuto all'incremento delle chiamate nei centri antiviolenza che presuppone un aumento delle violenze domestiche.
Quanto ha influito il comunicare e/o l’informare?
Molto, direi.
Si è, purtroppo, dato troppo spazio alla comunicazione a discapito dell'informazione.
Un soggetto che vuole informare seriamente e coscienziosamente ha lo scopo di agevolare il ricevente in modo tale che possa utilizzare le informazioni per orientarsi meglio nel mondo che lo circonda. Direi, cerca di condurlo a riflettere.
In questo caso le informazioni dovrebbero essere comprensibili, complete e soprattutto coerenti e oggettive. Lo scopo dell'informazione non deve essere quello di influire sui comportamenti e sulle attività del ricevente bensì agevolarlo nelle proprie considerazioni. Informare infatti significa “dare forma”. In altre parole, mettere ordine, facilitare, ridurre la complessità.
Nel comunicare, invece, il soggetto comunicante ha lo scopo di fare assumere un significato preciso a ciò che comunica, in modo che il destinatario della comunicazione modifichi i propri comportamenti. Più la comunicazione diventa pervasiva e aggressiva e più l'effetto desiderato da chi comunica ha successo.
Certo, direte voi, lo scopo era proprio quello di far cambiare alcuni comportamenti. E fin qui possiamo essere tutti d’accordo.
Ma le notizie sono sempre state coerenti, comprensibili, complete e oggettive?
Probabilmente no.
Spesso, al contrario, sono state ossessive, incomprensibili, incomplete e particolarmente incoerenti, generando nelle persone un senso di disorientamento alquanto marcato.
Se l’intento del comunicante era quello di ottenere un effetto incoraggiante, ha ottenuto in moltissimi l’effetto contrario, provocando nell’individuo comportamenti fobici e disadattivi.
Dovremmo chiederci: chi comunica si pone il problema della responsabilità di ciò che afferma e degli effetti delle proprie comunicazioni sulla psiche del prossimo? Di ciò che dice e come lo dice?
Gli effetti di una comunicazione incoerente e insistente potremmo immaginarla in questo modo: prendete, ad esempio, una scultura bellissima come la Pietà di Michelangelo e immaginate che un uno squilibrato inizia a buttarci sopra del cemento; se passa molto tempo e nessuno interviene, quel cemento inizia ad indurirsi e a ricoprire tutta la statua fino a farla diventare irriconoscibile e difficilmente pulibile. Se invece si interviene tempestivamente, lo squilibrato viene allontanato e il cemento, ancora fresco, può essere facilmente pulito con un po’ di acqua. È fondamentale, pertanto, proteggere la statua da probabili attacchi indesiderati per mantenerla lucida e perfetta, come l’autore l’ha creata, oppure intervenire subito.
Il dato fondamentale è che mentre la statua non può far niente per difendersi da sola, noi, invece, possiamo farlo in quanto essere pensanti, attivi e mobili.
Oggi questi effetti negativi cominciano a vedersi chiaramente in tutte le fasce d’età e soprattutto nelle persone più deboli.
Forse è arrivato il momento, anche se in ritardo, di pretendere da chi ha responsabilità informativa coerenza, chiarezza e trasparenza, perché ogni essere umano ha il diritto di vivere e difendere la propria vita fisica e psichica in piena consapevolezza.
La pandemia ha fatto moltissimi danni, ora abbiamo bisogno di ritornare ad uno stato di omeostasi, per proteggere noi stessi e le tante persone fragili che soffrono in silenzio e alimentano malesseri che in futuro potrebbero essere deleteri.
Come?
Ogni singolo soggetto deve fare la sua parte.
Ognuno ha il dovere di informarsi seriamente e di non “nutrirsi” passivamente di notizie in un rapporto top down.
Ha il dovere di non accettare più notizie spesso artefatte per negligenza, volontà, incompetenza o chissà per quale scopo del comunicatore.
Ha il dovere di verificare le informazioni.
Ha il diritto ad essere informato con scienza e coscienza.
Ha il diritto ad essere informato ma anche il dovere di non farsi sopraffare da dati, immagini e notizie non opportunamente dimostrate.
Ha il dovere di agire per cercare di togliere le "ragnatele" dell’ansia e della paura ad un'altra persona, per rassicurarla e proteggerla.
Solo così ogni persona potrà sviluppare il senso critico: un potente antidoto contro le difficoltà della vita e un ottimo ingrediente per vivere più sereni e consapevoli.
Essere coscienti di queste piccole azioni potrebbe significare mettere un punto su molte cose e salvaguardare la propria psiche e quella delle persone, a noi vicine, oramai prossime ad essere intrappolate in una rete di psicopatologie, che potrebbero minare l'esistenza propria e dei propri cari.
Solo così potremo far risplendere la migliore scultura possibile: la nostra vita.
Dott. Pasqualino Lupia
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